C'è voluta l'atleta Nicole Orlando nel cast di Ballando con le stelle perché si guardassero le persone affette da sindrome di Down in tv, senza tenere il telecomando a portata di mano, per cambiare canale in fretta, caso mai fossimo stati infastiditi o disturbati da ciò che non conosciamo. C'è voluta lei, con la sua risata fragorosa e il suo sfottere il valletto Gabriel Garko all'ultima edizione di Sanremo - «a mia mamma non piace», disse in diretta, con grande naturalezza - per farci capire che non abbiano nulla da temere, che possiamo farci conquistare da ironia, divertimento e un'affettuosità senza limiti che diventa contagiosa. Perché nel nostro Paese, la sensibilità non manca e cresce, va detto. Eppure c'è ancora chi crede che chi è affetto da sindrome Down non abbia abilità e competenze da sviluppare, ma vada bene solo a cucinare e tagliare l'erba. Come chi chiama in causa la bocciata - per fortuna - teoria dello psicanalista austriaco Bruno Bettelheim, che definiva 'frigorifero' le mamme dei bimbi autistici, quasi all'origine vi fosse una colpa di mancato amore. Ecco allora che in questo contesto, Mio fratello rincorre i dinosauri (Einaudi Stile libero), del giovane Giacomo Mazzariol, classe 1997, ha il potere di zittire chiunque non sappia accogliere la vita. Di aprire e chiudere il dibattito nello stesso tempo, dando valore a quella quotidianità, a quel buon senso, che elimina sul nascere ogni approccio retorico. La storia narrata è quella sua e di Giovanni, che ha un cromosoma in più. Giovanni, atteso quartogenito che avrebbe dovuto bilanciare il numero dei maschi e delle femmine in una famiglia normale di Castelfranco Veneto, madre casalinga, padre segretario di un asilo nido. Giovanni la cui diversità è difficile da spiegare ai fratelli, così i genitori lasciano fare al tempo, alle situazioni, senza anticipare nulla se non che l'amore è un sentimento gratuito, che non si sceglie chi amare, si ama e basta. Eppure, la condizione di 'fratello' è faticosa, c'è la vergogna, il rifiuto, la voglia di nascondere agli amici e compagni di classe questo eterno ragazzino che colleziona dinosauri, che crea imbarazzi, che fatica a parlare per la lingua grossa, che è sempre felice perché chissà a cosa pensa, che perdona anche gli sgarbi perché non li interpreta come tali. E che per questo spiazza, disarma. Giacomo Mazzariol svela tutto questo senza condannarsi e auto assolversi, senza chiedere patenti di bontà e di generosità. Senza edulcorare un percorso fatto di conflitti interiori, collera con se stesso, incapacità di accettare che nulla gli è stato sottratto. E' una testimonianza certamente abbellita la sua, perché il lettore immagina che molti di più di quelli esemplificati siano stati gli ostacoli affrontati dalla famiglia, tra momenti di cedimento, scoramento, paura per il futuro. Ma su questo Giacomo non ha insistito, evitando così ogni forma di inutile e non richiesto pietismo. Poco meno di 200 pagine che suonano come una dichiarazione d'amore. Dove protagonista è Giovanni, visto attraverso gli occhi di Giacomo, che all'accettazione bigotta o politicamente corretta della diversità preferisce la gratitudine autentica, dove non c'è 'concessione' etica. C'è un percorso di comprensione - non compassione - e basta. Un libro di cui c'era bisogno.
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