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 Minestra, minestrone, minestrina

Minestra, minestrone, minestrina

Spigolando -

Ortensi Paola Sabato, 27/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015

Minestra, parola incredibilmente ricca di significati che, considerata la molteplicità dei modi di dire che la riguardano, a ben riflettere meriterebbe una ricerca e riflessione lunga e approfondita. “È sempre la stessa minestra” si usa dire per intendere che mai nulla cambia; un concetto su cui ci sarebbe non poco da discutere. Di minestre, infatti, che nel tempo passato tra l’altro indicavano ogni genere di primo, fosse asciutto o in brodo, se ne possono indicare una tale quantità da lasciare esterrefatti e da percorrere praticamente ogni verdura o legume o cereale che la terra aiuta a crescere. La minestra, definita dall’Artusi la biada dell’uomo, segue dalla notte dei tempi il mettere in cottura nella pentola ciò che ogni stagione offre nella sua diversità e anche ciò che la casa possedeva. Si intendeva ad esempio quello che veniva conservato nella dispensa, o che magari era avanzato dai pranzi precedenti: i famosi resti, per intenderci. Pensiamo ai legumi, per esempio, fatti seccare al sole: oggi li comperiamo inscatolati o conservati da grandi ditte; pensiamo al pane secco ammorbidito da brodo, tanto per dare l’idea. Se, come sottolineato, la minestra rappresenta il primo in assoluto, con la parola minestrone nel gergo comune si precisa il piatto. Si intende dunque, per i più, quel profumato miscuglio di verdure, pazientemente tagliate a pezzettini, in molti casi aggiunte al soffritto di cipolle, carote e odori (ma non necessariamente) e irrorate d’acqua. Calde e profumate dopo lunga cottura per amalgamarsi al meglio - o invece rapida per mantenere distinti i loro sapori - in particolare d’inverno aspettano i commensali nelle scodelle fumanti. Ma anche sul minestrone la traduzione riportata al parlare nell’uso comune non riserva un significato altrettanto gradevole.



Accusare qualcuno di avere fatto un minestrone - parlando, scrivendo o agendo - rappresenta la critica di avere prodotto un mescolamento, potremmo dire senza identità e tanto disordinato da non essere affatto interessante. Un altro modo di dire, “o mangi questa minestra o salti la finestra”, conferma ancora come per lungo tempo la minestra fosse il piatto principe e spesso unico nella mensa della maggioranza delle famiglie. Il detto infatti indica nella minestra la via obbligata alla cui rinuncia segue un risultato niente affatto esaltante: se parliamo di cibo significa digiuno, se ci riferiamo a comportamenti non lascia scampo che a fughe senza sbocco. Per gli appassionati della grammatica vale la pena di notare che il diminutivo di minestra, ovvero minestrina, sembra deviare non poco dall’idea di minestrone e un po’ anche da quello di minestra. Anzi possiamo notare che, quasi a conferma di una personalità originale, il sinonimo di minestrina potrebbe essere quello di minestra in brodo. Ovvero brodo vegetale o di carne con pastina (stelline, puntine, pasta grattata, cannolicchi etc) il tutto dedicato, in particolare per cena, a chi ama il brodo e/o una cosa calda o non sta troppo bene e cerca cibo leggero e nutriente. Dispiace interrompersi su di un cibo che si apre a tante riflessioni e che non è affatto “sempre la stessa minestra riscaldata”. La ricerca, sia alimentare che dei significati sociologici, potrete comunque continuarla autonomamente e intanto nella stagione fredda suggerisco una ricetta.





RICETTE

Minestra di lenticchie (o di cioccolata per i bimbi). Una carota , una piccola cipolla, una costa di sedano. Fare un soffritto a cui aggiungere un cucchiaino di concentrato di pomodoro. Aggiungere le lenticchie e una volta cotte passarne una metà e poi pastina a forma di ditalini non troppo fitta.

Minestrone più leggero. Suggerisco un esperimento per rendere il minestrone più leggero: sostituire la patata con una mela a pezzetti.

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