Sabato, 07/08/2021 - Se volete fuggire dalla calura estiva milanese, potete visitare al fresco di Palazzo Reale quattro mostre da non perdere, dedicate all’universo artistico femminile. Un viaggio ideale dalla pittura del ‘500 e ‘600 fino alla fotografia contemporanea passando attraverso le donne nell’arte russa. Ogni mostra ha una sua magnetica attrattiva e invoglia a esplorare nuovi sentieri artistici attraverso lo spazio e il tempo.
LE SIGNORE DELL’ARTE. Storie di donne tra ‘500 e ‘600 (fino al 22.08.2021) Artemisia Gentileschi in questa mostra è in splendida compagnia. Sono 34 le pittrici alle quali la mostra rende giustizia. Tutte consapevoli del loro talento e decise a non arrendersi peressere “solo” mogli, madri, sorelle o figlie. Tutte hanno combattuto contro i pregiudizi e il confinamento nel ruolo imposto dall’epoca e hanno scelto coraggiosamente di coltivare il loro talento. Nella mostra troviamo il percorso artistico di pittricigeniali tra cui Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Giovanna Garzon, Elisabetta Sirani…Proprio nel quadro della Sirani Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno (1659), viene mostrata l’audacia, il coraggio e la ribellione al mondo maschile. Esposta per la prima volta in Italia la Maria Maddalena, di Artemisia Gentileschi (1630-1631), nota anche come la Maddalena Sursock poiché esposta nella collezione Sursock di Beirut (i Sursock erano una delle famiglie più aristocratiche del Libano). Il quadro è stato danneggiato dall’esplosione avvenuta il 4 agosto del 2020 nella capitale del Libano e reca evidenti segni e fori dell’esplosione. Inquietante vedere la perfezione antica del quadro e la violenza contemporanea sulla tela strappata. La mostra valorizza le capacità artistiche di donne straordinarie che hanno saputo far emergere il loro talento da “intruse” nel mondo della pittura riservato agli uomini.
DIVINE E AVANGUARDIE. Le donne nell’arte russa (fino al 19.09.2021) La mostra offre un percorso inedito del ruolo delle donne in questo Paese. Osserviamo il contributo femminile nella Storia dell’Arte, nella società per l’emancipazione e per il riconoscimento dei diritti. Con le loro opere, molte delle quali mai esposte in Italia, tramite mezzi espressivi e tecniche differenti rappresentano l’evoluzione culturale e sociale del loro paese. La mostra propone un viaggio artistico che si sviluppa da un lato, con la donna e il suo ruolo nella società (sante e madonne, imperatrici, contadine e operaie, intellettuali, madri) ritratte dai grandi maestri: Il’jaRepin, Boris Kustodiev e Filipp Maljavin, il suprematista Kazimir Malevich e i maestri degli anni Dieci e Venti del Novecento, Aleksandr Dejneka, KuzmaPetrov-Vodkin, autore del ritratto della poetessa Anna Achmatova, solo per citarne alcuni. Dall’altro le donne artiste, “le amazzoni dell’avanguardia russa”, donne protagoniste di un’atmosfera culturale, storica e sociale straordinaria, attive nei primi trent’anni del Novecento quando crearono capolavori originali e innovativi: Natalia Goncharova, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster e ancora artiste del realismo socialista come la scultrice Vera Mukhina con il suo modello in bronzo del complesso scultoreo “L’operaio e la kolchoziana” per il padiglione URSS all’Expo di Parigi del 1937.
PRIMA, DONNA. Margaret Bourke-White (1904-1971) (fino al 29.08.2021) Una fotografa degli Anni Venti del secolo scorso, con il primato della modernità. La sua attenzione era sempre catturata dal mondo contemporaneo, con uno stile anticonvenzionale ma diretto e sintetico perfettamente in linea con la rivista Life che ha pubblicato i suoi reportage in giro per il mondo. Questa fotografa ha saputo incantarsi di fronte alle acciaierie con le sue inquadrature geometriche aprendo nuove prospettive alla fotografia. Quando la grande Depressione cominciò a devastare il paese, il suo sguardo attento non poteva ignorare le conseguenze sociali e nel 1937 pubblicò You have seen their faces, pietra miliare nel campo dell’editoria d’inchiesta. Sarà corrispondente di guerra in Inghilterra, in Nord Africa e poi con l’esercito in Italia e in Germania. Nella primavera del 1945 segue le truppe alleate nell’apertura dei campi di concentramento documentando l’orrore. Finita la guerra Margaret decide di partire e fotografare l’India nel passaggio dall’impero britannico alla libertà e alla divisione in due nazioni, documentando gli ultimi due anni di vita di Gandhi. Egli viveva in una colonia di intoccabili, attratta dalla sua spiritualità e dal suo credo, capì che nel caso di Gandhi l’arcolaio era pieno di significati e per milioni di indiani era il simbolo della lotta per la libertà. Se milioni di indiani avessero deciso di fare i tessuti da sé invece di acquistarli già pronti dal potere coloniale inglese, il boicottaggio avrebbe avuto dure ripercussioni sull’industria tessile britannica. Il credo di Gandhi era basato sulla non violenza e l’arcolaio era l’arma perfetta. La foto di Gandhi all’arcolaio del 1946 è conosciuta in tutto il mondo. Dopo l’India è il Sudafrica che cattura la sua attenzione. Nel 1950 vuole conoscere l’apartheid attraverso le compagnie minerarie di oro e diamanti, scendendo nelle miniere più profonde. Immortalerà nel periodo più buio dell’apartheid in Sudafrica la coppia più scandalosa dell’epoca, il re Seretse Khama e l’inglese Ruth Williams, marito e moglie contro tutto e tutti. Solo nel 1966 Seretse diventerà il primo presidente del nuovo stato il Botswana. Il film del 2016 A United Kingdom - L'amore che ha cambiato la storia, ci ha fatto scoprire la loro controversa storia d'amore. Margaret era riuscita a trasformare la sua macchina fotografica in un’arma contro il razzismo. Lei sosteneva: “Per un fotografo ascoltare belle storie non basta, deve mettere a fuoco qualcosa e deve farlo al momento giusto”. Per questo le sue foto sono intense come la sua vita.
SCOLPITE una riflessione fotografica sulla statuaria femminile (05.09.2021) Si tratta di una mostra collettiva dell’Associazione Donne Fotografe, legata al tema della visibilità delle donne. Le statue sono monumenti commemorativi che rendono omaggio a persone sottolineandone le virtù, i ruoli, i gesti. Quanto e in quale modo le donne sono state ricordate nell’iconografia statuaria delle nostre città? Molto presenti nelle statue nei cimiteri spesso come donne che piangono i loro cari quindi un ruolo subalterno. Le statue invece rappresentano le donne secondo le categorie tipiche della cultura maschile: sante, vittime e madonne oppure corpi seduttivi e nudi. Le 35 fotografe presenti nella mostra hanno lavorato con il comune scopo di ridare significato e presenza alle donne, guardandole non solo in quanto corpi ma in una dimensione più piena di pensiero e azione e dedicando le loro immagini a quelle donne non ancora sufficientemente rappresentate. Le opere ci regalano una profonda e preziosa riflessione sulla rappresentazione delle donne negli spazi pubblici delle nostre città. Solo proponendo nuovi simboli offriremo alle nuove generazioni nuovi modelli da cui ispirarsi per inseguire i loro sogni e sconfiggere pregiudizi e stereotipi. Si tratta di un cambio di prospettiva che arricchisce tutti.
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