Lunedi, 07/07/2014 - Con “Resto umano. Storia vera di un uomo che non si è mai sentito donna” (Chinaski Edizioni, Giugno 2014) Anna Paola Lacatena (l'autrice, che è Dirigente presso il Dipartimento Dipendenze Patologiche della ASL di Taranto) ha dato voce ad una particolare storia di vita, il cui protagonista è Miki, un uomo intrappolato in un corpo di donna.
Il racconto parte dall’infanzia di Michela, caratterizzata dalla difficoltà di riconoscersi nel genere che la nascita le ha attribuito e da vicende familiari dolorose; fino ad arrivare all’età adulta. Il protagonista cercherà di trovare una via di fuga dapprima abbandonandosi alla criminalità e alla droga, che lo porta a contrarre l’ AIDS, e successivamente intraprendendo un percorso di cambiamento che lo condurrà a diventare Miki e a ritrovare il rispetto per gli altri e per se stesso.
Nell’appendice del libro, per il lettore più curioso, vi sono una serie di riferimenti tecnici e informazioni più approfondite sulle tematiche trattate nei diversi capitoli.
Di grande rilievo sono alcuni personaggi che hanno segnato la vita di Miki e che hanno contribuito alla costruzione di un nuovo progetto di vita: la madre, una suora, la direttrice di un carcere, la sua compagna. Tutte donne che attraverso le diverse sfaccettature dell’ amore, si sono prese cura del bene presente in Miki, come in ogni altro essere umano. E' impossibile, infatti, dividere il mondo in “buoni” e “cattivi”, poiché male e bene sono presenti in ogni persona e la scelta dell' uno o dell' altro, seppur in situazioni dolorose, discende dalla libertà di ciascuno di noi.
Nella narrazione si avvicendano temi forti, alcuni dei quali ritenuti ancora dei tabù dalla nostra società, supportati da un linguaggio senza troppi filtri e in alcuni casi anche di denuncia.
Lo scopo principale di questo libro è quello di fare conoscere la storia di un “sopravvissuto” all’ AIDS che, senza ergersi ad eroe, oggi offre la sua testimonianza per evitare che altri possano commettere i suoi stessi errori: “Se è tardi per me, vorrei non lo fosse per tanti ragazzi. Vorrei che non scegliessero la strada della provocazione, della violenza contro gli altri e contro se stessi”.
*Simona Muraglia, studentessa in Programmazione e Gestione dei Servizi e delle Politiche Sociali
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