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Migranti per necessità

Migranti per necessità

Felicità. parliamone/3 - .... alla ricerca della felicità

Martedi, 28/06/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2016

Uguali, perché con gli stessi sorrisi, gli stessi occhi pieni di ironia e gioia, la stessa frenesia di dover fare tante, troppe cose, nella stessa giornata. Diverse perché una guerra, la povertà e la voglia di migliorare le hanno spinte a lasciare i luoghi dove sono nate, gli affetti, le abitudini per trovare letteralmente un mondo migliore. Per sé, e molto più spesso per i propri figli, per il loro futuro. Le migranti, la maggior parte di loro, ha intrapreso un viaggio sotto l’impulso di una necessità, spesso economica e di sopravvivenza; ma se abbiamo la perspicacia di spingere il nostro sguardo oltre la superficie vedremo delle esploratrici, delle avanguardie con un’idea ben precisa di felicità. Forse un po’ diversa da quella di chi non ha mai lasciato il proprio nido però.

➢ Angelica, più di venti anni in Italia, ancora lavora come colf malgrado la sua laurea in biologia,“ma non importa”, perché ha costruito una casa per sé e il suo compagno in Romania, ha fatto studiare i figli e ha comprato una casa anche per loro. “È stata una scelta obbligata e dolorosissima per me e mio marito lasciare i miei figli con mia madre e venire a lavorare qui in Italia. Ma noi avevamo un progetto, che in grande parte si è compiuto. È stato un sacrificio degli affetti in cambio di una sicurezza economica e della possibilità di dare loro delle occasioni. Oggi posso dire di essere contenta ma non tornerà il tempo dei giochi e delle carezze e spero di poterli recuperare con i miei nipoti”.

➢ Patricia è una rifugiata politica arrivata in Italia dalla Costa d’Avorio; avere appreso a cucire a macchina e aver trovato un lavoro presso una cooperativa rappresenta per lei, in questo momento, la felicità. “Il mio stipendio a fine mese, anche se modesto, la stanza che riesco a pagarmi, poter andare al supermercato e scegliere il cibo che mangerò, una crema per il viso, un paio di jeans nuovi sono davvero quello che più desideravo quando sono arrivata qui. E adesso sono a questo punto del percorso. So che non è finita, che la vita non è solo questo ma questa stabilità mi da’ la forza di progettare il futuro”.

➢ “Ho lasciato l’Ucraina a 19 anni - racconta Gabriela -. La povertà, non solo economica ma anche culturale ed affettiva, mi hanno spinto ad andare via. Non avevo nulla da perdere è vero, ma è stato difficile. Ora ho un bambino, un compagno, una piccola casa, anche qualche lavoretto; sono contenta. Sto imparando a cucinare, a fare le torte con la pasta di zucchero. Spero di poterne fare un lavoro stabile e redditizio in futuro”.

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