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Migranti: parallelo ad est

Migranti: parallelo ad est

Russia - Un confronto tra la comunità russa e le altre comunità dell’est europeo a partire dai dati di genere

Cristina Carpinelli Martedi, 21/07/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2009

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, con la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica, si è assistito allo spostamento massiccio di popolazioni dei paesi ex comunisti, le cui economie erano letteralmente devastate. Tale spostamento emerge dall’andamento molto differenziato del peso percentuale dei soggiorni in Italia, con un aumento notevole in questi ultimi anni di quelli delle comunità dell’est europeo.

Dal 1991 in poi i russi arrivati in Italia sono andati prevalentemente alla ricerca di un lavoro redditizio e di migliori condizioni di vita. Al 31/12/2000 risultavano presenti in Italia (Tab. 1):



 
















Nazionalità russa Cittadini

stranieri

maschi
Cittadini

stranieri

femmine
Cittadini

stranieri

totale
  2.797 (27,35%) 7.426 (72,64%) 10.223 (100%)





 

 







Dati Istat 2000



Dalla lettura di questi dati si può subito rilevare la sovra rappresentazione del genere femminile. Molte donne russe sono venute in Italia dopo aver contratto un matrimonio con un uomo italiano. Altre, prevalentemente fra i 40 e i 50 anni, hanno trovato facilmente un impiego nel lavoro di cura. Infine, un certo numero di donne giovani è stato reclutato dalla mafia della prostituzione.

Di solito, uomini e donne arrivano in Italia senza una famiglia costituita e tendono a creare o ricreare nel nostro paese il proprio tetto coniugale. Questo sottolinea la tendenza, che peraltro caratterizza anche altre etnie, sempre più marcata in Italia, della progressiva stanzializzazione degli immigrati. Va ovviamente precisato che tali dati sono fortemente sottostimati, essendo l’Italia un paese a forte attrazione d’immigrazione clandestina o irregolare.

A distanza di 6 anni, i dati della tabella sopra riportata - riferiti alla nazionalità russa - hanno subito delle sostanziali modifiche, dovute soprattutto al forte incremento di cittadini stranieri femmine. Dati Istat 1 gennaio 2007 (Tab. 2):





























Nazionalità Cittadini

stranieri

maschi
Cittadini

stranieri

femmine
Cittadini

stranieri

totale
russa 2000 2.797 7.426 10.223
russa 2007 3.548 17.361 20.909
differenze + 661 (+ 6,18%) + 9.935 (+ 92,97%) 10.686

 

















  

Dati Istat 2007



Delle tre comunità esaminate (russa, moldava e ucraina), quella russa risulta essere la minore, con poche migliaia d’individui e flussi migratori che sono determinati prevalentemente da motivi di studio e di ricongiungimento familiare. Le altre due comunità si caratterizzano, invece, per flussi migratori ancora molto consistenti, composti per la maggior parte da individui che emigrano per ragioni di lavoro (Tab. 3):































Nazionalità Cittadini

stranieri

maschi
Cittadini

stranieri

femmine
Cittadini

stranieri

totale
russa 3.548 (16,53%) 17.361 (83, 03%) 20.909 (100%)
moldava 16.100 (32,00%) 34.208 (67,99%) 50.308 (100%)
ucraina 19.887 (16,77%) 98.637 (83,22%) 118.524 (100%)



 

 

 

 















Dati Istat 2007



La distribuzione dei dati secondo il genere vede una netta prevalenza delle donne per tutte e tre le comunità; la comunità moldava è composta per il 68% da donne, mentre la russa e l’ucraina addirittura per l’83%.



La condizione professionale dei migranti dell’Est Europa consiste essenzialmente nel lavoro dipendente. Solo la comunità russa presenta un gap minore (anche se ancora molto elevato) fra lavoratori dipendenti ed autonomi, a dimostrazione di una maggiore integrazione di tale comunità nel tessuto socio-economico italiano. La situazione degli immigrati russi appare significativamente differente da quella degli altri immigrati. Di fronte ad una media nazionale dell’82,5% di lavoro straniero dipendente, i dati mostrano un valore relativo ai lavoratori dipendenti russi sostanzialmente in linea con quella media, laddove invece i valori di Moldova e Ucraina, attestandosi rispettivamente sul 93,5% e sul 96,5%, fotografano una realtà d’integrazione ancora non perfettamente compiuta. Situazione che emerge anche dal dato sul lavoro autonomo dove, in relazione ad una media nazionale del 7%, i russi presentano un valore del 15% (superando il dato medio nazionale), i moldavi del 4,9% e gli ucraini solo del 2%. I livelli di disoccupazione sono, invece, per tutte e tre le nazionalità leggermente inferiori al dato nazionale (2,6%); il valore russo è quello più alto, e ciò indica che i russi si adattano meno a lavori di scarsa specializzazione e di bassa professionalità.



Il dato disaggregato secondo il genere conferma lo stesso trend, anche se analizzando i dati delle donne delle tre comunità, si può notare che le differenze fra russe da una parte e moldave e ucraine dall’altra sono meno marcate. Nonostante, infatti, la percentuale di lavoratrici russe dipendenti sia inferiore a quella delle altre due nazionalità e, al contrario, quella delle lavoratrici autonome russe sia superiore, il distacco non è poi così forte. Le dipendenti moldave e ucraine sono rispettivamente il 95,9% e il 97,3% - dato molto alto rispetto alla media nazionale (82,5%) - mentre le russe, pur collocandosi anch’esse sopra la media nazionale, si attestano sull’86,8%. La percentuale di lavoratrici autonome russe è dell’11%, superiore al dato medio nazionale (7%). Molto basse sono le percentuali delle lavoratrici autonome moldave e ucraine, rispettivamente 2,6% e 1,4%.



I dati secondo la composizione d’età delle comunità considerate presentano questi andamenti: la maggiore presenza di giovani russi e moldavi indica per quanto riguarda i primi una condizione lavorativa ed economica relativamente stabile ed un alto numero di giovani venuti in Italia per motivi di studio, mentre per i secondi la forte domanda di migranti in età di lavoro per i settori industriale ed edile. Il fatto che per gli ucraini, la modalità con la maggiore frequenza sia quella relativa a fasce di età medio-alte, sta a significare, invece, la loro prevalente destinazione all’impiego in lavori di cura e/o di servizio.

Nella distribuzione dei dati, la comunità russa presenta il valore percentuale più alto, con un 19,4% - rispetto alle altre comunità considerate - per la classe d’età dell’infanzia e dell’adolescenza (<=17 anni). I russi sembrano, inoltre, essere la comunità con il maggior numero di giovani, essendo tendenzialmente la valenza delle classi di età <=34 anni di qualche punto più alta di quella delle corrispettive classi d’età delle altre comunità (fa eccezione la classe d’età 18-24 anni). Anche nella classe di età =>60 anni sono i russi a prevalere. Ciò è da attribuirsi all’alto numero di ricongiungimenti familiari. Il valore massimo nella distribuzione, per quanto riguarda la comunità russa, è quello della classe d’età 30-34 anni (24,3%), a fronte di un dato nazionale del 17,6%. Questo fatto si spiega con l’alto numero di permessi di soggiorno richiesti dai russi anche per motivi di studio. Per le classi successive (eccezion fatta per l’ultima classe d’età) si riscontra una tendenza decrescente dei valori riferiti sempre alla comunità russa.



Dall’andamento delle classi d’età secondo il “genere femminile” (di cui, purtroppo, non è possibile costruire il grafico per assenza di valori completi), il dato che balza subito agli occhi è il basso valore della classe d’età <=17 anni per le donne russe. Il valore massimo della distribuzione della comunità russa è riscontrabile nella classe d’età 30-34 anni. Anche il dato della classe d’età =>60 anni non rispetta l’andamento normale e cresce rispetto alla classe precedente, immediatamente attigua, indicando l’alto numero dei ricongiungimenti familiari russi. Per quanto riguarda la comunità moldava, la modalità più alta della variabile età è quella della classe 30-34 anni; tuttavia, essa non rispetta un andamento gaussiano in quanto la classe d’età 45-49 anni risulta essere maggiore delle due classi precedenti. Da evidenziare il valore della classe di età =>60 anni, praticamente quasi vicino allo 0, indice questo dell’assenza di famiglie moldave ad insediamento stabile. L’andamento per quanto riguarda, infine, la comunità ucraina è invece più simile ad una gaussiana, anche se i valori massimi sono quelli relativi ad età maggiori della media nazionale, indice questo della vocazione professionale delle donne ucraine a lavori di cura.



Conclusioni:

Per la comunità russa, il lavoro non costituisce lo stimolo principale per lasciare il proprio paese (35%), motivazione che risiede prevalentemente nel desiderio di ricongiungimento familiare (55%). Sono cifre che vanno interpretate come l’interruzione di un precedente, per quanto esiguo, flusso d’immigrazione in Italia e che comunque implicano l’esistenza di una piccola comunità russa stanziale nel nostro paese in fase di ricomposizione dei propri legami familiari. Quello che possiamo, dunque, affermare in base all’analisi dei dati ISTAT e BrainNet-working sopra riportati, è che i flussi migratori dall’Europa orientale sono molto differenziati. Nella fattispecie, la Russia sembra non essere più all’origine di un forte flusso migratorio, e la comunità già presente in Italia mostra un alto livello d’integrazione, con buoni livelli d’imprenditorialità, istruzione alquanto elevata e un buon tasso di natalità. La comunità ucraina è, invece, prevalentemente composta da donne mature impiegate nei lavori di cura. Quella moldava è giovane (se non quanto quella russa), più equilibrata dal punto di vista della rappresentazione dei due generi, ha un basso tasso di natalità e di ricongiungimenti familiari, dimostrando un’integrazione ancora molto debole, dove poche sono le persone che si sono stabilite definitivamente in Italia con un lavoro regolare e nuclei familiari completi. Per quanto riguarda, infine, i matrimoni misti, in tutte e tre le comunità dell’Europa dell’Est si registra una predominanza della componente femminile straniera all’interno della coppia mista. Nella comunità russa sono le donne russe che sposano cittadini italiani (100%).



N.B. Le comunità romene e bulgare non sono state comprese, poiché appartenendo all’UE hanno flussi e regimi migratori non comparabili.

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