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Migranti e salute, il ruolo delle donne nell'integrazione

Migranti e salute, il ruolo delle donne nell'integrazione

Emila Romagna -

Mori Roberta Lunedi, 05/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014

 Di recente l’assessorato alla Sanità della Regione Emilia-Romagna ha organizzato un seminario interessante, che desidero valorizzare perché incentrato su due temi di cui si parla troppo poco: integrazione straniera e prevenzione sanitaria. “Migranti e salute: le risorse della comunità” è il titolo scelto per presentare due sperimentazioni di successo volte alla prevenzione degli incidenti domestici, che hanno messo in evidenza quanto e come l’utilizzo di strategie trasversali nella progettazione degli interventi socio-sanitari e l’attivazione delle stesse comunità migranti siano fondamentali fattori di efficacia. Vi ho partecipato con l’ottica “di genere” che sottende alle politiche più avanzate della Regione, dal momento che il ruolo della donna risulta sul campo determinante, per ogni tipo di integrazione si voglia promuovere e per ogni tipo di prevenzione si debba perseguire. L’associazionismo femminile migrante in Emilia-Romagna rappresenta infatti una vera e propria risorsa in senso interculturale, con le sue sessanta organizzazioni tra volontariato, promozione sociale e cooperative, che coinvolgono più di 4.500 donne, per oltre due terzi straniere. Ed è anche a sostegno di queste realtà e del ruolo che giocano nel nostro sistema di welfare, che interviene la nostra proposta di legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere.

Se occuparsi delle politiche di prevenzione ha di per sé un valore assoluto, affrontare il tema della prevenzione degli incidenti domestici restituisce lo spaccato veritiero di un fenomeno sottovalutato, ma che incide sul sistema sanitario pubblico in modo significativo (600mila incidenti domestici ogni anno rispetto a 130mila incidenti sul lavoro e 22mila incidenti stradali). In questo quadro i migranti e le migranti sono più a rischio, a causa di oggettivi svantaggi socio-economici e culturali che solo l’azione congiunta di istituzioni e rete sociale integrata può rimuovere, in forza del principio di uguaglianza nel diritto alla salute e al benessere. L’approvazione in aprile del Programma triennale 2014-2016 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri ha riaffermato un dato di fatto e un impegno: il dato di fatto è che con 547.552 cittadine e cittadini non italiani di cui il 20% europei siamo già una comunità multiculturale, l’impegno è quello di adottare politiche e pratiche sempre più efficaci poter diventare davvero una comunità dove l’interazione, lo scambio e la condivisione dello stesso sistema di diritti siano cifra e qualità della convivenza civile.



(Redazionale)

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