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MERCEDES BRESSO / coalizione centro-sinistra

MERCEDES BRESSO / coalizione centro-sinistra

Candidata 2010 - Presidente della Regione Piemonte -

Venerdi, 12/02/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2010

Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte e candidata 2010, è esperta di economia dell’ambiente. Ha insegnato in Italia e all’estero. Tra i suoi impegni politici e istituzionali, fa parte dell'Ufficio di Presidenza del Comitato delle Regioni dell'Unione Europea, coordina la Commissione Affari Internazionali e Comunitari della Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province Autonome ed è presidente dell'Associazione Italiana del Consiglio dei Comuni e Regioni d'Europa - AICCRE. Iscritta ai Democratici di Sinistra e componente della Direzione nazionale, ha aderito al Partito Democratico.



Quali sono secondo lei i vantaggi del passaggio del Corridoio 5 della TAV entro i confini del nostro Paese?

Rinunciare al corridoio 5 significava buttare via anche il corridoio 24, ed entrambi rappresentano un nodo fondamentale senza il quale l’Italia sarebbe tagliata fuori dall’Europa.

Si tratta di una decisione europea, italiana, piemontese e rhône-alpina che vede favorevole la maggior parte degli attori e degli abitanti della valle. Il corridoio 5 rappresenta il collegamento fondamentale per le più importanti piattaforme logistiche del Sud Europa.

A sud delle Alpi, non c’era alcuna alternativa possibile. Una volta che le infrastrutture lo consentiranno, si potrà dire che il trasporto su gomma è consentito solo sui percorsi brevi, ad esempio permettendo solo ai camion piccoli di utilizzare le autostrade.

Da sempre la Valle di Susa è la porta del Piemonte e del Sud Europa, prima che corridoio infrastrutturale. Per questo abbiamo tenuto ben presente tutte le cautele necessarie e il progetto è stato messo a punto in modo tale che la valle vedrà i lavori, ma quando sarà finito ci saranno giusto due o tre uscite a vantaggio del territorio e per segnalare le località di interesse turistico, culturale e paesaggistico.



Cosa risponde ai cittadini che non vogliono che sia costruita l'opera?

I movimenti hanno capito benissimo costi/benefici, e chi ha cominciato a trattare sta scoprendo molti vantaggi, a partire dalla riqualificazione dei villaggi abbandonati, dal turismo e dalla rilocalizzazione di attività.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale sono e saranno tenute in considerazione tutte le tecnologie e le innovazioni disponibili a garanzia della cittadinanza e del territorio.

Tra le mitigazioni previste c’è l’interramento della ferrovia storica nei punti dove è stata più devastante con i relativi vantaggi delle linee metropolitane cadenzate.

Fare del treno un simbolo negativo è un atteggiamento assurdo che non esiste in nessuna altra parte del mondo e contraddice quanto si è sempre lamentato rispetto al trasporto su gomma. Non dimentichiamo i morti da incidenti provocati dai tir, con costi umani, non solo ambientali, enormi. È chiaro che qualche impatto c’è, ma si tratta essenzialmente di un impatto da cantiere gestito con attenzione e che porta con sé attività importanti, come la riqualificazione di tutte le frazioni abbandonate, dove abiteranno operai e lavoratori per i dieci anni del cantiere e poi resteranno ai comuni a uso turistico o abitativo.



Torino e il Piemonte sono un punto di riferimento importante dal punto di vista politico e delle buone prassi per le donne (attività delle Consigliere di parità, Melting Box, Melting Lab, ecc.): in che modo si è sentita sostenuta a livello territoriale, in particolare dalle donne?

Mi sono sentita molto sostenuta dalle donne, e non solo. In Piemonte c’è una classe dirigente femminile importante quantitativamente e qualitativamente. In questo momento oltre alla Presidente della Regione ci sono la Presidente di Confindustria Piemonte, la Presidente dei giovani industriali, la Presidente dell’Ascom; la maggioranza delle sovrintendenze artistiche e culturali è composta da donne, la direttrice del Museo Egizio è una donna. La presenza femminile importante in posizioni chiave è entrata nel costume del nostro territorio.

Io ho sempre voluto e ottenuto dai miei alleati che ci fossero donne nel premio di maggioranza e nelle giunte; questo ha creato una classe dirigente femminile e una percezione diffusa del nostro impegno con le donne e per le donne.

Il tema è come far crescere una classe dirigente femminile, che è un po’ anche il tema delle candidature. Vedo positivamente l’apertura data dalla Corte Costituzionale verso la possibilità di allargare a due preferenze, una maschile e una femminile: il fatto di dover indicare due sessi diversi secondo me istituzionalizza e apre gli spazi alle donne, senza obbligare qualcuno a votare solo un uomo o solo una donna. Chi vuole applicare il principio di pari opportunità vota un uomo e una donna, senza discriminare nessuno.



Il PD sta attraversando una fase delicata e talvolta sembra non avere idee e progetti ben definiti. C’è un difetto di comunicazione oppure c'è un problema di linea politica?

Sicuramente c’è un problema della comunicazione in Italia, cioè il controllo dei media, soprattutto della televisione, da parte del centrodestra checché se ne dica. Noi siamo in qualche modo costretti dentro questo meccanismo comunicativo, nel quale il gioco viene gestito da altri, con una tendenza a cercare di dipingere la sinistra diversamente da come è.

Io credo che non si possa impedire che in un partito o in una coalizione ci siano voci divergenti. Il problema è che se la comunicazione non fa che valorizzare le divergenze questo dà un’impressione falsata della realtà e facilita la tendenza di tutti al personalismo.

Inoltre il meccanismo della rappresentanza politica è saltato, cioè viviamo in un sistema dove quasi tutti i partiti non hanno un riferimento ideologico, ideale, programmatico, ma un riferimento personale.

Quindi c’è un problema strutturale del Paese, in cui il PD (ma non solo) cerca di essere un partito nel senso classico del termine, nel nostro caso un partito riformista, che racchiude istanze social-democratiche e democratiche della sinistra progressista europea e mondiale.

C’è bisogno di un corpo di idee coerente, anziché dire solo quello che la gente vuol sentire.

Noi cerchiamo di difendere principi, valori che fanno parte della nostra cultura collettiva a livello italiano ed europeo. Nel meccanismo mediatico che si è creato questo atteggiamento spesso è svantaggioso, ma se consideriamo il panorama politico ci accorgiamo che anche a destra le posizioni, anche sui temi eticamente sensibili, fra Berlusconi, Fini, Bossi non c’è niente in comune. Quando questo accade nel PD si pone il problema della compatibilità ideologica e programmatica e un problema di permanenza nel partito, pensiamo a certe opinioni di Binetti.



Lei avrebbe una “ricetta” per risolvere i problemi del PD?

…una ricetta io ce l’ho? Sì.

Cominciamo a essere più chiari sul piano programmatico. Se perderemo qualcuno, pazienza, io credo che oggi i confini del PD si siano meglio delimitati e che, tutto sommato, il fatto che qualcuno se ne sia andato e qualcun altro se ne andrà rende più chiaro il nostro posizionamento riformista europeo e mondiale. Non siamo più un partito “solo” socialista e questo credo che sia giusto perché noi cerchiamo di costruire un partito del futuro.

Per questo siamo più liberi di lavorare a costruire un corpo di valori, idee, programmi, in questa precisa sequenza, e superare questa fase: non può esserci qualcuno con una idea fissa e che subordina tutto a questa idea fissa. È chiaro che si possono non condividere alcune cose, ma il problema è: tu condividi o no i principi generali di questo partito? Se la risposta è sì, si deve accettare di poter essere in minoranza su alcune decisioni, perchè non esiste la possibilità di essere sempre tutti d’accordo sulla stessa cosa, proprio perché la società è diventata molto complessa. Ci vogliono dei punti fermi e bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo; questa è l’unica logica di appartenenza a un partito che si conosca.

Secondo me il PD ha scelto un bravo segretario e a questo punto deve lasciargli il tempo di costruire un partito. Chi non è disponibile ad attendere quel minimo di tempo necessario, secondo me, meglio farebbe ad andarsene subito.



Quali sono i punti più urgenti e importanti del suo impegno futuro?

Il mio impegno sarà soprattutto di dare al Piemonte una sempre più forte impronta innovatrice. Nel mio programma intendo rafforzare i giovani e le giovani, attraverso una migliore qualità dell’istruzione, anche nella speranza che alle regioni sia data maggiore facoltà in materia; intendo rendere più robusto il nostro sistema di insegnamento e continuare l’incremento alla ricerca e all’innovazione.

Abbiamo messo molte risorse, dalle energie rinnovabili, alle biotecnologie, alle nanotecnologie, all’ICT; intendo continuare su questa strada per stare al passo delle principali regioni europee e mondiali. In questo rientrano il piano delle infrastrutture e il completare la trasformazione dell’immagine del Piemonte come di una regione fortemente innovativa, con la capacità di valorizzare il proprio patrimonio storico, culturale, paesaggistico ed enogastronomico: un equilibrio fra turismo e attrattività per le attività innovative. Abbiamo verificato che molte attività vengono in regione perché l’immagine di Torino e del Piemonte è cambiata completamente: qualità della vita, bellezza, dinamicità, apertura. Anche per questo la lega non può vincere in Piemonte, perché l’apertura è una delle misure dell’innovazione, senza questo non sei attrattivo a livello mondiale, senza questo si va all’indietro e non avanti.

C’è poi il discorso delle energie rinnovabili e della sostenibilità ambientale su cui io ho lavorato tutta la mia vita, e mi fa piacere vedere che alla fine abbiamo vinto, perchè sono tutti convinti che questa sia la strada del futuro.



Lei è una teorica, un’economista e Presidente di una Regione: quale sintesi trova fra questi ruoli?

Certamente la sostenibilità ambientale è necessaria perché il mondo regga un impatto così forte come la crescita di grandi paesi come la Cina, l’India, ma anche l’America Latina e l’Africa.

L’Italia, e il Piemonte per primo, sono all’avanguardia per le soluzioni taylormade, “su misura”, nel campo delle nuove tecnologie e della sostenibilità ambientale. Noi abbiamo soprattutto questo compito: trasformare tecnologie che vanno bene per tutti in soluzioni particolari: energie rinnovabili, energia solare, fotovoltaico, eolica… Il fatto di dover preservare i paesaggi storici e i centri urbani, in quei contesti che devono conservare la bellezza, ci costringe a rendere adattabili all’esistente tecnologie che sono pensate per il nuovo.

La mia riflessione teorica e la mia esperienza scientifica sono state molto utili nella mia attività di governo. Ho scoperto con piacere che anche nell’enciclica recente del Papa sono emersi due dei temi su cui ho molto lavorato nel passato: il primo è il principio dell’ecologia umana, che si basa sul fatto che, per garantire la sostenibilità di una società, non esiste solo la qualità dell’ecologia fisica, ma anche quella delle relazioni fra le persone; una cosa che alla società italiana va spiegata. Credo che su questo tema sia significativo il pensiero di Zamagni, con cui in passato abbiamo condiviso profonda sintonia di percorsi scientifici. Il secondo tema è quello dell’economia del dono, che apre lo spazio alla complementarietà inevitabile della produzione di beni e servizi non per il mercato e che si intreccia al concetto di qualità della vita e delle relazioni interpersonali. Sono due temi su cui vale la pena riflettere.



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intervista a cura di Elena Ribet



(febbraio 2010)

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