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Meno lusinghe e più opportunità

Meno lusinghe e più opportunità

Intervista a Rita Finzi - “in assenza di adeguati percorsi di carriera gli aiuti alle donne per la “conciliazione” rischiano di essere solo un aiuto al reddito se non addirittura una penalizzazione”. Parola di ingegnera

Donatella Orioli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009

Nostro malgrado, le donne ai vertici nel nostro Paese sono sempre delle “rarità”. Se poi ci addentriamo in quei settori considerati tradizionalmente maschili, come ad esempio il conseguimento di una laurea in ingegneria edile, possiamo immaginare le difficoltà di un percorso lavorativo e di carriera. Nel caso di Rita Finzi c’è un’aggravante: correva l’anno 1974. Nonostante le premesse, già nel ’79 diventa Responsabile del Servizio Ricerche e Progetti del Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC) di Bologna. Nell’88 ne diventa Direttore Tecnico e, confermando la scalata ai vertici, nel ‘95 assume l’incarico di Direttore della Divisione Progetti Speciali, sino ad oggi che ricoprire il ruolo di Vicepresidente di Legacoop di Bologna e membro della Direzione Nazionale.
Gentile, gran classe, determinata e con poco tempo da perdere ma senza trasmettere frenesia. Al primo impatto ho avuto la sensazione che i temi riguardanti le pari opportunità non fossero ai primi posti della sua agenda. Ma, quasi contemporaneamente, ho capito che bisognava andare oltre ed esplorare la sua esperienza, i suoi punti di vista rispetto alle tematiche di genere e non solo.

Cosa rappresenta per lei l’8 marzo ?
E’ l’occasione annuale per fare il punto sulle distanze di genere, mimose a parte e di cui farei volentieri a meno poiché le donne non hanno bisogno di lusinghe ma di opportunità.
Deve essere una giornata di studi e presentazione di rapporti, progetti, per aiutare tutti i settori della nostra società a risalire dagli ultimi posti che l’Italia occupa nelle graduatorie europee relative al ruolo femminile nel mondo economico ed industriale.

La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro a suo avviso, è un problema concretamente risolvibile senza penalizzazioni per le donne?
La questione della “conciliazione” deve riguardare sia l’uomo che la donna. Oggi nella giovane coppia lavorano entrambi ed entrambi sono costretti a dividersi il lavoro dentro e fuori casa.
L’aiuto, sul piano della conciliazione, ai giovani con bambini, ed ai meno giovani con pesanti impegni organizzativi famigliari è un obiettivo di civiltà, che altri paesi, soprattutto del nord Europa, stanno raggiungendo con un forte impegno in termini di servizi rivolti all’uomo come alla donna. In questi paesi più avanzati, gli uomini sono addirittura incentivati ad usufruire di tali servizi, proprio per equilibrare fra uomo e donna l’opportunità di carriera nel lavoro.
Questo approccio sicuramente nel nostro arretrato Paese potrebbe far molto discutere, ma per tornare alla domanda, credo che gli aiuti per conciliare tempi di vita e di lavoro alla donna, possano essere un concreto aiuto solo se accompagnati tassativamente dalla garanzia offerta alla stessa donna di percorsi di carriera, che oggi nella maggior parte delle aziende non solo non sono assicurati, ma neppure impostati.
In assenza di adeguati percorsi di carriera gli aiuti alle donne per la “conciliazione” rischiano di essere solo un aiuto al reddito se non addirittura una penalizzazione.

Analizzando la composizione degli organismi costituiti all’interno del Consorzio, Consiglio di Sorveglianza, di Gestione e di Vigilanza, non si registra una sola presenza femminile? E’ una scelta o una casualità ?
No, non si registra oggi nessuna presenza femminile negli organi decisionali del Consorzio, che ha 195 dipendenti e più di due miliardi di euro di giro d’affari, fra lavori e procurements.
Come Direttore Tecnico del CCC e Direttore Progetti Speciali ho tuttora la responsabilità dei contratti fra i più importanti acquisiti da CCC, dall’Alta Velocità ad interventi in finanza di progetto e, sono stata membro del Comitato Esecutivo del Consorzio fino al momento in cui è stato deliberato il passaggio al “sistema duale”.
Con l’occasione di quest’ultima trasformazione, l’azienda ha ritenuto di non riconfermare il mio ruolo in Consiglio di Gestione, ‘scegliendolo e non per caso’, per usare gli stessi “termini” della domanda. Naturalmente la decisione mi ha amareggiato ed ha inevitabilmente condizionato una serie di mie successive decisioni, ma è spiegabile proprio in quell’atteggiamento di diffidenza nei confronti delle donne, soprattutto se preparate, che caratterizza ancora il nostro ambiente, che esprime complessivamente un management fortemente conservativo e scarsamente attento ad innovazione e cambiamento.
Auspico che le generazioni future che entrano oggi nelle nostre imprese cooperative, possano vivere e lavorare in un clima aziendale rinnovato, che sappia esprimere un management, consapevole dei valori fondanti il sistema cooperativo, in grado di riconoscere e valorizzare competenza, formazione e professionalità, indipendentemente da questioni di genere.

Quanto incide l’imprenditoria femminile e quali differenziali riscontra tra le gestioni “al femminile” e quelle “al maschile” ?
Gli esempi di gestione al femminile nel settore delle costruzioni sono effettivamente ancora molto scarsi anche se sicuramente destinati ad aumentare, poiché l’ingresso in impresa di diplomate e laureate è sempre più consistente. A questo punto il problema è di come consentire loro un percorso di carriera “a pari condizioni” all’interno di aziende che per storia, cultura e costume offrono loro un ambiente decisamente “ostile”.
In base alla mia esperienza, una donna che arriva con le proprie forze a ricoprire ruoli manageriali nel nostro settore, introduce, oltre ad una competenza sempre mediamente di livello più elevato, rispetto ai colleghi, anche propri modi gestionali solitamente più diretti e semplici.
Ho pensato spesso alle ragioni di questa sottile ma importante differenza: forse perché la donna ha comunque imparato, grazie al proprio impegno su tutti i fronti della vita a non sprecare tempo, a scegliere la via diretta alla soluzione dei problemi, così come a scegliere i modi più trasparenti nei rapporti interpersonali.

La crisi economica che ci sta investendo come si ripercuote nel settore che rappresenta?
La crisi economico finanziaria e la recessione internazionale che stiamo attraversando sono di inaudite proporzioni e stanno producendo danni gravissimi sull’economa reale. La situazione è estremamente preoccupante anche se è possibile ed auspicato l’intervento dei Governi e delle Autorità monetarie internazionali.
I salari e gli stipendi degli ultimi anni sono cresciuti meno dell’inflazione ed a questo si aggiungono i problemi relativi al lavoro precario che, lungi dall’essere un fattore risolutivo della flessibilità e della competitività delle imprese, si propone come una via di basso profilo sul piano dello sviluppo.
In questa fase, al di là delle risorse che il Governo metterà in campo in materia di energie rinnovabili, social housing ed infrastrutture, per aiutare l’intero sistema, occorre che le nostre imprese rivedano le proprie strategie aziendali. E paradossalmente questa sfavorevolissima congiuntura, come ha recentemente ricordato Emma Bonino, può rappresentare una opportunità per compiere passi decisivi per liberare risorse finora sotto-utilizzate. E’ nei momenti di crisi, in cui donne e giovani sono i soggetti che rischiano la maggiore penalizzazione, che si è più disponibili a mettere in discussione convinzioni consolidate, così come anni di ottimi bilanci rendono più conservativi.
Sono persuasa che competenze e capacità femminili possano essere recuperate e liberate nell’interesse del successo economico dell’impresa, anche e soprattutto nell’attuale situazione di crisi.

(16 marzo 2009)

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