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Mediterranea / Le tunisine non viaggiano senza autorizzazione del padre o del marito...

Mediterranea / Le tunisine non viaggiano senza autorizzazione del padre o del marito...

Senza autorizzazione del padre o del marito le tunisine non possono viaggiare. Edizione speciale di Mediterranea

Mercoledi, 18/09/2013 - Una ‘novità’ sconvolgente per le tunisine: devono avere l’autorizzazione del padre o del marito per poter viaggiare fuori dal Paese!

E’ trapelata in questi giorni la notizia, denunciata per prima dall’imprenditrice Sana Ghemina in occasione di un suo viaggio di

lavoro: per viaggiare fuori dalla Tunisia, le tunisine fino ai 35 anni di età devono avere l’autorizzazione scritta del padre o del marito.

E’ una notizia sconvolgente per chi conosce l’amore e il vanto delle donne tunisine per la propria libertà e indipendenza.

Si è aperto un duro confronto tra le autorità, le organizzazioni delle donne e la Lega Tunisina dei Diritti Umani. E’ forte la preoccupazione di una ulteriore escalation nell’attacco a diritti delle donne e alla loro tradizione di fiera indipendenza.

Il Ministro dell’Interno sostiene di non aver dato istruzioni per l’implementazione della misura restrittiva, ma la realtà è che

all’aeroporto internazionale di Tunisi gli agenti di frontiera richiedono “l’autorizzazione” all’espatrio alle donne.

Le stesse autorità cercano maldestramente di spiegare questi provvedimenti all’interno di una ‘misura precauzionale’ che sarebbe

stata assunta per impedire ai giovani di recarsi in Siria al seguito e su invito dei jihadisti e che non avrebbe dovuto riguardare specificamente le ragazze: ma evidentemente l’assenza di chiarezza nelle istruzioni (!!!) avrebbe favorito questa interpretazione sessista di una misura già di per sé ambigua: il risultato concreto è che le donne tunisine devono fronteggiare un ulteriore attacco alle loro libertà, da parte di un potere governativo che accarezza l’idea di un ‘nuovo ordine morale’, contro tutte loro.

Riprendiamo alcune riflessioni da vari articoli della giornalista Frida Dahmani sulla situazione politica e sociale tunisina, entro la quale si inseriscono e si interpretano dati sulla condizione delle donne nel Paese.

Di fronte alle posizioni retrograde che si manifestano con virulenza, le tunisine hanno deciso da tempo di difendersi e di rivendicare maggiori diritti. Ricordiamo che in questi ultimi mesi alcuni rappresentanti politici hanno chiesto il ritorno alla poligamia, vietata dal 1956, altri incoraggiano le unioni con ragazze giovanissime, alcuni predicatori autorizzano le mutilazioni genitali, mai praticate nel Paese.

Secondo dati del Ministero della Donna e della Famiglia, che ha organizzato alcuni centri di accoglienza per donne maltrattate, quasi la metà delle tunisine sono a rischio violenza.

Tra rispetto e rifiuto, lo sguardo del la società tunisina sulle donne diventa ambigua, si sente dire che le donne vogliono il lavoro degli

uomini, chiacchiere da bar, certo, ma certamente manifestano una regressione nel riconoscimento del ruolo delle donne, in particolare

nell’economia del Paese.

Sulla carta il Codice dello Statuto Personale (introdotto nel 1956) resta in vigore e riconosce la posizione della donna; dalle manifestazioni del gennaio 2011 il movimento non ha smesso di esercitare pressioni per contrastare il pericolo dell’introduzione di discriminazioni perché a differenza delle posizioni degli islamisti al governo le donne vogliono l’eguaglianza in materia di eredità, rimettono in discussione la tutela dei figli riconosciuta ai padri ecc.

I governi che si sono succeduti non hanno ratificato la Convenzione CEDAW dell’ONU, mentre le tunisine continuano la loro mobilitazione rivolgendo il loro appoggio in materia di formazione alle meno istruite e protette.

Con la ‘rivoluzione’, le tunisine hanno confermato le proprie competenze con l’accesso a incarichi in passato ‘tacitamente’ riservati

agli uomini: è il caso della Presidente dell’Associazione degli Industriali, Wided Bouchamaoui, e della Generale dell’esercito incaricata della Giustizia Militare, Faouzia Bahya.

La percentuale di ragazze laureate aumenta ogni anno: le donne sono il 50,5% della popolazione e le laureate 2013 sono il 63,6% del totale.

Nonostante questa realtà, le tunisine si devono spesso difendere contro un modello di società che viene proposto dai Paesi del Golfo e che non ha assolutamente niente a che fare con le tradizioni tunisine.

Con grande preoccupazioni molte commentatrici hanno raccontato le vicende di una quarantina di ragazze tunisine vicine alle organizzazioni islamiste radicali che sono andate in Siria, inquadrate tra le fila dei salafiti, in una forma di partecipazione alla jihad che prevede di essere al servizio, anche sessuale, dei ‘guerrieri’. I ‘matrimoni’ contratti per rendere leciti questi rapporti secondo la religione, non hanno nessun valore e i bambini nati da queste relazioni sono un grande problema al loro rientro in Tunisia.

La discussione aperta nell’Assemblea Nazionale e nel Paese, tutta centrata sul carattere laico o religioso dello Stato, rischia di

cristallizzare le posizioni a tutto svantaggio delle questioni legate ai diritti delle donne da riconoscere nella Carta costituzionale ed è il

movimento femminista che continua a tenere l’allerta sui pericoli che corrono i diritti acquisiti delle tunisine.

Nell’agosto dell’anno scorso di fronte alla proposta di un articolo da inserire nella carta costituzionale che prevedeva il ruolo

“complementare” della donna rispetto all’uomo in seno alla famiglia,

c’è stata una gigantesca mobilitazione della società civile che ha fatto abbandonare quella proposta. Attualmente, la nuova versione si presta ad ambiguità, anche se “garantisce la difesa dei diritti delle donne e sostiene le loro conquiste”: la discussione continua.

E’ importante il contributo che danno al dibattito e alla vigilanza su quanto accade negli ambienti politici le alte competenze e la

combattività di tante donne come Sana Ben Achour, giurista specialista di diritto pubblico, Hafidha Chekir, docente di diritto pubblico e Samia Abbou, deputata democratica.

La società civile continua a prestare grande attenzione a questo snodo della vita democratica tunisina. Recentemente il regista Nouri Bouzid dichiarava ai giornali: il mio sogno per la Tunisia è che le donne rieduchino gli uomini.



Mediterranea - Udi Catania

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