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Medicina di Genere, linguaggio di genere

Medicina di Genere, linguaggio di genere

Riflessioni e proposte per un linguaggio di genere più adatto ad una medicina di genere.

Mercoledi, 14/10/2015 - Tutta l’attuale medicina occidentale è patriarcale: è, cioè, il risultato di secoli di studi e di pratiche condotti soprattutto da uomini con mentalità patriarcale.



La medicina di genere tiene conto del fatto che i corpi di uomini e donne, le loro anatomie e fisiologie, sono diversi: per questo, le malattie che colpiscono i corpi maschili e femminili, e le cure messe a punto per guarirle, non possono che essere diverse. Piano piano anche il linguaggio si deve adeguare al nuovo interesse che noi donne rivolgiamo alla medicina.

Anche molto recentemente, nel corso della settima edizione del Festival della Salute, che si è tenuto a Viareggio tra il 25 e il 28 settembre 2015, un’intera giornata (il 26) è stata dedicata alla medicina di genere. Si può leggere al proposito l’articolo pubblicato sul sito di Noi Donne, dal titolo “Viareggio a tutta…Medicina di genere”



Faccio un esempio: sono state chiamate malattie veneree, cioè femminili, tutte le malattie contagiose che riguardano gli organi riproduttivi di donne e di uomini. Perché le hanno chiamate veneree? Sono malattie che le donne producono direttamente dal loro organismo e che poi vanno diffondendo? No. Una donna ha una malattia venerea se la contrae da qualcuno che gliela trasmette, ma fa parte della cultura misogina incolpare noi donne di tutto, da Eva in poi e forse anche da prima. Ora, dopo anni di denunce e prese di posizione delle donne, e di qualche uomo, quelle malattie vengono più spesso chiamate MTS, cioè malattie a trasmissione sessuale. Ma ancora oggi, se guardiamo su Internet, troveremo la dicitura malattie veneree in moltissimi siti, con alcuni spunti anche ridicoli, come malattie veneree dell'uomo.

Nelle nostre possibilità cerchiamo di fare qualcosa e di rimediare.



Ci tengo qui a considerare anche un altro vocabolo medico misogino-patriarcale più subdolo da smascherare e usato, purtroppo, anche da noi donne, persino da molte di quelle che, fra noi, sono impegnate da sempre in favore della libertà femminile.

Mi riferisco al termine inseminazione. Nella specie umana il concepimento ha luogo dall’unione di un ovulo e uno spermatozoo. Nessuno dei due è un seme, perché nessuno dei due porta in sé tutto il patrimonio genetico. Dire inseminazione significa quindi dire che lo spermatozoo è il seme, cioè che porta tutto il patrimonio genetico, tutte le informazioni della futura vita e che l'utero è un ambiente, un terreno in cui lo spermatozoo da solo si può impiantare.

E l'ovulo? Non serve a nulla?



In Italia vi è un tradizionale substrato contadino e il legame con l'agricoltura, sebbene si sia molto affievolito, è ancora forte. Si sa che se si semina il grano nel campo nascono piantine di grano. Questo perché il grano è un seme e il campo è solo l'ambiente che lo nutre.

Ecco, dire inseminare rimanda a quest'immagine a lungo sedimentata nelle nostre menti. Che lui, l'uomo, porta la vita e noi, donne, la alleviamo e basta.



Proposta: smettiamo di dire e scrivere inseminazione e passiamo al più corretto fecondazione anche nei nostri scritti. Chi di noi, poi, ne ha la possibilità, provi anche a modificare i termini misogini sui siti di Internet.



Matilde Baroni

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