Una scelta di diritto: se mi sposo è per amore - La pratica dei matrimoni forzati, parte di una cultura patriarcale purtroppo mai sconfitta neppure in Italia, è tornata a crescere nel nostro Paese
Pariani Anna Domenica, 27/05/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2012
Lo scorso anno una realtà associativa importante che ha sede nella mia città, Imola, ha promosso una ricerca regionale e un convegno internazionale sul tema dei matrimoni imposti. L’associazione si chiama Trama di Terre e dal 1997 unisce donne italiane e straniere che lottano contro le discriminazioni di genere e quelle fondate sull’origine nazionale o sull’appartenenza religiosa, per la creazione di una società che tuteli le differenze e sia capace di includere tutte le persone attraverso lo scambio e il dialogo interculturale.
Di recente si è svolto un nuovo incontro promosso da Trama di Terre e Action Aid, all'interno del progetto “Contrasto ai matrimoni forzati nella provincia di Bologna: agire sul locale con una prospettiva internazionale”, con un’intera giornata dedicata alla formazione degli operatori sociali finanziata dalla Fondazione Vodafone Italia.
La pratica dei matrimoni forzati, parte di una cultura patriarcale purtroppo mai sconfitta neppure in Italia, è tornata a crescere nel nostro Paese assieme all’immigrazione, in particolare quella proveniente dal Pakistan, India, Bangladesh e dall’Africa subsahariana. Agli abusi e alle violenze di cui sono vittime, oggi, in questo momento, tante donne italiane, si aggiungono i drammi conseguenti ai matrimoni imposti a giovani donne e adolescenti migranti, anche in Emilia-Romagna. La costrizione al matrimonio ha quasi sempre conseguenze pesanti sulla vita delle donne: violenze fisiche e psicologiche, segregazione, stupri, scompensi psichici e della salute, rimpatrio forzato nei Paesi di origine. A volte la morte, per mano di mariti-padri-padroni. Solo nei casi estremi ne veniamo a conoscenza, perché il fenomeno resta sommerso e i dati statistici non sono attendibili. Le testimonianze in nostro possesso ci dicono però che è significativo e che molto si potrebbe fare, nel pieno rispetto delle appartenenze e tradizioni, per il prioritario rispetto delle libertà e diritti fondamentali della persona. Ecco perché associazioni come quella imolese propongono azioni concrete da parte delle istituzioni locali, della Regione e dello Stato, volte ad una integrazione vera e condivisa.
In Emilia-Romagna il sistema regionale di accoglienza ed integrazione oggi si avvale, ad esempio, di 130 sportelli informativi per i cittadini stranieri aperti dai Comuni, oltre 300 mediatori interculturali utilizzati in ambito scolastico, sociale e sanitario per facilitare l’incontro e la comprensione tra operatori pubblici e cittadini stranieri; un Centro regionale contro le discriminazioni che ha risolto 69 casi nel 2011; una ventina di Centri interculturali coordinati dalla Regione, iniziative di comunicazione interculturale come la RETE MIER, consulte e forum locali di partecipazione. Ciò che conta – e che va reso più organico – è la possibilità concreta per le donne immigrate di accedere a tutte le opportunità esistenti, utili alla loro autodeterminazione: parlo di accesso all’edilizia residenziale pubblica, consulenza legale resa dai Centri per le Famiglie, assistenza dei Centri Antiviolenza territoriali, orientamento lavorativo. In una parola, quei servizi che consentono davvero di cambiare vita a chi si trova in condizioni di oppressione e di violenza subita. Inoltre, per rendere più accessibili questi servizi alle donne che sono in condizione di grave restrizione della libertà e per aumentare le azioni di contrasto, abbiamo accolto positivamente la proposta di agire attraverso un “Tavolo regionale per il contrasto ai matrimoni forzati”.
Realizzare una compiuta parità dei diritti tra cittadini, italiani e stranieri, donne e uomini, è una missione di civiltà che ci deve impegnare costantemente e che richiede alle istituzioni un “di più” di sensibilità, ascolto e formazione ancor prima di innovazioni normative. Il dialogo interculturale e la cultura delle differenze sono al centro di tutto e non si improvvisano. Vanno incentivate e sostenute le associazioni che li praticano e li promuovono ogni giorno sul territorio, vanno formati gli operatori che in ogni ambito e sportello pubblico entrano in contatto con le persone immigrate. Vanno dati spazio e fiducia alle nuove generazioni nate o cresciute in Italia e riconosciuto un ruolo sociale fondamentale alle donne, siano esse partecipi o meno del mercato del lavoro.
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Bologna, 9 maggio 2012
La perdita di Maurizio ci priva di un amico, di un collega, di un uomo di profonda umanità, generosità, passione politica e civile. Il nostro affetto e il nostro dolore si uniscono a quello della moglie Rossella e della figlia Federica. Bologna, l’intera comunità regionale, tutti quelli che l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene oggi perdono un punto di riferimento importante.
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