Madre di Dio - Da bambina a sposa, la fanciullezza spezzata in ‘Un sogno per Maria’
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2008
Il sogno di una maternità libera, non rabbuiata dalla costrizione e dal dolore si culla su un’altalena dove Maria, madre di Dio ancora giovinetta, oscilla sotto una nuvola candida di tulle mentre racconta di un’annunciazione. Una luce abbagliante, una voce arrivata “come una musica con un colpo di vento”, una pioggia di piume bianche e di stelle, e l’angelo portatore del messaggio divino se ne è andato lasciandole “un dono e una mancanza”. La ragazzina esile dalle trecce bionde andrà sposa, non sarà più bambina e non potrà mai più divertirsi con le cuginette. Piegata da un evento immenso e inatteso, oppressa da un peso troppo grande, Maria abbandona il suo dondolo che appare come un grembo rigonfio e nel pezzetto di terra dove è confinata senza difensori esprime tutto il suo sgomento e la sua ribellione.
Silvia Battaglio, attrice, autrice e regista di ‘Un sogno per Maria’ si fa carico di un tumulto indotto da una rapsodia poetica e musicale che lei stessa ha composto con brani di autori diversi (Barbara Alberti, Erri De Luca, Mariangela Gualtieri, la Sacra Bibbia Protovangelo di Giacomo, il Manifesto, Corriere della Sera). Con incisività e una vitalità accesa dà voce non solo alla Vergine Maria, ma alle donne di ogni generazione e sotto ogni cielo, e attraverso la piccola protagonista sola dopo l’imposizione esprime la ribellione di tutte le donne a fronte degli imperiosi dettati misogini e oscurantisti che mortificano o negano la loro volontà. Invocando la libertà con innocenza e smarrimento, la futura madre del Messia adombra anche il ruolo della donna nel mondo cattolico, che nel ventre femminile ha intravisto la scintilla del peccato, che ostacola la pianificazione delle nascita, che fa strisciare la convinzione che il vero crimine dell’umanità si consumi nelle camere da letto e non nella moltiplicazione delle armi. Con la sua protesta inascoltata, Maria si incamminerà verso il suo destino, ma con riluttanza, dopo avere cercato di sottrarsi supplicando, strepitando, dibattendosi in una danza ora armoniosa ora scomposta nel tentativo di districarsi da lacci incomprensibili (“non so spiegarmi questo Dio dagli occhi celesti”).
Impressionante e coraggioso, ma denso di verità, questo spettacolo che aggroviglia sacro e profano, alterna momenti di delicatezza - come la commovente Ave Maria di Gounod cantata dalla brava attrice con limpida grazia – con passaggi meno chiari per gli ermetismi e le dissonanze di una composizione piuttosto spinosa. Ma l’interprete, bravissima e molto concentrata nel suo ruolo difficile, l’alleggerisce fino alla trasparenza, filtra spiritualità pura e poesia, irrora di religiosità e tenerezza il clima di laicità e crea un singolare contrasto fra i connotati infantili e le laceranti trepidazione materne (“… fa sì che questo bambino non sia nessuno, che sia contento di essere e si arrabbi sono per le mosche”).
Nel cartellone di “Elogio alla follia” del Tangram Teatro, che ogni anno penetra sul palcoscenico le discordanze e i caratteri di mondi “diversi”, questo monologo che ha debuttato alla Cavallerizza Reale di Torino ha ricordato (ma è un puro caso) due recenti fatti di cronaca: la globe-trotter uccisa in abito da sposa in Turchia e la piccola yemenita di 8 anni che ha chiesto il divorzio dal marito imposto in famiglia.
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