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Maschilista? No, meglio se superpartes

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La riforma della Costituzione - Desta preoccupazione questa riforma della Costituzione, nella quale solo mezzo Paese potrà riconoscervisi

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2005

Ansia da riforme. E’ la patologia che sta insinuandosi in vasti strati della popolazione. Che si tratti della scuola, del sistema giudiziario o di quello pensionistico ormai gli italiani sono rassegnati a veder approvato a colpi di maggioranza qualunque tipo di provvedimento. Pare che la stessa sorte toccherà anche alla riforma della Carta costituzionale, la madre di tutte le regole e la struttura portante dello Stato repubblicano. La questione desta non poche preoccupazioni perché la nostra Costituzione è stata il frutto di un patto leale. Una Carta votata, invece, solo da una parte del Parlamento sarà la regola riconosciuta da mezzo Paese e in cui solo mezzo Paese si riconoscerà. Sarebbe un passaggio storico pesante e denso di minacce per la civile convivenza delle generazioni future. Occorre che le molteplici questioni legate alla riforma della Costituzione siano poste in modo corretto, per evitare becere strumentalizzazioni da parte di chi non è serenamente disposto al dialogo. La nostra Costituzione va difesa non solo e non tanto perché nata dal sangue della guerra di Liberazione (questo è un valore che riguarda solo chi si riconosce in quella storia e la apprezza), ma perché fu una regola condivisa da tutti gli attori politici e sociali del tempo. Dunque oggi, se la si vuole cambiare, bisogna farlo con gli stessi metodi e individuando cosa bisogna cambiare e perché. La prima domanda riguarda proprio il perché, la ragione per cui occorre riformare la Costituzione. E’ bisogno diffuso tra gli italiani e le italiane? Tra gli anziani o i giovani ? Lavoro, assistenza, servizi, qualità della vita, certezze per il futuro: queste sono le aspettative e le aspirazioni comuni a milioni di persone che, anche richiedendo le grandi riforme, non attribuiscono certo alla Costituzione la causa dei mali e dei ritardi del nostro Paese. Dunque questa riforma risponde ad altre esigenze, ai bisogni molto particolari di alcuni soggetti e forze politiche. La ragione del no posto alla riforma costituzionale da mezzo Parlamento è da ricondurre proprio allo scenario istituzionale che si aprirebbe e dalle premesse che lo stanno introducendo. Non convince affatto, anzi preoccupa molto, questo ‘premier forte’ che sommerebbe nelle sue mani una quantità di poteri enorme e ancor più preoccupa un presidente della Repubblica ridotto ad avere grosso modo i poteri di un usciere. Ci si domanda a cosa servirebbe un Parlamento relegato al ruolo di obbediente esecutore dei voleri del suo Capo/Premier. E, tutto ciò premesso, ci si domanda a cosa servirà per tutti noi andare a votare. Tralasciando per brevità le altre modifiche e ripromettendoci di tornare sull’argomento nei prossimi mesi, una tra le questioni che occorre gestire con chiarezza in questo dibattito è se sia corretto definire moderne e riformiste le forze che vogliono cambiare la Costituzione e, al contrario, conservatrici quelle che la vogliono tutelare. Non a caso il Presidente Ciampi, anche in occasione degli auguri natalizi, ha rinnovato con un accorato appello l’invito alle forze politiche a ricercare un ampio accordo su un testo che di più e meglio rappresenti l’unità del Paese. Mai come stavolta è una questione di merito: il cosa, il chi e il perché vanno chiariti ben bene agli italiani. La Costituzione che il centrodestra ha approvato, e che vorrebbe imporre all’Italia, più che riformata appare deformata e la chiamata a difendere i principi cardine della nostra democrazia o riguarderà tutti o la storia, questa volta, la scriveranno loro.

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