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Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore

Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore

A cinquat’anni dalla scomparsa di Antonietta Raphaël, e a sessanta da quella di Mario Mafai, una grande mostra li celebra a Roma, al Casino dei Principi, fino al 2 novembre 2025

Martedi, 10/06/2025 - Si intitola Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore l’importante antologica che ripercorre la vita e l’opera dei due artisti, protagonisti dell’arte italiana del Novecento, uniti tra loro da una grande passione (da cui sono nate le tre figlie: Miriam, Simona e Giulia) e da una fede assoluta nell’arte. Giulia, terzogenita della coppia, nel suo bel libro dedicato alla madre, dal titolo La ragazza con il violino (2012), ricordava che i genitori, sebbene abbiano vissuto separati per lunghi periodi: “Per tutta la vita rimarranno perdutamente innamorati ed eternamente litigiosi”.

Allestita a Roma nelle sale del Casino dei Principi di Villa Torlonia, la mostra, ideata dal Centro Studi Mafai Raphaël, e curata da Valerio Rivosecchi e Serena De Dominicis, racconta dunque le vicende artistiche, e sentimentali, di Mario Mafai (Roma 1902-1965) e Antonietta Raphaël (Kaunas, Lituania 1895-Roma 1975) attraverso più di cento opere tra dipinti, sculture e disegni (catalogo De Luca Editori d’Arte). Molti anche i documenti originali. Una sala, in particolare, offre un focus sul rapporto epistolare intercorso tra Mario e Antonietta, iniziato nel 1925 e durato fino alla morte di Mafai nel 1965. Grazie al lavoro di ricerca condotto da Sara Scalia, figlia di Miriam e nipote dei due artisti, su un carteggio di centinaia di lettere oggi conservate a Firenze presso il Gabinetto Vieusseux, si segue così la storia di una passione, sempre strettamente intrecciata all’arte.

L’esposizione, del resto, cade anche nella ricorrenza dei cento anni dal loro primo incontro, avvenuto nel 1925 a Roma, alla Scuola libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti, frequentata allora anche da Scipione (Gino Bonichi), grande amico di Mafai, morto a soli 29 anni nel 1933 (due dipinti lo ricordano in mostra). Quando si conoscono, Mario ha 23 anni, è timido, vive con la madre e non si è mai mosso da Roma, mentre Antonietta, trentenne, è una giovane donna solare e cosmopolita, aggiornata sulle novità dell’arte internazionale. Figlia di un rabbino, ha dovuto lasciare la Lituania a causa dei pogrom e ha vissuto a Londra, dove ha studiato violino e pianoforte, e poi a Parigi.

Anche il titolo scelto per la mostra, “Un’altra forma di amore”, è tratto da una lettera inviata nel 1942 da Mario ad Antonietta, allora divisi dalla guerra. La lettera è una toccante testimonianza del loro amore, ma rivela anche quanto sia difficile per due artisti stare insieme senza prevaricarsi. Mafai le scrive: “Abbiamo passato 18 anni insieme e abbiamo veduto crescere le nostre figlie intelligenti e sane. Ci amiamo ancora molto. Soltanto la nostra natura artistica è stata sempre gelosa di un tesoro di cui sentivamo la responsabilità di non poter distruggere e non ha voluto l’annullamento di uno di noi come esige una certa specie di amore. Quando tu mi dici che non puoi amare di più che il tuo lavoro, io ne potrei essere geloso, ma ti capisco e allora si è formata un’altra forma di amore che è piena di armonia venata da sottili nostalgie e che ha qualche cosa di sublime”. Questa visione pacificata del loro rapporto, tuttavia, riflette solo in parte la realtà. Antonietta, infatti, già nel 1939 ricordava che: “È difficile vivere insieme per due artisti che hanno la stessa arte della pittura. Io criticavo lui e lui criticava me”. E per questo motivo, fin dal principio degli anni Trenta, aveva deciso di abbandonare la pittura (ripresa solo più tardi) per dedicarsi alla scultura. Una scelta coraggiosa, ma sicuramente sofferta, come trapela da una dichiarazione fatta nel dopoguerra proprio a “Noi Donne” (9 maggio 1954, n. 19, p. 24). A Fausta Terni Cialente, che le chiede cosa l’avesse spinta a tentare la scultura, risponde “C’era già un Mafai a dipingere”.

All’inizio del percorso espositivo, ad accogliere i visitatori, è posto un maestoso ritratto di Antonietta, quasi due metri di altezza per un metro, dipinto da Mafai nel 1934. L’immagine però appare vagamente straniante considerato che Antonietta è raffigurata al centro del suo studio di scultura, non in abiti da lavoro, ma con indosso un vestito elegante e una collana dorata, e soprattutto che, come scultrice, avrebbe esordito pubblicamente solo due anni più tardi, per sparire poco dopo in seguito alle leggi razziali. Mario, invece, nel 1935 ha una sala personale alla seconda Quadriennale di Roma, dove è consacrato definitivamente pittore. Vi presenta ben 29 dipinti tra i quali questo ritratto della moglie. Come osserva in catalogo Federica Pirani: “Mentre importanti riconoscimenti e ampi consensi hanno segnato la biografia artistica di Mafai, quella di Raphaël, donna, straniera e di origine ebraiche, ha scontato gli effetti della differenza di genere nel mondo dell’arte – come in diversi altri campi”. La valorizzazione dell’opera scultorea di Raphaël inizierà solo a partire dagli anni Cinquanta.

Il percorso espositivo, articolato in sette sezioni tematiche, si apre con una sala dedicata alla cosiddetta “Scuola di Via Cavour”. È stato Roberto Longhi, prendendo spunto dall’indirizzo della casa-studio della coppia, a coniare questa fortunata definizione nel 1929 in una recensione in cui segnala la novità, nel panorama artistico romano, del carattere espressionista, visionario e fantastico dei loro dipinti. E con acume definisce Raphaël “una sorellina di latte dello Chagall”. L’abitazione all’ultimo piano, con un’ampia terrazza affacciata sul Colosseo e il Palatino (paesaggi spesso raffigurati da entrambi), era frequentata, oltre che da artisti, anche da letterati quali Giuseppe Ungaretti, Libero de Libero, Enrico Falqui e Leonardo Sinisgalli.

Segue una sezione dedicata alle potenti sculture di Raphaël, nelle quali ricorrono i temi del femminile, della maternità e del mito. Figure primigenie, archetipali, molto diverse dalla statuaria italiana del tempo. Ancora al piano terra un’altra sezione approfondisce il rapporto con la musica (nella sala sono trasmesse musiche di Bach e canzoni degli anni Trenta). La musica, infatti, è un tema ricorrente nei dipinti di entrambi, sotto forma di strumenti musicali e spartiti. Per la famiglia Mafai, inoltre, il pianoforte è un elemento reale e simbolico di coesione, come un focolare domestico.

Seguono, al piano superiore, una sezione intitolata Una silenziosa sfida, sempre sul tema del confronto tra le opere di Mafai e Raphaël, e due sale individuali. Un video con filmati d’archivio arricchisce il percorso. Conclude la mostra, nella saletta delle lettere, una tela di grandi dimensioni di Raphaël raffigurante Mafai nel suo studio, con una modella, intento a dipingere una natura morta. È un omaggio, poetico e fiabesco, che Antonietta rende a Mario, all’amore della sua vita, nel 1966 dopo la scomparsa del pittore.

Per ulteriori informazioni sulla mostra si rimanda al sito: www.museiincomuneroma.it

Per le fotografie dell’allestimento della mostra © Monkeys Video Lab


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