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Maria Luisa Spaziani. Nel centro della cultura

Maria Luisa Spaziani. Nel centro della cultura

- “Io sono Shahrazad a cui fu detto:/ morirai se interrompi il discorso”

Benassi Luca Domenica, 31/08/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014

Il 30 giugno del 2014, all’età di 92 anni, si è spenta a Roma Maria Luisa Spaziani,. Di questo evento ha sorpreso il silenzio e la sostanziale incuria dei media italiani nei confronti di una delle figure più importanti del mondo delle lettere a livello internazionale. Eppure Spaziani era figura notissima, che ha attraversato buona parte del Novecento con successo editoriale e di pubblico. Era approdata a Mondadori nel 1954, con “Le acque del sabato”, che nel 2012 le aveva dedicato un Meridiano, a cura di Giancarlo Pontiggia e Paolo Lagazzi, il quale, nel raccogliere il complesso della produzione poetica, ne aveva consacrato l’importanza assoluta nel panorama poetico contemporaneo. Spaziani ha vissuto a Torino dove nacque nel 1922, Parigi, Milano dove ebbe modo di conoscere e frequentare Montale, Messina e infine Roma. Le ‘città’ della poetessa sono i territori attorno ai quali questa scrittura si agglutina, un tessuto urbano che è luogo di continue relazioni e scoperte, nel quale tuttavia è impossibile radicarsi, sempre minato dalla tensione al viaggio, alla fuga, allo strappo. La poetessa costruisce, libro dopo libro, un ‘discorso ininterrotto’, acquisendo continui spazi poetici senza mai imporre nette cesure, nel quale affronta e sviluppa gli archetipi fondanti della sua scrittura: il viaggio, l’amore, la luna, l’acqua, la persistenza vegetale dell’ortica, il mare. Quest’ultimo è una scoperta improvvisa: nel 1964, la poetessa inizia la carriera universitaria alla Facoltà di Magistero di Messina. L’esperienza luminosa del mare, dello Stretto, del Mediterraneo trova una sua archetipale definizione ne “L’occhio del ciclone” del 1970, un testo orfico e naturalistico, ricco di inquietudini e vitalistiche ambiguità. La continuità nella scrittura di Spaziani si manifesta anche a livello stilistico, nell’impostare i testi in due quartine, ognuna delle quali coincide con il compimento di un arco sintattico, anche se non mancano eccezioni nelle quale i due elementi sono legati da enjambement, e soprattutto dove la cesura delle due strofe si impone come nodo psicologico e dialettico nel discorrere del testo. Questa struttura non subisce modifiche neanche nel poema “Giovanna d’Arco” del 1990, dedicato alle vicende della Pulzella D’Orleans, nel quale la poetessa ‘salda’ le due quartine nella forma popolare dell’ottava. Il poema segna uno dei vertici della poetessa piemontese, nel quale si manifesta la capacità di unire il rigore formale e neoclassico alla passione esacerbate dell’emozione, e che rende questa scrittura fra la migliore del Novecento.





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