Morselli Gianna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2007
Una relazione sentimentale sana ha alla base il rispetto di se stesse e dell’altro, ognuno nella propria unicità; la comunicazione è diretta, esprime opinioni ed emozioni autentiche; i messaggi sono trasmessi in modo sincero ed esplicito, sia che siano piacevoli o sgradevoli. Questa modalità di comunicazione produce un appagamento profondo e autentico: i gesti, le parole e gli sguardi sono veri e nella coppia emerge l’intensità del contatto e il significato reale delle parole.
Una relazione non è sana quando la comunicazione è indiretta e mira a manipolare l’altra/o con l’obiettivo di cambiarlo e snaturarlo, il rapporto allora risulta disarmonico e squilibrato. Le modalità di comunicare con l’altra/o, formulate in modo ambiguo, hanno lo scopo di mandare messaggi vaghi che si prestano a diverse interpretazioni, creando incomprensione, sospetto e un forte senso di solitudine. Il contatto sia fisico che verbale diventa fittizio e deludente per entrambe le persone; chi nella coppia manipola prova un senso di forza e di potere; chi è manipolata/o invece si sente a disagio, prova umiliazione, perdita di energia e se si rende conto di essere ingannata/o viene sommersa/o dalla rabbia.
La manipolazione consiste nell’assumere un ruolo all’interno della coppia che inconsapevolmente viene appreso fin dall’infanzia attraverso le esperienze familiari e che nel crescere diventa parte integrante del carattere.
I ruoli di “salvatore, vittima, persecutore”, sono i tre principali stili manipolativi che si manifestano in una relazione disarmonica.
Soffermiamoci in questo numero sul ruolo del “salvatore” e guardiamolo declinato al femminile.
La caratteristica principale della “salvatrice” è il bisogno di occuparsi prevalentemente degli altri, non avere mai un momento per se stessa e vivere nella speranza di trovare “una vittima” disposta a farsi salvare da lei. La manipolazione si basa sul fatto che, pur sembrando generosa, aggancia gli altri per renderli dipendenti, dominare sulla loro vita ed esercitare così il suo potere. Questo grande impegno a soddisfare le esigenze di chi gli sta accanto nasce dalla paura di rimanere sola con se stessa e dover riconoscere i propri problemi e bisogni e l’angoscia di essere abbandonata. Questa negazione di sé, dà come risultato che, essendo la prima a trascurarsi, sottovalutarsi e non prendersi in considerazione, si autocondanna a essere perennemente scontenta.
Se ci rendiamo conto che il nostro vivere è insoddisfacente e decidiamo di intraprendere un percorso di crescita è molto importante guardarsi allo specchio e scoprire quali sono i ruoli che interpretiamo nella nostra vita, quali sono i comportamenti che appresi nell’infanzia ci impediscono di esprimere le vere risorse che abbiamo dentro di noi.
Proviamo a distinguere fra i nostri comportamenti, quali abbiamo imparato e usato come modalità difensive, con l’illusione di riuscire a proteggerci dalla solitudine e dal dolore. Sono quei comportamenti che utilizziamo in modo appreso e che scattano in automatico, mirano allo scopo di ricevere amore ma nella realtà ci si rivoltano contro dando come risultato la non capacità di rendere una relazione affettiva davvero autentica, dove la comprensione e l’ascolto mantengono viva la linfa per farla vivere a lungo.
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