Triennale d’Arte Contemporanea - Delle “50 lune di Saturno” quasi la metà sono donne. A Torino fino al 1 febbraio in mostra opere, materiali, video, installazioni in bilico tra ‘arte’ e ‘comunicazione’
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
T2, la Triennale d’Arte Contemporanea di Torino, riesce a centrare l’obiettivo di promuovere iniziative artistiche e culturali facendo “sistema”, contribuendo a uno sviluppo ben oltre il semplice svago. La continuità dell’impegno delle istituzioni e dei contributi di sponsor privati rappresentano una carta vincente, rendendo la città competitiva non solo dal punto di vista dell’offerta industriale e tecnologica, ma anche di quella culturale. Difficile decidere se elementi commerciali e culturali siano conciliabili, fino a che punto e con quali compromessi.
“T2 si configura come un osservatorio sui nuovi linguaggi dell’arte a livello internazionale, un progetto capace di offrire al panorama mondiale un appuntamento imperdibile per chi vuole sapere dove sta andando la produzione contemporanea”. Con queste parole è stata aperta la seconda edizione della Triennale da Gianni Oliva, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte e Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura della Città di Torino.
Sulla distinzione tra ‘arte’ e ‘produzione contemporanea’ sarebbe opportuno riflettere. Ci sono video, immagini, luci, opere a tecniche miste, tessuti, fotografie, installazioni, suoni. Ogni artista fornisce una particolare lettura della complessità del reale, attraverso tecniche espressive, mezzi e linguaggi diversi. Significati tra menzogne e verità, tentativi di stupire o di alzare i toni per emergere dal piattume, la corsa verso l’originalità a tutti i costi, fino alla onesta trascrizione di esperienze, come ad esempio la raccolta di lettere e fotografie di Nabih Awada. Akram Zaatari con Untold espone immagini di prigionieri politici in Israele che dal 1993 dopo una serie di lotte e richieste ottennero il diritto di essere fotografati una volta ogni sei mesi e di poter scambiare fotografie tra altri prigionieri o con familiari. Questa è una delle sale in cui il passaggio dal documentale all’emozionale riesce, ma ancora non ha il sapore dell’opera d’arte.
È un’esperienza ipnotica, alienante, surreale, sintesi di grottesco, kitsch e celestiale quella di Ragnar Kyartansson, con un ritornello cantato consecutivamente per un’ora in una sala foderata di satin rosa e che recita “Sorrow conquers happiness”. L’osservatore ascolta la melodia in un continuo e fiducioso stato di attesa del finale, in una semi-incoscienza delusa, tra confusione e ridicolo, come di fronte all’assurdità del mondo, rapito da note orecchiabili e poi sospinto alla resa, come di fronte al trionfo del dolore e della vanità.
Le opere esposte (qui, ma anche altrove) cosa hanno da offrire alla Bellezza? Linguaggi espressivi, opinioni, visioni del mondo sintetizzate in materiali e creazioni, spot a volte autopromozionali, slogan, comunicazioni sullo stato d’animo dell’artista, idee sul mondo e sulla politica, sensazioni a volte mediate da elementi intellettuali a volte no; se questa sia Arte sarà il tempo a dirlo. O le regole del mercato? O i galleristi? Domande sempre attuali. Rimane da capire quanto di ciò che ci circonda sia davvero utile, nuovo, interessante. Ma soprattutto ci sarebbe da capire che cosa sia meramente “bello”. Ci sono “opere artistiche” che si potrebbero definire saggi multimediali sul non senso, sulla precarietà del moderno, sulla globalizzazione, sul vuoto e la solitudine che viviamo. Manipolare materiali e codici per dire la propria idea (o non-idea) del mondo si chiama piuttosto “comunicazione”.
La mostra continua fino al 1 febbraio 2009 ed è organizzata dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e Fondazione Torino Musei. T2 è suddivisa in due parti; la prima è dedicata a due artisti affermati e di fama internazionale, Olafur Eliasson e Paul Chan; ispirazione, assimilazione e ribellione sono i temi della seconda parte, che vede coinvolti giovani artisti e artiste di diversa provenienza. Delle “50 lune di Saturno” quasi la metà sono donne.
Daniel Birnbaum, critico d’arte e curatore indipendente, nella presentazione della Triennale ha voluto sottolineare che “l’influenza cosmica, saturnina, è fonte di ispirazione. La malinconia è un tema interessante per l’arte che ha coinvolto i pensatori del passato. Non mi interessa dimostrare un’idea, ma vedere come gli artisti reagiscono all’idea. Ho spinto sul tema di Saturno per fare qualcosa di originale, per un evento particolare, in cui artisti da tutto il mondo hanno creato e sviluppato progetti appositamente per questa mostra. Malinconia non è depressione, ma trasformazione, – ha concluso Birnbaum – è creativa e produttiva, un ampio respiro che riguarda il mondo intero ed è portatore di innovazione”.
JENNIFER BORNSTEIN
Nata a Seattle, Washington, nel 1970, vive e lavora a Los Angeles. Sue opere sono state in mostra a Santa Monica, Los Angeles, New York, San Francisco, Mosca e Le Havre.
Nell’installazione di Jennifer Bornstein emergono la poetica delle piccole cose, della quotidianità, lo stupore e la meraviglia attraverso semplici stregonerie.
KERSTIN CMELKA
Mödling, Austria, 1974. Vive e lavora a Berlino, ha esposto a Vienna, Francoforte, Mosca, Düsseldorf e in Corea.
Introspettiva, psicologica, politica, multistabile, Kerstin Cmelka altera i contesti interrogando sé e lo spettatore sul misterioso labirinto significato/significante.
KOO JEONG-A
Vive e lavora a Berlino, nasce a Seoul, Corea del Sud, nel 1967. Ha esposto, fra l’altro, a Parigi, Berlino, Londra, Mosca, New York.
Gotica, effimera, semplicemente complicata, propriamente lunare e lunatica, l’opera di Koo Jeong A ben esprime il corpo a corpo dell’artista con la sua creazione.
SANDRA KRANICH
Nata nel 1971 a Ludwigsburg, Germania. Vive e lavora a Francoforte sul Meno, ha esposto anche a Monaco, Berlino, Magonza, Lubecca e Norimberga.
Questa installazione sembra stare al gioco di un minimalismo tra spettacolare e precario e della vulnerabilità degli elementi e dei simboli.
RIVANE NEUENSCHWANDER
Nata a Belo Horizonte, Brasile, nel 1967. Vive e lavora nella sua città natale. Ha esposto a Parigi, Minneapolis, Londra, Venezia, Lisbona, New York, San Paolo, Pittsburgh.
Spaesamento, virtualità, sperimentazione: queste le caratteristiche dell’installazione, che si avvale dei contrasti luce/contorno, piccolo/grande, semplice/complesso.
GIULIA PISCITELLI
Nata a Napoli nel 1965, dove vive e lavora. Ha esposto a Napoli, Palermo, Salerno, Benevento, Berlino e Cuneo.
In questo video è rappresentato, in tempo reale, il pasto completo di un anziano che pranza in compagnia dell’artista. L’indugiare della telecamera è sempre in bilico tra invadenza e intimità.
ANNIKA VON HAUSSWOLFF
Nata a Göteborg, in Svezia, nel 1967. Vive e lavora a Stoccolma. Ha esposto a Stoccolma e New York e ha partecipato alla collettiva Global Feminisms, Brooklyn Museum, New York, nel 2007.
Le fotografie di Annika Von Hausswolff catturano movimenti non solo dei corpi, ma anche delle identità soggettive, delle anime e dei ruoli: provocazione, dubbio, affermazione.
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