Silenzi e parole - Informazione, sesso e politica. Due dibattiti e un messaggio: visibilità per il pensiero femminista e rispetto per il corpo delle donne
Martedi, 10/11/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2009
La manifestazione del 3 ottobre indetta dalla Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) è riuscita e le donne (tanti anche i giovani) c’erano, ma con distinguo e critiche. Sul tema "Le nostre pratiche, le loro parole: donne - politica - informazione" si era tenuto in precedenza un dibattito alla Casa Internazionale delle donne (Roma) e in quella sede era stata richiesta “una onesta autocritica di giornalisti/e, direttori in testa, sulla loro ignoranza colpevole proprio perché dovuta alla totale assenza di curiosità” poiché le donne non hanno mai taciuto, ma silente è stato il sistema dell’informazione. “Pochissimi sono i colleghi, un po’ di più le colleghe interessate a capire il perché delle pratiche e del linguaggio politico di chi continua a mantenere il punto su quella rivoluzione permanente e non cruenta che va sotto il nome di femminismo o femminismi – hanno scritto Francesca Koch e Marina Pivetta -. Da decenni molte donne si sono intestardite a portare avanti questa nuova cultura considerandola indispensabile per la salute politica di questo povero Paese. Salute oggi minacciata da una violenza così aggressiva da permeare ogni cosa..... Una aggressione camuffata di volta in volta o in guerra di religione, o in guerra economica, o in guerra mediatica e non da ultimo in guerra politica”. Le femministe sono molto preoccupate per le deformazioni che la cronaca ha apportato al concetto di sessualità, connettendolo in modo perverso al concetto di potere. “‘Il personale è politico’ si è trasformato in ‘il privato è politico’ con tutte le conseguenze che oggi abbiamo sotto gli occhi. Oppure l’elaborazione e le pratiche relative alla libertà di poter decidere sulla propria sessualità, sul proprio corpo sono state aggredite dalla volontà di annullarne ogni valore etico per ricondurre il tutto a espressione di bisogni quantitativi propri della cultura del ‘libero’ mercato. Così il corpo si fa merce, acquista una proprietà transitiva, perde la forza dell’Io-dell’io sono mia. Diventa proprietà altrui”. Si sente un’urgenza di intervenire, di agire in modo che “tutte le differenze che si sono articolate in questi anni trovino un denominatore comune capace di farsi parola attiva, visibile, mobilitante”. La comune esigenza delineata è stata di “riattivare quella rete carsica capace di riproporre in ogni città il dibattito su questi ma anche su altri temi da individuare. Così da arrivare al 21 novembre ad una manifestazione nazionale”. Analoghe preoccupazioni ma diversa prospettiva hanno animato il dibattito del 10 ottobre, sollecitato dal documento Sesso e politica nel post patriarcato ("il manifesto") firmato da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi, Grazia Zuffa. L’analisi muove dallo scambio tra sesso, potere e denaro nel caso-Berluscono che occupa le prime pagine dei giornali da mesi e “parla del degrado della cosa pubblica, dell’uso privato delle istituzioni e del potere, dell’asservimento dell’informazione - non tutta, ma la maggior parte -, con conseguente aggressione ai pochi spazi di libertà e di critica”. Ma il cuore vero, osservano, è “la sessualità maschile e il rapporto con le donne di un uomo di potere. Ci troviamo di fronte a una sessualità e a un potere maschili che si esercitano su donne ridotte a corpi rifatti, per essere oggetti compiacenti di consumo. Nell’harem, a pagamento o meno, di Berlusconi la virilità è messa in scena come protesi del mito del capo”. Siamo al “dopo-patriarcato” che è “una nuova configurazione del conflitto fra i sessi”. Quello in mano maschile è un potere senza autorità e la scena è occupata da una “virilità tradizionale che si tenta di ripristinare contro la destabilizzazione dei ruoli sessuali provocata da quarant’anni di femminismo”. Le donne, intanto, come si pongono in un contesto che le vuole imprigionate in un’immagine ‘plastificata’ lontana dalla loro viva e vera realtà? E’ questo il lavoro da fare: “leggere la condizione femminile inforcando le lenti giuste per riconoscere tracce di libertà e forme di resistenza e dissociazione che si sviluppano anche laddove la politica e l’informazione non le vedono”. Un percorso difficile perchè ‘orfano’ di una politica autorevole e talvolta culturalmente connivente con il berlusconismo. Non ultimo “il patto a cui tutti si attengono nella selezione e cooptazione del ceto politico, femminile e maschile”. E’ invocata da tante una rinnovata presenza pubblica delle donne ed è ineludibile la domanda: quanto “siamo” disposte a rischiare “ciascuna nel suo contesto” per combattere il modello dominante? Obiettivo non più rinviabile: “dare alla parola femminile una forza più duratura dell’indignazione”.
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