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 Mai più casette di marzapane

Mai più casette di marzapane

Alcune considerazioni a partire dal caso di Reggio Emilia, ma non solo. (Valentina Muià, UDI Monteverde)

Mercoledi, 17/07/2019 - Hansel e Gretel è una delle fiabe più terrificanti e feroci che abbia mai sentito raccontare, da sempre mi disturba. Le vicende narrate nella fiaba dei fratelli Grimm sono alquanto note: Hänsel e Gretel vengono abbandonati nel bosco dal padre e dalla matrigna; i due fratelli cominciano a vagare nel fitto bosco, spaventati e soli, fino a quando non appare di fronte a loro una piccola casa. I due bambini si avvicinano alla casetta e, una volta vicini, notano, con grande stupore, che quest’ultima è fatta di marzapane. Hänsel e Gretel, affamati, si fiondano sulla piccola casa ed iniziano ad addentare i numerosi dolciumi che la compongono; poco dopo, una vecchietta dal docile aspetto esce dalla casetta di marzapane e offre ai due bimbi ospitalità. Hänsel e Gretel accettano l’offerta della signora ma, ben presto, si accorgono di essere prigionieri di una strega cattiva che intende mangiarli. Hänsel viene rinchiuso in una gabbia e messo all’ingrasso poiché troppo magro, mentre Gretel viene costretta a fare le pulizie di casa. Dopo mille peripezie e difficoltà, arriverà il tanto atteso lieto fine: Gretel riuscirà, con l’ingegno nato dalla disperazione, a gettare nel forno ardente la strega cattiva, libererà il fratello, ruberanno insieme l’oro della strega e, una volta ritrovata la via di casa, si ricongiungeranno, arricchiti, al padre. Una storia di abbandono, separazione, tradimento, cannibalismo.
Nelle ultime settimane però c’è una storia ancora più spietata e feroce che mi tormenta, è paradossale che il “luogo” da cui nasce abbia lo stesso nome di questa macabra fiaba.
La fine di giugno del 2019 ci sorprende e preme con violenza sui fianchi consegnandoci una delle storie più brutte e controverse degli ultimi anni, una storia che via via si gonfia di particolari raccapriccianti e ci racconta di una vera e propria associazione a delinquere individuata nelle attività della Onlus Hansel e Gretel e finalizzata all’allontanamento di minori dalle famiglie di origine sulla base di prove artefatte, per darli in affido ad altre famiglie. Le indagini coordinate dalla Procura di Reggio Emilia evidenzierebbero comportamenti scorretti da parte di psicologi e assistenti sociali; il caso dei/delle bambine di Bibbiano si ricollega inequivocabilmente, perché per molti versi simile, ad un’altra inchiesta che sul finire degli anni 90 portò all’allontanamento di decine di bambine e bambini dai loro genitori, accusati di far parte di un’organizzazione di pedofili capeggiata dal parroco di San Biagio e Staggia raccontata da Paolo Trincia nel suo libro “Veleno”. L’inchiesta sui servizi sociali della Val D’Enza prosegue, perciò non si commenteranno i fatti. L’intento non è quello di accanirsi su macabri particolari, strumentalizzare fatti a fini politici, nonostante sia questo ad oggi lo sport più praticato, né tantomeno di demonizzare intere categorie di professionisti/e. La scelta di prendersi del tempo per scrivere è figlia della ferma volontà di non unirsi alla spettacolarizzazione mediatica che spesso dà nutrimento ai pensieri delle viscere, appaganti rispetto alla visibilità ma poco utili alle riflessioni. Ciò che è successo e che continua a succedere ai danni dei e delle minori ci impone però una riflessione su un “sistema” che più che da correggere e rivedere sembra dover essere azzerato e riavviato. In un’intervista rilasciata a Panorama, che già anni fa si era occupata delle stranezze degli affidi in Emilia, Francesco Morcavallo giudice presso il Tribunale dei minorenni di Bologna dal settembre 2009 al maggio 2013 riferisce dei tanti percorsi che iniziano con la sottrazione alle famiglie e finisce con quello che lui definisce come un vero e proprio “internamento” negli istituti e nelle comunità governate dai servizi sociali. “Il Magistrato che ha combattuto una guerra anche culturale contro quello che vedeva intorno a sé ha tentato di correggere comportamenti scorretti e ha cercato di contrastare incredibili conflitti d’interesse, ha anche denunciato abusi e qualche illecito, è stato a sua volta colpito da esposti, e ne è uscito illeso, ma poi non ce l’ha fatta e ha cambiato strada: a 34 anni ha lasciato la toga”. In questa intervista rilasciata il 27 Giugno l’ex magistrato racconta di un modus operandi dove l’organizzazione era quella di fare prevalere l’impostazione dei servizi sociali sempre e inevitabilmente favorevoli all’allontanamento dei/delle minori. Tutto questo non ci sorprende quando parliamo di affidi e paradossi, basti pensare a quello, sovrano tra i paradossi, della PAS. Una teoria infondata, scientificamente inattendibile ma adoperata come strumento sistematico per sottrarre figli/e alle donne, nel caso che rifiutino di vedere il padre, senza fare adeguati approfondimenti sulle ragioni del rifiuto. Sui tristissimi episodi di violenza subita dai/dalle minori è intervenuto anche il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (…e Psicologhe!) tenendo a sottolineare che i fatti che vedono coinvolti/e alcuni/e professionisti/e non “devono mettere in secondo piano il grande impegno che quotidianamente miglia di psicologi e di psicoterapeuti mettono in campo per migliorare la qualità della vita di tutti gli italiani”. Il CNOP sta seguendo infatti, attraverso l’Osservatorio Deontologico nazionale, il caso dei due psicologi implicati nella vicenda di Reggio Emilia, ma respinge con forza ogni tentativo di strumentalizzare questa vicenda nella somministrazione di giudizi sommari che vanno a ledere una professione che vanta una “formazione tra le più lunghe e complete nel nostro paese”. Questo è un coro al quale sentiamo di prestare voce chiedendo però che anche l’Ordine si faccia carico di vigilare , di far sentire la propria voce, laddove serva e con presenza di faro quando i riflettori si spengono. Dello stesso avviso anche il Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali.
Siamo preoccupate e abbiamo tanti motivi per esserlo. Sappiamo che esiste una casistica di errori giudiziari causati anche da falsi ricordi di testimoni. Nel caso di abusi sui / sulle minori, quando è necessario un intervento psicologico per l’emersione dei ricordi di eventuali abusi, anche per ciò che si è appena detto, le tecniche utilizzate per far emergere i ricordi dei minori necessitano di una validazione più che salda da parte della comunità scientifica e gli operatori incaricati devono essere in possesso, non solo degli strumenti tecnici adeguati ma anche di grande esperienza e professionalità. Purtroppo non è sempre così.
Siamo preoccupate per il cronico sottofinanziamento delle politiche sociali e dell’enorme disparità a livello dei diversi territori nazionali, siamo preoccupate perché visti i nuovi provvedimenti questa tendenza sarà più accentuata.
Siamo preoccupate perché c’è bisogno di implementare i servizi pubblici, il servizio sanitario, gli enti locali e la scuola con un numero di psicologi/ghe adeguato e degno di un paese civile.
Siamo preoccupate perché in questa impostazione culturale il welfare è un costo e non un investimento, un sistema che “mette le pezze” spesso in maniera insufficiente e inefficace anziché essere spazio in cui si investe sul benessere della cittadinanza.
Siamo preoccupate per la vita, il futuro, di tutti questi/e minori a cui non basterà lasciare dietro sé dei sassolini o delle molliche di pane per “ritrovare la via di casa”, siamo preoccupate per tutte le casette di marzapane…
Siamo preoccupate di tutto questo silenzio che tanto assomiglia all’omertà! Ci sono momenti in cui dire è difficile ma necessario, mai come ora.
Mai stata zitta, mai state zitte.
Mai come ora.


Valentina Muià, UDI Monteverde

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