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Madri coraggio

Madri coraggio

Per Valerio Verbano - Commuove e cerca giustizia il reading tratto dal libro di Carla Verbano, di e con Alessandra Magrini

Colla Elisabetta Lunedi, 14/02/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2011

Fra i tanti episodi di violenza legati alle lotte politiche degli anni Settanta e Ottanta, uno dei più efferati fu senza dubbio l’omicidio di Valerio Verbano, un giovane liceale e militante del collettivo autonomo di Val Melaina, ucciso non ancora diciannovenne in casa sua - i genitori vennero legati ed imbavagliati dagli assassini che attesero il ritorno del figlio - al quartiere Trieste nel febbraio 1980 da un commando di Nar, la sigla neo-fascista che ne rivendicò l’esecuzione. Sono passati trent’anni: la mamma di Valerio, Rina Carla Verbano, una donna fuori dal comune oggi 86enne, dopo aver lottato per tutto questo tempo con incredibile forza e coraggio in cerca della verità e degli assassini del suo unico figlio, pochi mesi fa ha scritto, con l’aiuto del giornalista Alessandro Capponi, un bellissimo libro (Sia folgorante la fine, edito da Rizzoli), che ripercorre la storia di quegli anni e la sua, prima, durante e dopo la morte di Valerio. Lei, una donna all’epoca lontana dalla politica, a 50 anni ha imparato a sparare (per le minacce ricevute, rimasta sola dopo la morte del marito), a 80 ha fatto un corso di Internet ed aperto un blog a nome del figlio dove cerca, come le madri dei desaparecidos, le piste incrociate di nomi, fatti e date che potrebbero finalmente dare giustizia alla sua sofferenza. “Dopo 30 anni potrei ancora identificarli. Vorrei che venissero qui - scrive Carla - vorrei che suonassero alla mia porta e mi dicessero per quali motivi hanno ucciso Valerio. Io li aspetto”. Dal libro di Carla è stato di recente portato in scena, alla sua presenza, un reading video-teatrale, dal titolo Rosso Vivo, ospitato al Teatro dell’Orologio e realizzato dall’attrice-autrice Alessandra Magrini - con la collaborazione di M. Capoccetti Boccia, F. Marchese, aiuto regia, e V. Maggi, riprese e montaggio video - che dà vita ad estratti di pagine e brani salienti volti a ricostruire emozioni e momenti di vita vissuta, nonché episodi ed eventi degli anni di piombo del quadrante nord-est di Roma connessi alla storia di Valerio, col supporto di reperti audio e video d’epoca. Alessandra Magrini, della compagnia indipendente Attrice Contro, racconta come ha intrapreso questo viaggio.



Che significato ha per te interpretare questo spettacolo e quali legami hai con questa storia?

In genere, da autrice specialmente, cerco di proporre il teatro come stimolo al cambiamento sociale ed ho a cuore storie legate a militanti, a chi lotta per avere un mondo migliore. La storia di Valerio penso che ci appartenga un po’ a tutti, anche a me che sono di un’altra generazione, ma che spesso sono stata sulla tomba di Valerio con i pugni alzati, ha sempre risuonato dentro quest’uccisione così barbara e difficile da capire. Il testo di questo spettacolo è stato scritto dalla madre di Valerio, Carla Verbano, dalle pagine del suo libro, che tirano fuori verità molto scomode del nostro Paese, legate al dossier compilato da Valerio che, quasi sicuramente, è stato la causa della sua morte, dove veniva meticolosamente documentata la collusione tra alcuni gruppi eversivi di estrema destra ed apparati statali (il dossier, esaminato dal giudice Amato, a sua volta ucciso dai NAR tre mesi dopo, non fu mai restituito alla famiglia, ndr.). Valerio a 18 anni, con la sua passione per la fotografia, ha sacrificato la vita perché voleva scoprire come era entrata l’eroina nel suo quartiere e rispondere alle domande che s’era fatto durante la militanza. Poiché anch’io sono madre, ho cercato di immedesimarmi nella sofferenza di Carla, pur non potendo veramente conoscerla.



Che donna è Carla Verbano e perché ha scritto questo libro proprio adesso?

Carla è una donna da cui tutte le donne dovrebbero prendere esempio. Quando si parla di Carla, si parla di una donna senza età, potrebbe avere venti o trent’anni, ha una forza incredibile; probabilmente se è uscita dal silenzio ora ed in maniera così forte, dopo anni di terribile sofferenza, l’ha fatto per cercare giustizia, per trovare gli assassini di suo figlio e non solo. Secondo me Carla ha fatto un regalo a tutti noi, perché attraverso il libro ci mostra l’Italia di quegli anni, le collusioni con la mafia e se ci guardiamo oggi ci accorgiamo di essere figli di quegli anni.



A quali spettacoli e ruoli di donne sei particolarmente legata e cosa pensi della mercificazione del corpo femminile portata avanti dal mondo dello spettacolo in questi anni?

In teatro sono molto legata allo spettacolo, che è ancora in replica, Madama CIE: rievocazioni estemporanee di una divisa scoppiata, una rivisitazione di Lady Oscar ai giorni nostri, storia di una guardia donna che si trova ad operare all’interno dei centri di identificazione ed espulsione, poi il Musical Ribelle-Madama CIE incontra Roma Meticcia, con un testo mio e musiche di Assalti Frontali e Rosso Vivo. Faccio poco cinema, da quando ho visto che alcune porte si sarebbero aperte solo usando il corpo sotto le sedie dei produttori o di certi registi italiani, allora ho cercato di tirare fuori me stessa, scrivo perché ho cose da dire: per il lavoro che porto avanti vengo spesso chiamata dai Centri Sociali, dalle piazze, dagli operai, ho fatto uno spettacolo dentro le mense dei cantieri navali a Napoli, quelli sono i miei Oscar, o la tuta regalatami dall’operaia dell’ILVA, al teatro, che mi dice di portare alta la “nostra” bandiera. Ogni volta che una donna si vende, ai festini, deve pensare che ci sono donne che sono costrette a farlo e invece di reagire, perché si è donne libere, ci si mette sullo stesso piano, pur non essendo schiave di nessuno: questa è una forma di prostituzione del mercato del cinema e del teatro. Bisogna ambire a parlare delle persone comuni con il proprio operato e con il proprio essere e le donne devono rialzare la testa in questa società che tende sempre a mercificare il corpo femminile.



DIDASCALIA

Foto di Antonietta Crasto



(14 febbraio 2011)

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