Società/ Casa “dolce” casa - Sola, incompresa, Mary ha ucciso anche sé stessa
Giuliana Dal Pozzo Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2005
Ora che a Castiglione delle Siviere la sua coscienza riemerge giorno dopo giorno, Mary Patrizio rivive l’orrore del suo gesto. E’ seguita nell’iter doloroso del ricordo da neuropsichiatri, psicologi e assistenti, che l’aiutano a diradare la nebbia dei suoi pensieri per guarirla e restituirle, se possibile, una vita normale. In questo carcere sono rinchiuse altre donne come lei, colpevoli dello stesso delitto: tutte hanno ucciso un figlio.
Un atto così spietato verso esseri innocenti e spesso tanto desiderati non può essere né accettato né giustificato dalla mente umana, anche se la storia e la cronaca riportano tragedie simili in tutti i tempi.
Per esorcizzare il fantasma della follia che può arrivare improvvisa e per dare ai casi più incomprensibili il crisma dell’eccezionalità, cerchiamo di trovare alcune tracce riconoscibili di un tragitto femminile pericoloso e inspiegabile.
La solitudine. Mary viveva in un piccolo borgo dove tutti si conoscevano eppure nessuno ha colto i segnali di un disagio che da tempo covava in lei. Eppure è inquietante considerare che questa tragica storia si è svolta in un clima di grande affetto verso la madre assassina da parte dei genitori, degli amici e del marito che, disperato per la perdita del suo bambino, oggi si preoccupa di rassicurare la moglie del suo perdono. Tuttavia lei non ha potuto confidare il turbamento interiore che la faceva soffrire, portandola alla fine a infierire contro suo figlio. Mary esprime quindi quel senso di solitudine e di straniamento conosciuto da tante persone che, pur non arrivando ad azioni estreme, conducono una vita difficile e dolorosa in solitudine.
Il falso pudore. I segnali di pericolo nella vita di Mary non sono stati facili da cogliere, forse perché lei, più o meno consapevolmente, li rendeva incomprensibili e difficilmente decodificabili. Forse per paura di essere inadeguata a fare la madre, come ha detto dopo l’arresto, forse per non deludere chi la stimava o forse per il timore di non essere compresa nelle sue ansie, in particolare da quelle madri più serene e più realizzate di lei.
Il suicidio. Ma chi è la vittima in questo dramma? Certo il piccolo che non ha potuto difendersi dalle mani della madre che tante volte l’aveva accudito premurosamente. Ma esiste una seconda vittima ed è la stessa Mary che, mentre uccideva suo figlio, uccideva se stessa. Annullava di sé la parte più vitale, che aveva creato, che rappresentava il futuro. Anche se uscirà dal carcere e verrà considerata guarita, questa ferita che ha inferto alla sua esistenza sarà una ferita mortale. Queste madri assassine sono soprattutto madri suicide.
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