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Ma le tate non sono le baby sitter

Ma le tate non sono le baby sitter

Tata Matilda e le baby sitter non sono la stessa cosa. Età, competenze, contenuti dell'educazione: alla fine sono gli asili pubblici quelli che somigliano di più alle "tate".

Lunedi, 14/06/2010 - Anche se non vedo molto la tv, l’altra sera (giovedì) ho visto SOS Tata su La7.



Confesso che non mi è affatto dispiaciuto: programma “popolare”, un reality, ma tutt’altro che stupido. Una famiglia, alle prese con i figli pestiferi, chiede soccorso ad un centro specializzato, che manda una tata per risolvere il caso in una settimana.



Alla fine, qualcosa insegna sulle relazioni fra genitori e bambini, grazie alle efficienti e superspecializzate “tate” (tate vere, non attrici che recitano il ruolo), le quali spiegano in modo semplice “come si fa” a tirare su figli meno nevrotizzati e ad essere genitori meno masochisti, più generosi, forse più felici, ecc. E anche grazie alle famiglie, che si prestano a fare da cavie.



Insomma, merita una piccola segnalazione: chissà che non aiuti a curare la nostra “anoressia demografica” e soprattutto il nostro analfabetismo verso i bambini?



Non contenta della tv, ho visto che vicino casa facevano “Tata Matilda e il grande botto“, il film di Emma Tompson, e coraggiosamente sono andata a vederlo. Non faccio una recensione del film (due ore di visione accettabile per gli adulti, molto consigliabile per i bambini), perché quello che mi interessa è un’altra cosa: la differenza fra la “tata” del film (o quelle della fiction tv) e le nostre baby sitter.



Anzitutto l’età: le baby sitter spesso sono ragazze che al massimo hanno finito le superiori (per combinazione fortunata, non perché le famiglie espressamente lo richiedano), le tate sono signore mature e autorevoli, sicure del fatto loro. Le baby sitter di solito giocano con i bambini, oppure li sorvegliano (sono una specie di “badanti” addette ai piccoli), difficilmente li educano, anche perché loro stesse sono ancora in formazione.



Tra l’altro utilizziamo un termine tradizionale (tata) per identificare una figura professionale poco diffusa da noi, e un altro inglese (baby sitter), per designare invece un ruolo molto presente nelle famiglie italiane. Ma la lingua non sempre è coerente, si sa.



Due parole sul metodo e sui contenuti dell’educazione delle tate. Il metodo lo definirei: “fermezza affettuosa”. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto per un genitore che è invischiato nei ricatti affettivi ed è privo della “distanza” che permette alla tata una diagnosi più serena. Contenuti sono le virtù civiche: rispetto, collaborazione, coraggio, responsabilità, fiducia. Non per niente Tata Matilda è mandata dall’Esercito…



A mio modesto parere, quanto di più vicino alle “tate” sono certi asili nido pubblici ben funzionanti (il mitico Reggio Emilia Children), e non certo le ragazzine cui rischiosamente affidiamo i nostri bambini...

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