Donne Impresa - Riflessioni sull’impatto della globalizzazione per le imprese condotte da donne.
Rita Casula Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008
Il 5° Osservatorio sulla imprenditoria Femminile Artigiana, presentato nell’ambito della annuale Convention di Donne Impresa (Roma 9-10 luglio 2008), che quest’anno si è declinata sul macrotema “Donne, Sviluppo, Democrazia”, ha proposto, fra l’altro, alcune interessanti riflessioni sull’impatto della globalizzazione verso le imprese condotte da donne.
In termini complessivi, il 37% delle imprenditrici intervistate si è detta convinta che la globalizzazione apre il mercato del lavoro non solo in termini di rinnovate opportunità di fare impresa ma anche nella ricerca di professionalità nuove nonché in un maggiore accesso alla innovazione tecnologica, soprattutto per quanto concerne le aziende di produzione e di servizi alle persone.
In particolare gli aspetti maggiormente positivi sono stati indicati nella maggiore concorrenza tra fornitori di beni/servizi (25,2%), più mercati di sbocco per le imprese (23,2%), più opportunità lavorative (17,1%).
Gli aspetti negativi sono stati invece individuati nella concorrenza sleale (33,4%) e con i Paesi emergenti (19%), nell’aumento delle materie prime (13,8%), nel lavoro precario (12,9%).
In generale, la consapevolezza è che, per tornare a competere, le aziende debbono guardare verso la internazionalizzazione: infatti le imprese che hanno un mercato di riferimento più ampio mostrano andamenti in totale controtendenza rispetto a chi sta subendo le contrazioni del mercato nazionale. Un trend positivo si rileva a livello di crescita: tra il 2000 ed il 2007 il numero delle imprese al femminile è aumentato del 7,2% con punte nel Mezzogiorno del 9,6%, portando il numero delle imprenditrici e delle lavoratrici autonome a 1.591.300 , il più alto nell’ambito dei Paesi UE. Per contro l’Italia continua a mantenere il primato negativo della occupazione femminile: il 46,6% contro il 54,7% della Spagna ed il 60% della Francia, sottovalutando che più lavoro femminile significa più reddito, maggiori consumi, servizi di sostituzione al lavoro domestico ed alla organizzazione familiare e in ricaduta creazione di nuovi posti di lavoro.
Un percorso di pari opportunità verso cui il nostro Paese sembra ancora procedere con incertezza, una incertezza percepita fortemente dalle imprenditrici: oltre la metà delle intervistate afferma che in Italia “democrazia” non è sinonimo di “pari opportunità”.
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