Lyudmila ha ottenuto che i funerali del figlio si potessero svolgere a Mosca. La forza del suo gesto e la potenza della sua parola, in quanto MADRE di Aleksej Naval'nyj
Martedi, 05/03/2024 - Non una madre, ma LA MADRE Lyudmila. L’insuperato simbolo di forza silenziosa, vitale, coraggiosa che muove le montagne. E’ a lei che si deve, per questa sua capacità e senza alcun dubbio, che il funerale del figlio Navalny si sia tenuto a Mosca venerdì 27 febbraio. Il potere ha dovuto 'concederlo'.
Mettendo a rischio il proprio futuro, migliaia di russi hanno partecipato alle esequie e ancora continuano a recarsi al sepolcro per portare un fiore e una testimonianza. Ancora oggi e chissà per quanto.
Lyudmila Navalnaya col suo silenzio, infranto solo da un deciso diniego, ha detto no alle proposte inaccettabili, ai ricatti e alle minacce degli uomini di Vladimir Putin. No ad una sepoltura segreta, nel gelo, nel silenzio e nella solitudine della colonia penale situata nella regione artica, dove si è recata subito dopo la notizia della morte del figlio.
La sua richiesta, ripetuta, è stata quella di un funerale a Mosca per suo figlio, che solo una settimana prima (il 12 febbraio) aveva incontrato trovandolo ”pieno di via”. E poi l’accettazione di firmare il certificato di morte solo dopo aver ottenuto di vedere il corpo del suo Navalny su cui, tra l’altro, avevano minacciato di infierire intimandole una complicità di fatto, se voleva vederlo.
Il silenzio, oltre l’essenziale, resistenza alle proposte inaccettabili, omertose, ricattatorie a cui Lyudmila ha risposto rivolgendosi a Putin in prima persona: perché le restituisse il corpo del figlio concedendogli la dovuta, degna sepoltura a Mosca.
E’ così che ha ottenuto quel che voleva.
Lyudmila LA MADRE, che in contemporanea a Yulia, la moglie, che dall’estero esprimeva il suo amore per il marito e dichiarava di essere pronta per prenderne il posto nella lotta, mano nella mano col padre di Navalny ha continuato la sua lotta potente.
L’ha spuntata, così, su una macchina repressiva spietata, riuscendo tra mille inciampi a vedere svolgersi il funerale a Mosca, nel quartiere dove Aleksej ha vissuto a lungo, un funerale a cui hanno partecipato alcune migliaia di russi. Donne e uomini per i quali la presenza al funerale significa rischiare molto: essere identificati e messi sotto il mirino della repressione, forse perdere il lavoro e tutto il peggio che può accadere a chi si oppone a Putin.
Ma se sono i fatti quelli che contano, da cronaca e racconto, i funerali di Aleksej Naval'nyj un giorno saranno storia. Una storia legata all’orrore della repressione, ma che non può che sottolineare ed evidenziare cosa possa “valere” una parola vissuta, come quella di Madre. E questo con un particolare plusvalore e un risultato non casuale proprio in Russia, forse unico paese che nella storia si è definito “La grande Madre Russia", appunto.
Il Paese che del romanzo ”La Madre”, pubblicato nel 1907, ha fatto uno dei testi più importanti e significativi della propria storia e di cui, non trascurabile elemento, Maksim Gorkij è autore oltre che politico considerato padre del realismo socialista. Pelajeia, protagonista del romanzo, rappresenta una figura di MADRE con tratti che ricordano non poco Lyudmila. Entrambe, con i figli e insieme ai figli, contro l’ingiustizia del potere: quello degli Zar per Pelajeia, contro gli operai in rivolta alla vigilia della Rivoluzione del 1905-1907, quello del nuovo Zar Putin nel 2024 per Lyudmila.
LA MADRE dunque, che quando viene interpretata con la forza che arriva a ricordare il primitivo simbolo della Madre Terra, porta in sè una forza difficilmente traducibile in spiegazioni semplici sui risultati che raggiunge. Ma proprio perché sono avvenimenti feroci, terribilmente reali e concreti quelli che hanno riguardato la morte di Navalny, allora alcune sue parole strategiche, rivolte a chi lo ha seguito per anni, a cui peraltro si è attenuta in primis Lyudmila Navalnaya, possono utilmente essere citate riportandoci alla gravità dei fatti. “Non manifestate solidarietà a me ripetendo che siamo tornati ai tempi di Stalin. Concentratevi su un solo pensiero, davvero importante: cosa posso fare personalmente per resistere? Ricordate: non c’è vergogna nella scelta di resistere, ma c’è n’è molta nel non far nulla (Aleksej Naval'nyj)”.
Paola Ortensi
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