Oltre a scegliere cinque "eccellenze femminili" come candidate alle elezioni europee, Luigi Di Maio privilegi le innumerevoli donne comuni richiedenti da mesi il ritiro del ddl Pillon
Mercoledi, 17/04/2019 - Il leader politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, nel presentare l’altro giorno le capilista alle Europee del prossimo 26 maggio, Alessandra Todde, Chiara Maria Gemma, Daniela Rondinelli, Maria Angela Danzì e Sabrina Pignedoli, ha tenuto a precisare che: “Qualcuno dice avete candidato 5 donne, io dico abbiamo candidato 5 eccellenze per la loro storia personale, cultura ed esperienza professionale.”. Non entrando nel merito delle caratteristiche in capo ad ogni singola candidata, non sfugge il valore simbolico di siffatta scelta. In una nazione come la nostra, in cui in materia di pari opportunità l’Italia è il fanalino di coda tra i maggiori Paesi avanzati, investire politicamente nelle donne assume una precisa valenza. Soprattutto per le donne italiane, che in questi frangenti storici sentono più che mai il bisogno di sentirsi tutelate nei loro bisogni, aspettative e diritti da rappresentanti istituzionali in grado di onorarli nelle singole sedi d’appartenenza. E, soprattutto, laddove le loro attese siano evidenziate da imponenti mobilitazioni, che le vedono particolarmente coinvolte, in prima persona, su decisioni che riguardano le loro vite.
Se veramente si vuole mettere mano ad una revisione della legge 54/2006, che tenga conto delle specifiche problematicità dell’affidamento familiare, non si possono fare colpi di mano, come quello preliminare di prevedere che il ddl Pillon fosse discusso in commissione fino ad arrivare ad un testo su cui l’aula parlamentare avrebbe dovuto esprimere solo il voto finale. Dal 9 aprile la modalità di formazione del testo normativo è stata modificata, perché in Senato ogni forza politica potrà produrre emendamenti, su cui di volta in volta raccogliere consensi prima del voto conclusivo in aula, ma resta di base il ddl Pillon. Come se le decine di audizioni parlamentari, fortemente critiche al suo riguardo, non fossero servite a niente, come se oltre 170.000 firme in calce ad una petizione richiedente il ritiro del ddl Pillon fossero quisquiglie, come se una costante protesta delle donne italiane valesse men che niente.
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