Lucia Annibali - Io ci sono. La mia storia di non amore.
Alle donne voglio dire: voletevi bene, tanto, tantissimo. Credete in voi stesse e sappiate che ogni atto di violenza subita non dipende mai da voi che amate l’uomo sbagliato ma da lui che lo commette.
Giovedi, 22/05/2014 - È a dir poco raccapricciante scoprire fino a che bestiale cattiveria può arrivare un essere umano. Concepire di pagare qualcuno per sfregiare irrimediabilmente con dell’acido una donna, la tua donna, quella a cui hai già mentito mille volte. E non solo. Questo racconta Lucia Annibali – con l’aiuto della penna di Giusi Fasano, giornalista del Corriere della Sera -: ci racconta del processo che ha condannato a vent’anni di carcere il suo ex fidanzato, ci racconta della sua storia di “non amore”, perché di amore in quello che le è capitato davvero non ce n’è, di come era diventata una vittima consapevole dei suoi stessi sentimenti, incapace però di ribellarsi con forza a ciò che subiva; ci racconta del suo viso, della fatica fatta e del dolore patito per riconquistarne ogni centimetro. Ma soprattutto ci racconta la storia di una rinascita, un’incredibile rinascita. Lucia racconta che dopo aver vissuto i terribili minuti dell’agguato è rinata, è cambiata completamente, ha maturato una forza di volontà, un coraggio, una speranza e un ottimismo che prima non le appartenevano. Riesce perfino a ironizzare sul “guardare avanti” nei giorni in cui ancora non sa se tornerà a vedere o no, dato che l’acido è arrivato fino alle cornee dei suoi occhi. Inserisce nel libro perfino alcune foto dei giorni del ricovero, bendata e poi segnata dalle cicatrici; foto di fronte alle quali restare indifferenti è veramente impossibile. Molte donne al suo posto si sarebbero lasciate andare al dolore, alla sofferenza fisica e psicologica, e invece lei no: utilizza questo dolore per migliorare la propria vita, sperando di riuscire a migliorare un po’ anche quella di qualcun’altra donna.
Scrive Lucia: «Io immagino una “ragazza X”, una qualsiasi, che leggendo di me decide di non subire, di denunciare, di rompere il silenzio su una situazione violenta. Mi dico che, se raccontare la mia storia può salvarne anche soltanto una, ne sarà valsa la pena. Ma so anche fin troppo bene quanto sia facile rimanere impigliata nelle spine di un amore, quanto si possano sottovalutare gli stessi cartelli che io per prima non ho letto: “Attenzione. Allarme”. Eppure sono andata avanti ignorando tutto. Ecco. Basata soltanto ripensare a quel che è successo a me per capire le mille altre Lucia in difficoltà e incapaci di reagire se non quanto è ormai troppo tardi.»
Lascia un Commento