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L'orgoglio di combattere

L'orgoglio di combattere

Professione donna - 'Credo che la dimensione collettiva sia indispensabile, credo che a piccoli passi e dal proprio vissuto si possa costruire un’idea diversa della società rispetto a quella che ci hanno imposto'

Silvia Vaccaro Lunedi, 07/03/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2011

Nice Leofreddi ha 53 anni e da 25 anni è operaia in una multinazionale e delegata FIOM. È sposata e madre di Giorgio, studente di 17 anni.

“Sono indignata e preoccupata perchè questo paese sta andando alla deriva, principalmente per le donne che da sempre in Italia si sono fatte carico del lavoro di cura. Nonostante le tante battaglie che ognuna ha fatto, nel sindacato o nei partiti, stiamo tornando indietro. La politica è sempre più lontana e nemica delle donne e degli uomini, taglia risorse e abbatte le frontiere civili che abbiamo costruito. Sono preoccupata, soprattutto per mio figlio, che non abbia un futuro come tanti altri. Questi giovani sono accusati di non essere umili, ma in realtà lo sono anche troppo. Nella mia azienda lavorano laureati e diplomati che fanno di tutto e per conquistarsi un lavoro (neppure certo), sono sbattuti in giro per il mondo e poi finiscono vicini a noi operai, che non abbiamo la loro formazione culturale. Sono preoccupata per questa politica che sta rimandando le donne a casa. Il caso Fiat è drammatico emblema: una donna costretta a farsi carico della famiglia, di ritmi di lavoro come quelli che chiede Marchionne con stipendi bassi, alla fine si rassegna a torna a casa. Se se lo può permettere. Invece, se non può, deve caricarsi di tutto.

Mi dispiace tanto che il lavoro - quello ‘vecchio stile’, quello umile, quello produttivo e manuale - abbia ripreso il suo valore, oggi, solo a seguito del caso Fiat. Eravamo stati cancellati, eppure ci siamo e produciamo ricchezza.

L’azienda dove lavoro è molto all’avanguardia, è molto tecnologica e fa ricerca e innovazione, ma si regge su un indotto spaventoso fatto giovani precari e di donne alle quali ancora oggi viene chiesto di firmare la lettera di licenziamento in bianco se aspettano un figlio, persone che non vengono riconfermate perchè aspettano un figlio, persone che vengono ricattate tutti i giorni, che lavorano 10 ore al giorno ai quali non è chiesto di fare lo straordinario perchè è scontato che lo facciano. Si fa fatica a far capire loro che hanno dei diritti. Dovremmo ricostruire una coscienza civile, si è persa la coscienza del diritto. Altro che umili, sono disposti a tutto! Per fortuna in alcuni settori (del sindacato e della politica) ci si è resi conto che questa situazione è insostenibile e si sta cercando di costruire un’unione tra il mondo del lavoro e quello della conoscenza a partire da un’analisi delle problematiche e anche dallo stare insieme. Credo che la dimensione collettiva sia indispensabile, credo che a piccoli passi e dal proprio vissuto si possa costruire un’idea diversa della società rispetto a quella che ci hanno imposto. Il problema è la solitudine. Essere in un’organizzazione non mi fa sentire sola, ma nella mia realtà produttiva mi sento sola. Siamo 290, ma in poche condividiamo una visione della società e si fa fatica a far passare queste idee: molte hanno paura, molte non vogliono rinunciare allo spazio che si sono costruite, molte sono demotivate. Mi spaventa questa rassegnazione, ma allo stesso tempo mi appassiona e, da capricorno, sono tenace. Sono convinta che un’altra vita è possibile, è un lavoro che va fatto con costanza, anche parlando dei reality per mettere in evidenza le contraddizioni. Talvolta mi sento impotente, anche perchè le questioni che le donne pongono sono troppo grandi. Empatizzo molto con le mie compagne di lavoro, anche se a volte mi fanno rabbia. Vedo che mancano di informazioni e di strumenti culturali per capire oppure non ce la fanno perchè devono correre sempre dietro ai bisogni delle loro famiglie. È dura parlare e parlare, spiegare sempre ed essere un punto di riferimento. Però sono orgogliosa di aver raggiunto dei risultati. Tempo fa lavoravo in una piccola azienda e ho subito sulla mia pelle il test di gravidanza prima di essere assunta. Facemmo un accordo sindacale per cui anche le donne in maternità percepivano il premio di risultato (anche se non avevano partecipato direttamente alla produzione). Conquistammo anche pezzi di formazione per le donne che rientrano in fabbrica dopo la maternità. Di questi, e di altri risultati sono stata orgogliosa, ma oggi sarebbero impensabili visto che si fa fatica a conquistarsi un posto di lavoro per le donne nell’azienda in cui oggi sono occupata. Di certo rimango convinta della validità delle battaglie in difesa delle libertà, della dignità, dei diritti e della democrazia per tutti e tutte, contro ogni violenza e contro i ricatti”.





(7 marzo 2011)

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