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Loredana Furno, nata danzando - di Mirella Caveggia

Loredana Furno, nata danzando - di Mirella Caveggia

Intervista a Loredana Furno, che ha portato ai vertici internazionali il Balletto Teatro di Torino

Martedi, 04/08/2009 -

Forse Loredana Furno, la ferrea e gentile “imprenditrice della danza”, che ha portato ai vertici internazionali il Balletto Teatro di Torino, è nata danzando.


Mestiere, arte, vita: cos’è per lei la danza?

È vita. Ne è la ragione. Tutta la mia esistenza ha turbinato intorno alla danza; dall’età di nove anni alla scuola del Teatro Regio di Torino, dove sono stata prima ballerina e coreografa. Fino adesso che la scuola sono io a farla.



La sua vita artistica si è espressa anche attraverso forme di organizzazione sofisticata, fino a fare di lei una personalità nella programmazione artistica. La sua evoluzione è stata influenzata da mutazioni, dal caso, dalla fortuna?

No, semplicemente dal mio modo di essere. Presto, molto presto ho avuto il desiderio di fare partecipo gli altri di quanto avevo appreso. Da ragazzina, all’uscita dalle lezioni organizzavo nel giardino di casa esercizi alla sbarra per gli amici. Nel corso di una carriera cresciuta normalmente, ho sempre sentito la necessità di avere un gruppo con il quale esprimermi, di non ballare solo per me. Durante la lunghissima attività svolta in quasi cinquant’anni ho sempre cercato di aprire luoghi dove la danza potesse trovare uno sfogo anche per altre compagnie che affiancavo al mio spettacolo: come nel festival “Acqui in palcoscenico” o in quello “dei Laghi”, come ad “Asti danza” o nell’ultimo alla Fortezza del Priamàr di Savona. Sarà così anche per la straordinaria struttura che è stata appena assegnata alla nostra Compagnia.


Appunto di questa volevo parlare...

Il comune di Collegno ha ristrutturato l’antica Lavanderia a Vapore del complesso dell’ex-ospedale psichiatrico, un insieme di edifici bellissimi, molte ancora in attesa di altri interventi. Il sindaco, Silvana Accostato, donna efficiente e di grandi  intuizioni, ha trovato i fondi. Non so come diavolo, ma li ha trovati. Si trattava di assegnare una funzione allo spazio rinato, ma quale? A restauri ultimati, il Comune ha lanciato un bando per l’assegnazione su un progetto artistico di una compagnia di danza residente e all’altezza di organizzare attività di danza e corsi di perfezionamento a livello internazionale. Al primo bando, a cui non ho partecipato, lo spazio non è stato assegnato per mancanza dei requisiti richiesti. Ho risposto al secondo. Ho vinto con un bel punteggio e ho sottoscritto un contratto che ci permette di farne l’uso che si ritiene opportuno. In questa Maison de la Dance, l’unica in Italia, si svolgerà la stagione invernale che si apre il 1° ottobre 2009 con lo spettacolo “Dal sublime al Punk” con la compagnia della coreografa Karole Armitage.


Il BTT che dirige ha creato lavoro?

Oltre 15 dipendenti e collaboratori aiutano a gestire contemporaneamente quattro festival estivi, una rassegna invernale, la rassegna di Asti, tutta l’attività della compagnia e una scuola d’alto livello.



Cosa occorre nell’organizzazione oltre al carattere d’acciaio?

La curiosità, che mi spinge a esaminare a fondo tutto quello che mi attira, a ricercare sempre il nuovo, sia nella vita che nei progetti.



Uno dei suoi punti di forza è anche Matteo Levaggi, il suo coreografo stabile. Che ne dice?

Nativo di Chiavari, a 14 anni si è iscritto alla nostra scuola e subito ha rivelato il suo talento di ballerino e di creatore Dopo un’esperienza importante con Bigonzetti all’Ater Balletto, e un tuffo nel mondo televisivo che lo affascinava - due mesi con la Carrà - è tornato fra noi con l’intenzione di fare una coreografia sulla Salomé di Wilde. Il progetto pareva sconsiderato per i suoi vent’anni. Ma la visione era originale: lui nel ruolo del titolo, sarebbe apparso asessuato come la Luna. Io con il manto di Erode, né uomo né donna, avrei incarnato solo il potere. Presente al Festival dei Laghi, il critico di danza del País ne ha immediatamente lodato le qualità di coreografo di questo giovane artista. Un lancio formidabile. Ora Matteo Levaggi non danza più, ha capito che le cose vanno viste con distacco. Ma continua la nostra collaborazione, frutto di un’intesa che lo ha lasciato evolvere in libertà.



Ottimi successi, tournée continue e viaggi all’estero frequenti: da Lione, che le ha commissionato una prima assoluta “Primo toccare” a New York, dove il direttore artistico del Teatro Joyce vi ha scritturati per una settimana a ottobre. E l’inaugurazione alla Lavanderia con “Giselle”, insuperato capolavoro romantico, è stato applaudito anche grazie a due grandi interpreti di Dorothée Gilbert e Christophe Duquenne, primi ballerini dell’Opéra di Parigi. A proposito. Quella è una storia che si esprime con chiarezza. Oggi però la danza tende ad essere gesto puro, astratto. Incontra di più il gusto del pubblico la formula classica o quella contemporanea? Nei festival che vanno per la maggiore, magari interessantissimi per qualità e linguaggi, oggi è di moda “la non danza”. Ma io porterò alla Lavanderia a Vapore “la danza”, che non deve sempre per forza  raccontare delle cose.


Per i tagli praticati, si sono rese necessarie delle contrazioni?

Noi abbiamo avuto sempre contributi esigui, non risentiamo assolutamente dei tagli. Quando sento parlare di 500.000 euro per fare un festival…Beh, forse se gliene sottraggono un po’… Io con 100.000 euro devo sostenere la gestione dell’ex-Lavanderia, riscaldamento e illuminazione compresi. Penso che l’assistenzialismo dovrebbe finire. Se nessuno avesse questi megacontributi ci sarebbero meno festival inutili e più novità.


Lei è sempre bella. Lo deve anche alla danza? Si esercita ancora alla sbarra?

Ogni giorno. Ho lasciato il palcoscenico, non la danza, che mi è rimasta dentro, mi continua a temprare il carattere, a innestare costanza, disciplina, precisione nella vita e nel lavoro.


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