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Lombardia / Piccoli, piccoli passi. In avanti?

Lombardia / Piccoli, piccoli passi. In avanti?

Elelzioni regionali / Preferenze cercasi - Il 50e50 è inutile senza la doppia preferenza. Intervista a Sara Valmaggi, Vicepresidente del consiglio della Lombardia”

Marina Caleffi Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

Nel Vangelo secondo Tommaso, Gesù cui viene chiesto dove si può trovare la propria salvezza, risponde “Ovunque non vi siano donne”. Risposta gnostica, se mai ve ne fossero…

La citazione è di Cioran, e con un filo di amara ironia possiamo aggiungere che allora quel posto è il Lazio e la Lombardia….ma anche tante altre Regioni in Italia, dove ogni rivoluzione è datata, perché si fa con sopravvivenze ideologiche. In ritardo rispetto al cammino del mondo, e dello spirito stesso del Paese.

Il dibattito intorno alla rappresentanza politica delle donne per qualcuno sarebbe addirittura un contenuto astratto, superato. E lo sarebbe se il nostro Paese fosse un filo più europeo. Mi viene in mente un aneddoto: un francese chiede ad un delegato sindacale svedese: “Che cosa può desiderare ancora un operaio/a in Svezia? Ha tutto, non c’è più nulla che si possa desiderare.” Il delegato risponde: “Sì, i doppi servizi”. Mutatis mutandis, questo è quello che vorrei rispondere a chi pensa che la rappresentanza politica femminile abbia raggiunto quasi lo zenith a questa tornata elettorale, che tinge con oltre il 30% di rosa il Parlamento.

Ironia della sorte, negli stessi giorni, accade in Lombardia: 15 donne su 80 eletti in Consiglio regionale, il 18,75% circa. E il dato interessa tutti i partiti, nessuno escluso. Il Pdl ne elegge 1 su 19, lista Maroni 4 su 12 (meglio), Lega Nord 3 su 15, Fratelli d’Italia 0 su2, il Partito dei Pensionati 1, M5S 3 su 9, Patto civico per Ambrosoli 1 su 5, Pd 2 su 17. Dunque 3 donne in tutto espresse dallo schieramento di centro sinistra su 22 consiglieri. Possiamo dire che in Lombardia le pre/omesse elettorali non sono state mantenute. In barba al parimerito.



Incontriamo Sara Valmaggi, Vicepresidente del Consiglio Regionale, per fare una riflessione: cosa non ha funzionato in Lombardia? E perché laddove ci sono le preferenze e non il porcellum, sembrano prevalere altre logiche anche tra donne?

La nostra Regione non ha mai goduto di una presenza significativa di donne. In questo passaggio di legislatura c’è stato forse un incremento: viste le dimissioni di un po’ di consiglieri maschi…abbiamo terminato la legislatura con 11 donne.

La nuova legislatura ne conta 14 e devo ammettere che questo esiguo ampliamento non è stato determinato dalle forze del centrosinistra, ma dalla Lista Maroni e dagli esponenti della lista M5S. Non è la prima volta che mi presento alle Regionali e so bene che il meccanismo della preferenza unica penalizza pesantemente le donne. È un fatto innegabile. Gli uomini hanno una maggior dimestichezza nel costruire reti e irrobustire cordate a sostegno delle candidature.



Quanto pesa la regina pecunia nella corsa elettorale delle donne alle regionali?

È un tema importante quello che si lega alla capacità di raccogliere i fondi. Le campagne elettorali sono viepiù dei ‘singoli’ e non sempre sono supportate adeguatamente dai partiti. Il sistema di potere della società degli uomini, più consolidato, fa sì che la ricerca di finanziamento sia più agevole. Non dico che sia da stigmatizzare una certa attitudine al potere, potrebbe anche avere valore intrinseco, ma sic stantibus rebus noi donne siamo sfavorite. Resta il fatto che il sistema vigente di preferenza unica è penalizzante, anche se le liste sono composte al 50e50. Il sistema vanifica qualsiasi composizione, la rende inutile.



Insomma non abbiamo conosciuto nessuna gioia che non si abbia in un modo o nell’altro espiato: una misura apparentemente paritaria, e faticosamente conquistata, ha un baco all’interno che fa marcire la metà della mela. In tutto questo i partiti non possono chiamarsi fuori dal coro…

Nella precedente legislatura abbiamo propostola doppia preferenza, bocciata dalla maggioranza. Portammo a casa solo la composizione al 50e50 della lista per tutti, (il PD l’aveva già prevista nello Statuto). Ma non basta.

I partiti devono uscire allo scoperto e chiarirsi circa futuro e obiettivi: se davvero vogliono una rappresentanza femminile nelle istituzioni dove si deve esprimere la preferenza, i ragionamenti da fare sono altri da quelli formulati fin qui. A partire dallo scouting, individuando candidature di donne che devono essere sostenute non solo tra le donne stesse ma da tutto il partito, come un investimento prezioso.



Per i partiti il cambiamento obbligatorio, il vero fronte di lotta e di mutamento socio-economico sarà conoscere e rispettare la realtà. E dunque tener conto del numero di donne che nascono, vivono e lavorano in Lombardia…

Le istituzioni e la politica non sono all’altezza della presenza e importanza che le donne hanno in questa Regione. Basterebbe solo guardare i dati occupazionali che riguardano le donne. Al netto della crisi, le donne occupate nella nostra Regione superano di gran lunga tutto il resto del Paese. È un pensiero che mi accompagna, quello di poter rispondere adeguatamente ad una popolazione tanto impegnata e numerosa. Qualche sforzo è stato fatto, ma dal sapore squisitamente formale: è forse l’unica Regione che ha nel suo Statuto il principio della democrazia paritaria. Bellamente disatteso, peraltro, dalle precedenti Giunte. In questa nuova Giunta nominata dal Presidente Maroni effettivamente è stato rispettato il 50e50. Sono segnali importanti di cui va dato atto.



Un primum movens, che effettivamente racconta anche di assessorati per nulla residuali, anzi. Somethingi’s changing, legittimo sperare che il progetto di legge di modifica della legge elettorale regionale faccia il suo corso e superi gli ostacoli trovati nella precedente legislatura, perché il testo approdi in Aula…

È fondamentale e lo chiediamo a gran forza. È una questione di democrazia. Non è più possibile accettare di essere sottorappresentate nelle istituzioni. La nostra situazione non è diversa da quella di altre Regioni, dove non sono previsti meccanismi di riequilibro di genere. Penso all’Emilia Romagna, a Lazio e Toscana, dove le consigliere sono 10, in Friuli e Veneto 3, giù giù fino alla Calabria, dove nessuna donna siede nell’assemblea elettiva. Per questo è fondamentale che sia introdotta la doppia preferenza di genere, come peraltro previsto dalla legge sulle autonomie locali per l’elezione dei Consigli Comunali. Già a maggio prossimo infatti si voterà alle amministrative con la doppia preferenza.



È la strada per evitare l’esclusione delle donne dalla vita politica. Un exemplum in tal senso è offerto anche dalla Campania dove, introdotta la doppia preferenza, le consigliere sono passate da 2 a 14 su 60. Piccoli ma significativi passi. A livello nazionale centrosinistra e M5S hanno eletto una percentuale analoga di donne, con la differenza che il PD ci ha messo decenni, c’è stato bisogno di pungolarlo un po’ per ottenere i risultati da cui invece M5S parte. Una politica che nasce dalla Rete può essere più “amica” delle donne, anche per fare “rete”?

Le generazioni giovani, più o meno ‘digitali’ non hanno problemi a superare ataviche ritrosie, riconoscendo alle donne competenze, potestà e possibilità ad aspirare a ruoli di governo, e questo fa la differenza. È indubbio che i giovani di M5S, e tutti gli altri, hanno trovato una strada già asfaltata da anni di impegno e di lotte sul fronte dei diritti. Per ottenerli, garantirli e salvaguardarli dagli attacchi puntuali. Anche questo fa la differenza.



E l’unione fa la forza. È un detto ancora valido in Lombardia?

Un sostegno e una certa consapevolezza non manca. Più ideale che sostanziale, se guardo i risultati elettorali. Anche tra le stesse elettrici del centrosinistra non è maturata adeguatamente la continuità e la capacità pervasiva nel tempo. Per ciò che attiene le Associazioni, un alto grado di frammentazione e una politica sempre più incentrata sul singolo fatica a rafforzare ciò che è fondamentale per le donne: fare rete.



Non possiamo più essere veementi nelle analisi e sbrigativi nei giudizi. La democrazia è una comunità di destini. Quella paritaria di più. La doppia preferenza può permetterci di uscire da questa atmosfera asfittica da retrobottega.







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