Consigliere di parità - Nuove identità lavorative una ricerca analizza il lavoro precario in dieci province del nord
Ferraguti Isa Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009
“Nuove identità lavorative” è il titolo di una ricerca, che nata dalla volontà delle Consigliere di Pari Opportunità di Lodi, Ornella Veglio (che è anche coordinatrice del lavoro) e Danila Baldo. Ricerca che nata quasi in sordina si è via via estesa a sei sedi Universitarie e ad altre dieci Consigliere di parità provinciali (che ne sono anche le finanziatrici): Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Crotone, Imperia, Modena, Savona, Venezia.
Obiettivo di tale ricerca è l’analisi della situazione del lavoro precario e flessibile a seguito della introduzione della legge 30/2003 (impropriamente chiamata legge Biagi), del decreto di attuazione 276/2003 e delle successive circolari. In particolare l’indagine è focalizzata alla applicazione dei singoli contratti ed agli effetti prodotti dal contratto a progetto, nonché alle conseguenze socio-economiche e ripercussioni soggettive che tale contratto determina. Particolare attenzione verrà prestata alla dimensione di genere considerata la prevalenza di donne occupate con contratti atipici, sulla base degli ultimi dati emersi. E sono un bel numero: quasi 1.600.000 (nel 2006) di cui il 42% donne.
A livello regionale la Lombardia risulta la Regione con più lavoratori precari seguita dal Lazio, dove le donne sono di più (il 48%), pari a 8 punti in più rispetto la media nazionale. Oltre la metà delle donne precarie ha un solo committente, contro solo il 40%. dei maschi. Alla precarietà per le donne si somma anche quest’ultimo dato, che aggiunge ulteriore incertezza esistenziale al loro status.
Inoltre le donne, anche nel mondo dei precari, sono pagate meno degli uomini: l’imponibile medio annuo è di poco più di 12.000 euro per i maschi e di appena 6.000 euro medi per le donne.
A questa situazione occorre aggiungere una riflessione sui problemi che derivano anche dal lavoro di cura di cui, pur sempre le donne precarie, si devono occupare. Ciò implica indagare verosimilmente su un mix di criticità che, tradotto in altre parole, significa soltanto che le donne precarie fanno più fatica e pagano anche il prezzo di rilevanti incertezze personali.
Il campo d’indagine, avviatosi lentamente, ha trovato vasti consensi a dimostrazione dell’interesse e della sensibilità delle Consigliere di Parità sul tema del precariato. In un tempo relativamente breve si sono raccolti nelle diverse province circa 4.000 questionari, che con la supervisione del prof. Luigi Ferrari, docente di psicologia economica e del lavoro all’Università Milano Bicocca ,ora verranno elaborati.
Il questionario è composto di una prima parte dove si indaga sugli aspetti più soggettivi della lavoratrice/lavoratore nel suo rapporto con il lavoro, sulla tipologia di contratto, sull’orario e le modalità di lavoro, anche per far emergere dalle risposte le situazioni che molto spesso fanno della lavoratrice/lavoratore con contratto atipico una semplice lavoratrice precaria del tutto fuori dalle norme e proprio per questo meno in grado di far valere i propri diritti.
Una seconda parte indaga sulle condizioni economiche sia percepite che reali, quelle condizioni per intenderci che fanno dei lavoratori atipici i soggetti meno autonomi in termini di indipendenza dalla famiglia d’origine e/o dal coniuge, quelle condizioni che impediscono di fatto di stipulare un mutuo o chiedere un finanziamento da soli. La terza parte si concentra sul carico del lavoro di cura e delle strategie che la lavoratrice (soprattutto) deve mettere in atto per conciliare lavoro e famiglia.
Una parte è poi meno soggettiva e si propone - attraverso la conoscenza delle opinioni, della lavatrice/lavoratore anche in riferimento alla situazione di colleghi ed amici - di verificare le reali condizioni di lavoro rispetto ai diritti che “dovrebbero” tutelare tutti i lavoratori. Quindi opinioni e conoscenza rispetto ad esempio ai possibili ricatti, alle molestie sessuale, alle dimissioni in bianco, ai contratti “finti” e così via. In sostanza si vuole indagare su quell’insieme di situazioni che anche come Consigliere di Parità ci troviamo giornalmente a gestire e risolvere per capirle meglio e per attrezzarci sempre meglio in difesa delle lavoratrici.
Allo stato attuale della ricerca emergono le prime linee di analisi:
- sono donne più dei due terzi, che risponde alle domande il che conferma la debolezza della forza lavoro femminile, ma anche il loro interesse;
- le fasce di età complessive sono per i ¾ sotto i 37 anni, ma ben il 20% ha fra 38 e 47 anni, quindi il precariato si spinge ben oltre la giovinezza;
- per i 2/3 si tratta di persone non sposate, mentre il 70% è senza figli/e. Se a tali dati si aggiunge che l’avere figli è considerato di gran lunga meno sostenibile (66% dei casi), che non comperare casa (40%), è chiaro come avere famiglia e lavoro precario siano agli antipodi;
- la formazione del precario è alta, 40% di laureati, ma per le donne si esige di più, infatti le donne laureate sono il 45%. Ma le si compensa meno dei maschi: infatti se il compenso medio, del campione, si aggira intorno ai 900 euro, per le donne bisogna togliere il 20%;
- non è vero che il precario è un lavoratore atipico, per i 2/3 ha un solo datore di lavoro, e nel 70% dei casi un orario di lavoro ben definito…la differenza sta proprio nell’alea di rischio di tutta la sua attività: oggi c’è, domani non più. Ma, forse il precario non ama il rischio e sfidare la fortuna: solo uno su dieci non è alla ricerca di un lavoro dipendente;
- 4 su dieci vivono con i genitori: bamboccioni, pigri, o economicamente non autonomi?
Sarà compito dell’elaborazione della ricerca, anche in relazione all’ultima parte del questionario che tratta delle vessazioni, o trucchi non sempre ingenui, fare emergere il contrasto che esiste tra la normativa e la sua applicazione. Si dice che questi contratti muovano il mercato del lavoro, ma la percezione delle persone è di trovarsi in situazione precaria e di cercare, pur in situazioni di apprezzamento del lavoro stesso, la stabilizzazione/stabilità.
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