Fintanto che esista la possibilità di pagare denaro per non vedersi condannato per stalking, le donne molestate saranno doppiamente vittime. Di un uomo che le ha tormentate e di uno Stato che non ha a loro garantito giustizia.
Sabato, 07/10/2017 - Innumerevoli furono nei mesi scorsi le critiche mosse alle conseguenze di una specifica norma inserita nella riforma del processo penale approvata nel luglio scorso, ossia l’art. 162-ter c.p. che avrebbe consentito la depenalizzazione anche del reato di stalking a querela di parte dietro la dazione di una somma di denaro, inflitta allo stalker, a mo’ di risarcimento per il comportamento vessatorio nei riguardi della sua vittima. Ad onore del vero, inizialmente le rimostranze erano state avanzate dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, da associazioni femministe e femminili, nonché da singole attiviste impegnate in tema di salvaguardia dei diritti delle donne. Nel prosieguo operatori forensi e magistrati focalizzarono l’attenzione sugli aspetti tecnici connotanti la depenalizzazione dello stalking per condotta riparatoria, il non rilievo della volontà della parte offesa, la rateizzazione del risarcimento che consentiva al reo di non incorrere nelle sanzioni penali. Tant’è che il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte, sottolineò come fosse una preoccupazione sicuramente fondata “quanto sarebbe avvenuto nelle aule giudiziarie, rimarcando che “Non è la prima volta che sullo stalking il legislatore, diciamo così, inciampa”.
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