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Lo spazio della maschera. Il ricco connubio tra teatro e psicologia

Lo spazio della maschera. Il ricco connubio tra teatro e psicologia

"L’attore si maschera, e attraverso il suo “trucco” accede allo spazio della rappresentazione, si nasconde e si svela allo stesso tempo. Il teatro è un luogo di mezzo, non è la realtà, ma la richiama, la rappresenta, la sim

Martedi, 26/02/2013 - La maschera è un oggetto pieno di sfumature. Utilizzata in contesti scenici e rituali è, fin dall’antichità, un potentissimo operatore di sdoppiamento. Indossare la maschera significa diventare qualcos’altro, qualcun altro. L’attore si maschera, e attraverso il suo “trucco” accede allo spazio della rappresentazione, si nasconde e si svela allo stesso tempo. Il teatro è un luogo di mezzo, non è la realtà, ma la richiama, la rappresenta, la simula; a volte la contraddice, anche, ma in un modo che comunque offre agli spettatori un gancio a cui aggrapparsi e attraverso cui farsi trasportare dentro la scena. Il mascheramento opera nella dimensione tra il corporeo e l’incorporeo, tra l’immagine e l’essenza, tra il dentro e il fuori, tra me e non me. È lo spazio transazionale teorizzato dallo psicanalista inglese Donald Winnicott, quello spazio interstiziale tra me e il mondo, tra l’identità e la rappresentazione dove si annida la facoltà di fantasticare, di giocare, di creare.

Nell’antica Grecia l’attore era l’ipocrita, dalla matrice linguistica upo-krisis, intorno alla crisi, dove per crisi si intende il momento cruciale della svolta, dell’apertura verso una nuova e più evoluta possibilità di comprensione. Il teatro assume dunque una doppia valenza: dalla parte dello spettatore consente ad un tempo l’identificazione con le passioni messe in scena e la possibilità di dislocarle fuori da sé, producendo un processo catartico di sollievo da esse; dalla parte dell’attore consente di trovare dentro di sé il vissuto emotivo richiesto dalla scena, rendendolo – anche in questo caso - fuori di sé, fruibile all’esterno, nel gioco empatico delle maschere indossate e consegnate all’Altro. La maschera cela e rivela, in un processo attivo dove chi l’indossa non la subisce, ma la vive e la elabora, la ri-flette.

Per queste ragioni il teatro è stato così proficuamente utilizzato come metodo di ricerca e cura psicologica, a partire dalla formulazione più articolata di Moreno, che dagli anni ’60 ha dato avvio ad un percorso di costante contaminazione tra teatro e psicologia, che si è via via arricchito di spunti e contenuti, anche molto diversi tra loro ma con una stessa convergenza tematica: nello spazio della rappresentazione quello che si agisce e si evoca è l’emozione, e l’emozione è anche il nucleo centrale intorno a cui ruota l’attenzione clinica dello psicologo al lavoro. Si può dire che dove si muove l’emozione là c’è anche verità psichica. Avere la possibilità di sperimentare, attraverso il corpo in scena, una nuova maschera, è l’occasione per andare a sollecitare il potenziale creativo di cui è composto il nostro “palcoscenico interno”: si recuperano voci dimenticate; si trasformano, attraverso la riflessione e l’azione, vecchi abiti che si possono dismettere. Se possiamo essere d’accordo con quanto ha detto lo scrittore inglese Ian McEwan sul valore della lettura di romanzi, ovvero che leggere aumenta la consapevolezza di se stessi e dell’essere in relazione con gli altri - attraverso il mezzo potentissimo dell’identificazione nelle vite dei personaggi raccontati -, questo è ancora più vero e pregnante per la narrazione scenica, in cui l’emozione viene veicolata dalla tridimensionalità del corpo, con la sua voce e i suoi gesti.

Credo quindi che, soprattutto in un momento storico come il nostro, dove vi è l’impellente necessità di riunificare la mente e il corpo e farli lavorare insieme nella riflessione e nella interrogazione sul significato della realtà, il connubio tra psicologia e teatro sia particolarmente ricco, un territorio tutto da esplorare.



Federica Mazzeo, psicologa e psicoterapeuta, collabora con lo studio Elidea dove è stato messo a punto il programma Le Stanze del sé, che, grazie ad una rete di esperti e metodiche personalizzate, promuove lo sviluppo di ogni persona, fornendo un sistema di riequilibrio delle proprie risorse fisiche, psicologiche e sociali e offrendo strumenti che consentono di affrontare i propri disagi e sviluppare le proprie potenzialità. Per altre info www.elidea.org, seguici anche su facebook!

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