VIVALASCUOLA/1 - All’insegna del lifelong learning, senza paura della complessità del presente. Intervista a Laura Balbo
Bartolini Tiziana Mercoledi, 03/08/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2016
“Osservo che nel vivere attuale moltissime persone continuano ad imparare: nella vita di tutti i giorni sono impegnate ad aggiornarsi, a ridefinire ciò che sanno, ad aprirsi a nuove prospettive. Esperienze che hanno poco a che fare con la formazione tradizionale; ma anche nella scuola, di questo, si dovrebbe tener conto. Si parla del nostro“lifelong learning”.
Sul tema dell’insegnamento, del senso e della rotta che la scuola deve prendere, abbiamo interpellato Laura Balbo. Sociologa, già parlamentare e Ministra per le Pari Opportunità, è stata docente universitaria e ha studiato a fondo i problemi del razzismo, delle politiche familiari e del welfare. Ha coniato il concetto di ‘doppia presenza’ per definire il duplice ruolo della donna: riproduttivo nella famiglia e produttivo in quanto lavoratrice nella dimensione pubblica.
“Non sono un’esperta della scuola” precisa Balbo, ma non si sottrae alle nostre sollecitazioni pur precisando di essere “decisamente critica” nei confronti di un sistema scolastico che ritiene “usurato e fuorviante”. Un sistema che dovrebbe “riconsiderarlo, il senso dell’imparare, in relazione alla realtà in cui è immerso”.
Quindi vede l'insegnamento e la scuola distanti dalle esigenze dei soggetti che la popolano e per cui si impegna, cioè i/le giovani?
Certo è difficile pensare che istituzioni molto rilevanti, come le diverse istituzioni formative, stiano andando nella direzione giusta. Nel sistema scolastico dovrebbe esserci maggiore consapevolezza di un mondo che è in cambiamento, che ha molteplici componenti e che è segnato da disuguaglianze. Certo non facile confrontarsi con la complessità della realtà attuale.
Per quali ragioni la scuola non è riuscita a leggere la realtà e le sue modificazioni?
Credo che ci siano diversi aspetti: uno certamente è il modo di funzionare di un grosso apparato burocratico, come ce ne sono altri, certo; alcuni si sono un po’ modificati, ma molti sono ancora fermi, arretrati.
Un altro fattore è stata la rapidità con cui si sono verificati i cambiamenti negli ultimi decenni. E un altro limite è costituito dal fatto che non si guarda aldilà dei nostri confini; mentre è indispensabile conoscere altre esperienze. È proprio la fase problematica in cui viviamo che ci sollecita in questa direzione: bisognerebbe decidere come cambiare, impegnarsi. Il problema c'è, ed è pesante; fare i conti proprio con questa staticità.
La riforma è stata forse un’occasione mancata di dibattito sui contenuti, sui ritardi, sui cambiamenti necessari?
Qualche tentativo c’è stato, ma è stato sovrastato dalle resistenze al cambiamento, dagli interessi a non modificare la situazione. Le eccellenze e le buone esperienze ci sono, ma non bastano e rimangono confinate, minoritarie, poco visibili. Per cambiare ci vuole coraggio. Il sistema scolastico tende alla conservazione esattamente come altri settori della società italiana. Considerata la realtà del nostro paese, sarebbe stato eccezionale, per un apparato consolidato e non facilmente modificabile, adeguarsi ai cambiamenti.
Siamo un paese complicato, con profonde diversità, nei contesti e nelle risorse disponibili.
Bisogna continuare a riflettere su quel che si potrebbe fare, evitando errori.
Certo, è doloroso osservare che una scuola prevalentemente popolata di donne è uno degli agenti e dei fattori della conservazione. Come lo spiega?
Certamente è un punto di osservazione interessante, che andrebbe maggiormente studiato. Forse le donne sono, e sono state nei decenni recenti, coinvolte da tanti cambiamenti e impegni nella loro vita quotidiana, tanto da riuscire solo in parte a fare riflessioni e scelte appropriate. In generale il mondo femminile nel suo insieme non è stato protagonista in questi ambiti anche se avremmo forse potuto aspettarci voci più forti da parte di chi stava facendo questa esperienza. Conoscere altri percorsi potrebbe aiutarci. Auguriamoci di essere più aperti, in futuro, ad esempi e stimoli: a imparare, appunto.
Qual è, secondo lei, il senso dell'insegnamento, oggi?
La scuola dovrebbe attrezzarsi per dare strumenti per vivere quello che viene definito come il lifelong learning, cioè l’imparare continuamente nel corso della vita. Non si impara solo nel percorso scolastico, tutto ci cambia intorno in modo rapido. Occorre apertura mentale per dare strumenti, stimolare la curiosità, avere la capacità di andare a vedere cosa avviene, come ci si organizza in altri contesti. Andare a vedere come gli altri li fronteggiano, e non solo in Europa, non può che essere positivo. Si dovrebbe tenere presente che siamo un “piccolo frammento” in un mondo che si muove, sperimenta, trova soluzioni; e che i grandi cambiamenti ci riguardano tutti.
Come vede l’apporto e il ruolo della famiglia nell’educazione?
I genitori di oggi non possono utilizzare i modelli del passato e ne devono inventare di nuovi. Il solo fatto di avere uno o due figli rispetto a quando se ne avevano tanti modifica i rapporti, cambia gli equilibri. I metodi ‘tradizionali’ certo non sono adeguati. Vedo in molti genitori disponibilità al confronto e capacità di cogliere i cambiamenti; dunque potenzialità, una varietà di possibili risorse. Ci sono esperienze nuove che possono portare a ridefinire, a sperimentare, a cambiare.
La tv e il mondo virtuale hanno un potere negativo?
Anche questo è un elemento relativamente innovativo che i precedenti genitori non hanno avuto. Ci sono problemi, certo, ma tendo a portare l’attenzione sugli aspetti positivi che anche la tecnologia può portare. Sceglierei di guardare ai genitori che riescono a trovare modalità di relazione con questi strumenti invece che sottolineare quelli che ne sono vittime. Di nuovo, il complesso sistema sociale attuale ci mostra anche le potenzialità di innovazione che potrebbero essere elemento di cambiamento in positivo.
Le sue considerazioni più in generale sull’attuale situazione …
Occorre capire che la società non cambia perché arriva una formula, o un’idea che risolve tutto (o quasi). Bisogna essere consapevoli della complessità della fase attuale, ma anche di risorse e aperture.
Questo suggerite, e state facendo, con questa iniziativa.
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