Martedi, 28/06/2022 - Di fronte a un mare piatto e al gracchiare di rane negli stagni vicini, tipica veduta del Mar Piccolo di Taranto, si è svolta una originale e interessante rassegna del cinema all’aperto dal titolo: “Lo sguardo della tigre - By the women of Islam”.
La mano della regia dei film proiettati dal 23 al 26 giugno all’oasi dei Battendieri era tutta al femminile. E questo già ci fa aprire gli occhi alla meraviglia dato che non è facile per le donne avere un ruolo primario in ogni ambito sociale e lavorativo. Propongo spesso ai miei alunni e alunne il concetto di Role-model, modello di donne che ci mostrino col loro lavoro, la loro attività e attivismo, ciò che noi non siamo ancora in grado di vedere o di essere. Sarebbe un dono avere a scuola la grande testimonianza di queste registe che hanno operato sul campo, a Kabul e in altre città martoriate da conflitti armati, in mezzo alle donne, alla guerra, al patriarcato che poi corrisponde alla guerra. Oltre ai film, il pubblico ha assistito al reading «Sguardi» di Luisa Campatelli, con Tiziana Risolo per la regia di Alfredo Traversa: un momento di grande emozione collettiva.
Nei fotogrammi delle registe come Masooma Ibrahimi, Sahraa Karimi e Iante Roach si sono fissati colori artistici insieme a quelli politici, etici, sociali. L’ultimo giorno di proiezione, complici le stelle, si è avuto un momento di circle time con il coordinamento di Angela Todaro. Molte le associazioni tarantine presenti al dibattito come Babele, Donne in Fermento, Alzaia, Giustizia per Taranto e tante altre.
Le registe hanno raccontato le difficoltà di essere donne con i propri diritti nei paesi di origine. Ci si scandalizza del fatto, dice Sahraa Karimi, che le donne USA abbiano perso il diritto all’aborto in questi giorni, per mano della Corte Suprema. E di noi donne afgane che abbiamo perso tutto da un giorno all’altro, di noi chi si interessa? Nessuno. Nessuno ha speso una parola su di noi. Svegliarsi e vedere che noi donne non possiamo andare a scuola, non possiamo lavorare, camminare per strada da sole, è umiliante e non corrisponde a ciò che abbiamo studiato a scuola. È dissociativo nella persona e lacerante nell’anima. Figurarsi poi la difficoltà, anzi il rischio della stessa vita nel fare cinema in paesi dove il solo essere donna è difficile, ancor più se artista e impegnata nell’emancipazione femminile. Questo è stato raccontato non solo con le parole ma anche e soprattutto con l’arte cinematografica, fatta di colori che sfociavano nell’ocra e nel rosso, che ci hanno fatto veramente camminare per le strade di Kabul, in mezzo a donne che tentavano di proteggere i loro figli in grembo ma la bassezza e rozzezza di una cultura padrona non ha permesso. Chiuse in casa a ricevere ordini da padri, mariti, fratelli. E questo non avviene solo a Kabul, avviene in tutto il mondo.
Molte amiche mi dicono: “ma da noi questo non avviene”. Fidatevi, avviene anche da noi, anche da noi si perdono figli per maltrattamento, si vive prigioniere in casa, si riceve un trattamento diverso da bambine, anche dal punto di vista alimentare.
Per il pubblico c’è stata la grande occasione di serate di proiezioni con 7 film e confronto con le autrici, ma anche l’occasione di vivere lo scenario naturalistico unico racchiuso nell’Oasi dei Battendieri sulla strada Circummarpiccolo di Taranto.
Per me la grande occasione è stata, oltre a vedere i film delle bravissime registe, quella di abbracciare fortemente Sahraa Karimi e dire in un inglese arruffato: “I am your sister”. Il mondo delle donne che si abbraccia e fa della sua lotta un processo mondiale.
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