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Lo scenario della ripresa<br>

Lo scenario della ripresa

Crisi e lavoro
- “noi donne diventeremo senza rimedio l'ammortizzatore sociale sostitutivo delle restrizioni finanziarie?”

Giancarla Codrignani Martedi, 08/09/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009

Nonostante L'Aquila del G8, i problemi del mondo e dell'Italia sono qui, dietro l'angolo della nostra casa, anzi ci stanno entrando. Pesano le contraddizioni fra le rassicurazioni governative ormai insostenibili senza interventi fattivi e le nostre intuizioni di donne che da un pezzo facciamo la tara, inquiete, tra le raccomandazioni a spendere e l'incremento della cassa integrazione e dei licenziamenti.

Rifacciamo qualche conto. Da una vita sappiamo che il 20% degli abitanti del globo posseggono il 75% delle ricchezze; che la povertà ha distinzioni fra chi vive con meno di 2 dollari al giorno (40%), con meno di 1 dollaro e 25 (21%), chi non ha accesso all'acqua (39%), chi non ha accesso a un sistema sanitario decente (51%). Il numero maggiore di indigenti vive in Africa, dove un miliardo di persone, oltre alla povertà endemica, è vittima di guerre, corruzione, desertificazione, aids. L'Africa è "il" punto di riferimento perché lì il fenomeno è generalizzato da decenni e sta diventando intollerabile: per quanto non sia universale la presenza di televisioni e nuove tecnologie, la gente vi ha accesso e l'analfabetismo, per quanto sempre piaga esiziale, soprattutto per le donne, sta cedendo. Ciò significa che ci sarà sempre più gente non disposta a sopportare. Mentre si lavorava ad Ancona, Save the children ci informava che morivano di povertà 75.000 bambini. Eppure la crisi ci acceca e vogliamo tenere stretti i beni che ci stanno sfuggendo da soli: non salva la coscienza sapere che erogheremo miliardi, peraltro già deliberati. Senza riformare le "nostre" economie.

Questo non per dire che dobbiamo sacrificare un po' del nostro superfluo per l'Africa, ma per l'urgenza di ridurre, con riforme graduali e selettive, la forbice che si allarga fra chi ha moltissimo e chi ha poco o pochissimo non solo nei paesi poveri, ma anche da noi. Amartya Sen suggerisce di liberalizzare l'agricoltura sostenuta anche in Europa con interventi protezionistici, per mettere i paesi del Sud in grado di esercitare la concorrenza. Invece le multinazionali alimentari incutono paura nei contadini, che non si accorgono che l'imposizione delle sementi standardizzate e degli ogm costa di più della rinuncia al protezionismo.

Il Papa stesso è intervenuto con un'enciclica (Caritas in veritate) di orientamento sociale assai forte; ma l'affermazione dei principi non basta e lo si è già visto con la Populorum progressio di Paolo VI. Anche Tremonti aveva proposto un Global legal standard che faceva a pugni con i provvedimenti mancati già all'inizio della crisi. Il Financial stability forum (del Fondo monetario internazionale) raccomandava misure che in Italia solo il governatore Draghi suggeriva, inascoltato da un governo che ha continuato a rassicurare sulla fine imminente della crisi e ad invitare ai consumi.

Ora la cassa integrazione impiegata è in scadenza, i licenziamenti si fanno minacciosi, i precari vanno a vivere a carico dei genitori, i pensionati stringono la cinghia e anche chi non lo faceva prima fa la spesa ai discount. Infatti è a settembre la prova di verità della crisi, anche se Berlusconi, fra i vari tagli, ha chiuso i rubinetti all'Istat e rischiamo di perdere conoscenza dei dati statistici.

Le donne hanno le antenne più sensibili e sanno che potranno riadattare la cameretta del ragazzo che ha perso il lavoro precario, ma non potranno reggere la disoccupazione propria e tanto meno del marito. Il mutuo-casa non pagato, la regolarizzazione della badante del nonno, le tariffe dei nidi e l'asilo privato perché non c'è quello pubblico vicino sono preoccupazioni ansiogene destinate a ledere la psiche femminile, ma possono comportare la rinuncia volontaria di un lavoro malpagato che non copre più le spese di fardelli a carico delle donne. Meno in difficoltà chi, in assenza di part-time, ha qualche collaborazione "in nero", anche se costei aiuta a peggiorare un sistema che, vivendo sull'irregolarità, toglie diritti (sanità, pensione...) ai cittadini e non porta fuori dalla crisi.

Neppure l'Europa aiuta le donne: le dipendenti pubbliche italiane andranno in pensione come i maschi. Vedremo come reagiranno i privati, visto che non si rispettano più i diritti acquisiti. Tutti i "benefici" di cui godono le donne nel nostro paese sono state "conquiste" di lotte delle lavoratrici; il giorno che si dovessero uniformare le norme sulla maternità, le italiane perderebbero provvidenze che mancano ad altri paesi, in cui, però, esistono servizi che, ad altro titolo (famiglia, monogenitorialità, infanzia...) forniscono tutela universale. Quindi, in linea di principio, il richiamo all'Italia può essere giustificato, ma nella nostra storia diventa penalizzante e si fa simbolico dei guai "di genere" che si profilano.

Appare confortante che sia in crescita il numero degli iscritti al sindacato, in particolare alla Cgil; naturalmente i dati non sono disaggregati e non sappiamo se anche le giovani donne sentano il bisogno di poter contare su un'organizzazione a difesa dei propri interessi. Se conta un po' di esperienza sui territori, non c'è da farsi illusioni: per ora il "modello unico" è tornato a produrre nuova subalternità femminile e le donne "subiscono" anche il ricatto lavorativo. Come non sono mai riuscite a denunciare, pur parlandone apertamente, le dimissioni firmate in bianco all'atto dell'assunzione e destinate a diventare effettive quando fossero incinte, così oggi accettano perdite di diritti, perché non hanno il sentire delle loro nonne che quei diritti hanno preteso diventassero norma.

I problemi generali sono, d'altra parte, comuni a tutti nella loro gravità e in Francia qualche testa calda ha minacciato di far saltare la fabbrica dell'impresa che licenziasse; mentre in Italia sono stati presidiati luoghi di lavoro perché "il padrone" non approfittasse del ferragosto per smantellare bottega e burattini. Sarebbe grave se l'aumento dei licenziamenti inducesse alla disperazione, mentre un governo che ha sostenuto le banche, le assicurazioni e gli evasori, ha lasciato le imprese, soprattutto piccole e medie senza crediti, mettendo fuori gioco produzione ed export. Per noi donne, se calerà l'occupazione, caleranno i consumi e il flop dell'economia diventerà pericoloso: diventeremo davvero e senza rimedio l'ammortizzatore sociale sostitutivo delle restrizioni finanziarie ai Comuni e dei tagli a sanità, scuola, servizi.



(8 settembre 2009)

 

elaborazioni grafiche: E.R.

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