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L'isola che profuma di donna

L'isola che profuma di donna

Cuba - Una conversazione con Mariela Castro fa il punto sulla condizione delle donne cubane, sulle conquiste e sulle nuove sfide

Silvia Vaccaro Lunedi, 05/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014

 Una figura delicata dallo sguardo vivace. Sebbene si sia alzata molto presto, abbia viaggiato, Mariela Castro mi accoglie con un sorriso cordiale. È appena arrivata da Parigi dove è stata per lavoro e qui a Roma è soltanto di passaggio. La aspettano al Bif&st, il Festival Internazionale del Cinema di Bari dove verrà proiettato il documentario ’Unique’ di Gianni Torres che contiene una sua intervista. Mariela si concede con grande naturalezza e non frena il sano orgoglio per le conquiste della sua terra in termini di uguaglianza di genere. Lei, che è una donna colta e raffinata, non perde di vista gli aspetti concreti delle cose e inizia subito ad elencare una serie di dati interessanti sulla presenza delle donne a tutti i livelli e in tutte le istituzioni.



Nel 2013 ci sono state le elezioni e Cuba, con il suo 48,8% di donne nel Parlamento, ha raggiunto il terzo posto tra tutti i paesi del mondo per la presenza di donne nelle assemblee elettive. “Adesso ci sono otto ministre e quarantadue viceministre, e sono donne il 66% dei Presidenti dei governi provinciali, il 52% dei dirigenti nel Partito comunista, e il 57% dei rappresentanti sindacali. Tanti i posti chiave nell’economia, nell’accademia e nei settori scientifici sono occupati da donne”. I dati coincidono con quel quindicesimo posto nel Global Gender Gap 2013. In soli sei anni Cuba ha guadagnato sei posizioni, diventando il primo paese nella fascia “upper-middle income countries”, ovvero i paesi con un PIL medio-alto“. La tendenza è quella di stimolare le donne ad accettare gli incarichi che vengono loro proposti, e le donne cubane rispondono dimostrando tutte le loro capacità nel dirigere e nell’amministrare la cosa pubblica. Si è passati da una politica di miglioramento della formazione delle donne - che serviva a preparale agli incarichi - alla nomina diretta di donne per i posti più importanti. Sembra molto semplice spiegato in questo modo, e la riflessione degli ultimi mesi (e degli ultimi anni) sulle quote di genere da introdurre per legge qui in Italia perde un po’ di senso.



Mariela si dice contraria all’introduzione delle quote ma è assolutamente d’accordo con la necessità di rappresentare le differenze. “Cerchiamo di coinvolgere le donne affinché partecipino alla vita nelle comunità di appartenenza e non si tirino indietro quando la loro stessa comunità le indica come candidate. Sono le persone che decidono chi debba sedere nell’assemblea a rappresentare i loro interessi. Nelle ultime elezioni è stata nominata una transessuale per il governo di una comunità locale, e questo indica quanto le cose stiano cambiando”. Mariela racconta dell’ultimo congresso, il nono, della Federazione delle donne cubane che si è svolto a marzo a La Habana. Questa organizzazione della società civile coinvolge il 90% della popolazione femminile a Cuba ed è un interlocutore importante per il governo nell’indirizzo delle politiche sui temi che toccano maggiormente da vicino le donne. “Al congresso c’erano tantissime donne, e non solo quelle dell’accademia o del settore scientifico, ma tante donne contadine che raccontano come sono cambiati negli ultimi anni i rapporti con i compagni, che accettano di rimanere a casa con i figli per permettere loro di partecipare alle riunioni, ai congressi. Del resto, il femminismo rivoluzionario cubano dalle sue origini ha coinvolto gli uomini nel processo di trasformazione della società”. Ma, domando, ci sono ancora dei territori ostili alle donne? “Nelle campagne succede ancora che sia solo l’uomo che si unisce alla cooperativa e la donna, anche se lavora tanto quanto il compagno, non è formalmente iscritta nell’elenco dei soci. Occorre invece che entrambi siano riconosciuti come appartenenti alla cooperativa, e che le donne partecipino alle riunioni per negoziare il prezzo delle merci, discutere con gli altri soci, e far valere la propria opinione e i propri diritti. La politica deve stare sempre attenta che, nei vari contesti di vita sociale tra uomini e donne, non si instaurino le dinamiche tradizionali che penalizzano le donne. Per questo, al congresso si è deciso che le organizzazioni di donne coltivatrici monitorino la situazione parlando con le donne e spiegando loro l’importanza della loro partecipazione come soggetti di diritto”. 



Leggere la realtà, fare ricerca, lavorare con i dati e le rilevazioni per poter migliorare le politiche e le azioni sul territorio. “Stiamo insistendo molto sul Programma nazionale di educazione sessuale e sulla necessità di una formazione capillare di tutti quelli che hanno un posto di responsabilità. Stiamo creando un lavoro di concertazione tra il Ministero dell’Istruzione, quello della Salute e della Cultura e le organizzazioni delle donne. È importante che la politica macro arrivi ai governi locali, in modo tale che le persone abbiamo un beneficio concreto negli interventi. Con il Ministero degli Interni stiamo lavorando affinché le persone omosessuali siano coscienti dei rischi legati alla violenza di genere, che non colpisce solo le donne, ma può facilmente essere vissuta da una persona omosessuale”. Il governo ha lanciato anche una campagna sociale per stimolare le persone a riflettere sull’urgenza di avanzare sul campo dei diritti delle persone con orientamenti sessuali differenti. Anche la politica del partito comunista di Cuba ha inserito come obiettivo la lotta alle discriminazioni in questo senso. “Finalmente a dicembre dello scorso anno è stata approvata la prima legge che condanna la discriminazione per orientamento sessuale sul posto di lavoro che, dalle nostre ricerche, insieme alla famiglia appare come il contesto più problematico”. Mariela ha un concetto molto alto dei diritti delle donne e combatte non solo per le donne cubane, ma per le donne e le bambine di tutto il mondo affinché abbiano piena autonomia a decidere sul proprio corpo, sulla propria sessualità, sul proprio destino. In chiusura le chiedo, visto il dibattito degli ultimi mesi in Italia, cosa pensa dell’obiezione di coscienza. La risposta è semplice e fulminante. “Una violazione di un diritto umano della donna: quello di decidere sul proprio corpo”.

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