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Lisbeth, Belen: il drago e la farfalla - di Stefania Cantatore

Lisbeth, Belen: il drago e la farfalla - di Stefania Cantatore

"Il decotto patriarcato del terzo millennnio ha sepolto la seduzione e vuole seppellire il femminismo, sotto simulacri che qualcuna è disposta ad indossare". Una riflessione a partire dai tatuaggi sui corpi di Lisbeth e Belen

Martedi, 13/03/2012 - L’eroina contro l’icona sexy, per chi ha trepidato leggendo o guardando al cinema la trilogia di Millennium Uomini che odiano le donne, La regina dei castelli di Carta, La ragazza che giocava con il fuoco)e per chi si è indignata per Sanremo.



Il tatuaggio che invade gran parte del corpo esile di Lisbeth Salander, è cupamente nero, uno spaventoso secondo corpo sovrapposto al primo troppo esposto alle violenze e alle costrizioni. Mette paura, Lisbeth, agli uomini che odiano le donne e che le uccidono per il gusto di sentirsi Dio.

La farfallina tatuata sul corpo generoso di Belen Rodriguez, occhieggia da uno spacco e, inopinatamente, afferma che sotto il vestito c’è proprio una femmina “evolutasi” nella donna desiderata. Belen non fa paura, è autocertificata da un marchio che la garantisce contro i rischi di un uso improprio. Gli uomini della stirpe interessata non comprerebbero mai a scatola chiusa.

Femmine si nasce, e la modulazione lessicale “donna” non attiene necessariamente alla presa d’atto della maturazione di alcune potenzialità. Alle femmine viene insegnato che donne si diventa, presentando loro dei modelli, a partire dalle famiglie, che sono i riflessi di un desiderio maschile perché maschile è la predominanza: familiare, sociale e religiosa.

Le fantasie maschili che hanno creato i due personaggi, non hanno avuto, o non vogliono avere, evidentemente nulla a che vedere con le donne che vivono di una vita propria, pur quando indotte da modelli e mode a scegliere i prototipi come esempi.

La donna metà dell’uomo Belen, la donna metà del mondo Lisbeth.

Semplici e semplificate definizioni che non fanno però i conti con un’evidenza sottorappresentata, gli autori dei personaggi sono uomini che ancora una volta conformano e lanciano i propri desideri come messaggi all’altro genere. Ingannevoli categorie.

La farfalla sul fianco di una soubrette, con tutto quel che può significare per la virile sessualità isterica a base viagra, è un segno, il segno che anche la seduzione femminile è ormai esclusa dalla cultura ufficiale. Smerciare per seduzione femminile l’esposizione di seni, glutei e vulve è il segno di un patriarcato mediatico, e relazionale, incapace di incontrare e, perché no, subire la complessità del gioco erotico/affettivo con una donna. Senza alcuna nostalgia vale la pena di ricordare l’antico e recentemente scomparso binomio seduzione/mistero, che una qualche fatica imponeva al genere sedotto e che qualche spazio riservava alla giocosità femminile. Un patriarcato debole, non ha tempo da perdere, ben per questo apertamente violento nel comunicare modelli. Senza rimpianti, ma siamo a questo punto.

Il drago sulla schiena nervosa e reattiva di Lisbeth è il segno di un altro desiderio maschile (l’autore della trilogia Millennium è il defunto Stieg Larsson) proprio di un’altra stirpe di uomini, dalle cui menti è spuntata un’immagine di donna capace di fare pulizia, al loro posto. Una donna o più donne, capaci di ribellarsi ed agire per chi non lo sa fare. Nuove parafemministe compiacenti e disposte a fare il lavoro e tornare nell’ombra, come Lisbeth.

Il decotto patriarcato del terzo millennnio ha sepolto la seduzione e vuole seppellire il femminismo, sotto simulacri che qualcuna è disposta ad indossare.

Mi intenerisce Belen, con la sua pretesa libertà di mostrarsi, che è invece sottoposta ad un’altra libertà: quella degli uomini di mostrarla come contorno e concederle spazio finché serve.

Mi piace Lisbeth, mi piace la sua cocciuta, competente determinazione. Ma la sua cocciutaggine solitaria lascia indietro le altre, ha bisogno di un cavaliere solitario (il provvidenziale giornalista Blonkvist) che la salvi in extremis. Nascondendola.

Entrambe rappresentano insieme la decadenza di un sistema, e la stentata reiterazione di un gioco vecchio come il mondo, quello del bastone e la carota (e il bastone fa molto male, e le carote hanno ben poco sugo): ti prostituisco, ma poi ti sposo - ti uccido ma poi mi schiaffeggio. Sempre per più donne insopportabile.

Le donne-femmine sono altrove, spesso non raggiunte dalla consapevolezza di essere più forti e più potenti delle eroine solitarie, fatte di carta o di pixel poco importa.

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