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Liliana Segre e Primo Levi per il Giorno della Memoria 2023

Liliana Segre e Primo Levi per il Giorno della Memoria 2023

L’indifferenza porta alla violenza, perché è già violenza. Liliana Segre

Giovedi, 26/01/2023 - “Io penso che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà solo una riga sui libri di storia e poi, neanche più quella”.

Questa frase dolorosa ed amara è stata pronunciata pochi giorni fa da Liliana Segre che da decenni si prodiga, in special modo con i giovani, che definisce ‘i suoi nipoti’, affinché la memoria della Shoah non vada dispersa.

La lezione da cui ha appreso, oltre alla ben nota tremenda vicenda personale il suo NON DIMENTICARE DI RICORDARE, le viene, in maniera quasi naturale, da quello che lei definisce il suo Maestro, Primo Levi. Pure lui fu dèdito, poco dopo il suo ritorno dal lager nella sua Torino – durato, assurdo a dirsi – mesi, a raccontare ed a diffondere il senso di quella memoria che sola, se mantenuta, può aiutare a non ripetere ‘ciò che è stato’. Alcuni anni gli eran stati necessari per esser accettato nella città di origine, straniero in patria, dopo tanti anni di assurda sofferenza. Accadde a molti...
Anche per lui, come ancora cita Liliana, “ Capire è impossibile, ma conoscere è necessario”.

E così, il 13 marzo 1961 Levi, poco più che quarantenne, aveva parlato di deportazione e sterminio degli Ebrei al Teatro Comunale di Bologna, in uno dei primi incontri pubblici su quel tema, rivolti in particolare ai più giovani. Aveva scritto, allora, un solo libro, “Se questo è un uomo”, dedicato alla propria esperienza ad Auschwitz, e lavorava come chimico in una fabbrica di vernici a Settimo Torinese. Ma i suoi interessi e le sue curiosità erano innumerevoli e tali erano anche gli àmbiti in cui stava lavorando, come scrittore, uomo di scienza e di pensiero, coltissimo, versatile e di sorprendente originalità.

A lui, nel gennaio del 2016, venne dedicata una mostra nel capoluogo emiliano, “Bologna 1961. I mondi di Primo Levi”, vòlta proprio a quella varietà di ‘mondi’ di Primo Levi, ad accompagnare l’altra, più ampia, aperta nello stesso periodo, negli spazi del Castello Estense di Ferrara.
Costruita intorno alla testimonianza offerta al Teatro Comunale di Bologna, essa proponeva uno spaccato diacronico della trama ricca ed articolata di riflessioni ed attività condotte in quello stesso anno dal grande intellettuale torinese.
Ma, probabilmente, non si sentì mai ‘adeguato’ abbastanza, anche a questo ‘ruolo di speranza’: il suo 'Meditate che questo è stato' (frase essenziale tratta, ‘in medias res’, da "Se questo è un uomo") non lo aveva allontanato da quel sentimento di colpa del ‘sommerso’ e non del ‘salvato’ che sempre lo accompagnò, dopo la salvezza dal lager e che lo aveva indotto, a distanza di decenni di vita vissuta in una finta normalità, ad un suicidio sicuramente non liberatorio, né salvifico. Ma l’odio, come per Liliana, non era nelle sue corde...

“Gli scritti di Primo Levi mi aiutarono a capire il dolore che avevo subito – continua Liliana Segre - Gli avevo inviato una lettera, la lettera di una ragazza sconosciuta, come in fondo sarei rimasta per lui tutta la vita (...). Levi è stato un testimone ed anche io, seguendo la sua lezione, ho parlato nelle scuole per circa trent’anni: è stato un dovere imprescindibile anche se dolorosissimo. E come lui ho sempre pronunciato parole simili alle sue: non dimentico, non perdono, ma non odio”.


SE QUESTO E' UN UOMO

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici.
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.

Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.


PRIMO LEVI

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