Domenica, 12/07/2009 - A due anni esatti dalla pubblicazione, la ricerca di Catia Iori, 'Protagoniste Silenziose. Il volto e il vissuto delle donne immigrate a Reggio Emilia' (Carocci Editore, Roma, giugno 2007, pp. 198) di cui è appena uscita la prima ristampa, resta attualissima. Voluta e promossa dalle Consigliere di Parità della Provincia di Reggio Emilia, è molto più di una ricerca statistica e sociologica. Come il titolo suggerisce, il lavoro proietta luce sul volto delle immigrate presenti su quel territorio, ma rappresentative delle tante immigrate residenti, transitorie o permanenti, in Italia.
Ad un’accurata esposizione del metodo d’indagine e dei rilievi statistici l’autrice accompagna una vera e propria opera narrativa, poiché ha avuto cura di descrivere, riportandole in discorso diretto, le testimonianze delle intervistate. Ne risulta una carrellata di ritratti tracciati con delicatezza e sensibilità e dalle biografie uniche e irripetibili, che fanno trasparire angosce, fatiche, disagi e difficoltà di adattamento, ma anche coraggio, forza e speranza di realizzazione.
La scelta del linguaggio narrativo è vincente, non solo perché è un ottimo mezzo di mediazione culturale, ma anche perché riesce a carpire con efficacia l’attenzione emotiva. Considerando che la Provincia di Reggio Emilia risultava e risulta la provincia italiana con la maggior presenza d’immigrati in Italia, il lavoro merita di essere valorizzato e riletto, a prescindere dalle numerose presentazioni che lo accompagnano e che risultano superflue, dati l’ottima ed esaustiva presentazione dell’autrice ed il contenuto.Vanno premiate sia la scelta metodologica che quella espositiva, oltre all’idea inedita di affrontare il tema finalmente con un approccio al femminile e in modo tale da far presente che le immigrate possono essere una risorsa umana e culturale.
Dal resoconto emerge infatti che per lo più restano una presenza sofferente nel nostro paese. Le interviste vagliano situazioni personali delicate, storie di vita e di speranza ai margini della società e dal forte impatto esistenziale. L’indagine riesce ad aprire un varco nel velo di diffidenza, indifferenza o insofferenza con il quale spesso si guardano le immigrate nel nostro paese e a mostrare le loro potenzialità, oltre che ad allargare la porta attraverso la quale tendere la mano offrendo loro sostegno. Infatti sono ancora evidenti i molti retaggi culturali e le consuetudini sociali dei paesi d’origine che tendono ad escluderle dalla partecipazione attiva e persino dalla richiesta d’informazioni o di aiuto. D’altro canto, anche le donne culturalmente più fornite accettano occupazioni sottopagate o dequalificanti, pur di restare nel nostro paese.
Un dato interessante è che le immigrate, a prescindere dalle ragioni che le hanno condotte in Italia, svolgono quotidianamente il ruolo di autentiche mediatrici della cultura e delle relazioni umane del paese di provenienza. Infatti sono il tramite fondamentale dei ricongiungimenti familiari e dell’assistenza prestata ai congiunti in Italia e all’estero.
Sono evidenti mancanza di autostima e insoddisfazione generale, se non addirittura la condizione di costrizione e infelicità in cui versano molte straniere, tali da impedire la piena integrazione. La speranza tende a restare inespressa nell’isolamento, ma per lo più ad essere riversata sulle nuove generazioni, che nascono sul suolo italiano o trascorrono gran parte dell’infanzia nel nostro paese. Ai figli e ai nipoti sono quindi rimessi progetti per il futuro, sogni di benessere e realizzazione personale.
La ricerca, oltre ad essere un valido strumento per operatori e ricercatori del settore, è quindi anche un documento che racchiude storie di vita e testimonia le capacità umane e professionali nascoste ed inespresse di tante potenziali cittadine.
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