Martedi, 20/07/2010 - Mancava questo punto di vista in poesia: la delazione cantata con la voce di una bambina (qual era l’autrice, quando i tedeschi nazisti vennero a prelevare i suoi genitori nel villaggio di Vielle-Brioude, nell’Alta Loira, dove la famiglia si era rifugiata, lasciando Strasburgo, in cui Camille, il capofamiglia, gaullista e attivo nella resistenza, era magistrato presso il Tribunale). Era il 2 novembre 1943, la mamma Geneviève venne rilasciata, mentre il padre fu deportato a Mauthausen(Austria), dove morì il 12 aprile 1945. Fa bene Edith a fornire la documentazione storica della delazione da parte dei vicini e proprietari della casa, dove la sua famiglia si era rifugiata, aggiungendo altri documenti sull’altissimo numero di delatori in tutta la Francia (un tragico record!). E è stata brava l’autrice a superare se stessa e a tornare su quei luoghi, scoprendo in piazza un monumento e una lapide, a ricordo dei martiri per la libertà, tra i cui nomi è scritto quello del padre.
Cantare questa materia è un entrare dentro la storia, per dare voce a tutti coloro che hanno vissuto quei momenti, vittime di compaesani e conoscenti traditori. Le considerazioni e le riflessioni, provocate dal racconto in versi arrivano in fondo agli abissi della condizione umana. Fra le tante, una domanda: se non ci fossero stati tanti delatori, la storia avrebbe preso un’altra piega, le deportazioni nei campi di concentramento sarebbero state di gran lunga inferiori e non sarebbero morti decine di milioni di persone? Ogni lettore potrà aggiungere altri interrogativi, ma non possiamo seguirlo su questa strada, perché è ora di soffermarsi sulla poesia del libro in questione.
E’ bilingue, come l’autrice, che sa cantare in francese come in italiano. In alcuni versi il francese sembra più convincente. Qualche esempio. lievile ombrefiglie in francese diventano ombres légèresles fragiles enfants: il concetto può sembrare lo stesso, ma la maggiore musicalità in francese intensifica tanto la leggerezza delle ombre, che la fragilità della figliolanza. Pénépole au rabais è più forte di mini Penelope, termine giocoso da modernariato. Pur se nessuno ancoralo prevedeo sospetta è meno efficace di nul encorene le sait sintetico e deciso come un colpo di spada perfettamente riuscito. Valiselourde ha un suono più opprimente e delatorio di saccapesante, troppo vicina alla quotidianità normale, come allora non erano i giorni. Voyages dans le vent è più forte di viaggi col vento: il primo fa pensare alla bimba dentro il vento, quasi in stato di metamorfosi fusionale, l’espressione italiana invece fa immaginare la bambina presa per mano dal vento, rimanendo le differenze fra le due entità. Si tratta di scelte e di gusto personali, su cui non si può discutere; è sicuro, invece, che il canto riesce bene in entrambi le lingue e leggere uno stesso sentimento o un’identica riflessione nella lingua nazionale e in una diversa, amplia la situazione verso l’universale, come se il canto abbia come protagonista non l’autrice, né la sua famiglia e nemmeno i prigionieri politici o quelli deportati, bensì l’intero intreccio delle relazioni umane. Come precisano i versi d’apertura della Szymborska, tratti da L’odio.
Infatti, si può leggere il libro come una storia in versi: un’analisi dettagliata di quanto sia successo nell’animo di quella bimba, come in milioni di bambini, che hanno condiviso con i genitori, la fuga dal paese d’origine, la vita in un altro paese da rifugiati politici, la delazione dei vicini, la separazione dai genitori e la morte di uno o di entrambi. Che cosa succede dentro i più piccoli? Che persone diventano? Questo libro aiuta a capire con la sua profonda verità.
I primi nove componimenti cantano il tempo e l’ambiente del rifugio nel vissuto di bimba e come riemergono nella memoria di donna. I vagoni di un treno, scarabocchi su fogli di carta. Un vestito di ombre. Padrone assoluto…amante velenosa. Una soffitta come il nascondiglio. Un cortile comune tra due case, dove s’insinua il sospetto, la discordia, la collera, l’odio, che più tardi porteranno alla delazione. Un terreno nemico anche se nessuno sospetta quello che sarà. Le tende erano incrociate, le persiane abbassate, il dito sulle labbra, tutti in ascolto di strani borborigmi, quasi che l’addome avvertisse il pericolo e già soffrisse il futuro accadimento. L’ ambiente familiare è descritto attraverso le cose, come se le persone non vogliano, né debbano apparire, ma i sostantivi pesano come verbi.
Con il poemetto, che precisa anno, giorno e ora del prelevamento dei genitori da parte dei nazisti, la storia cambia e la bambina si ritrova di fronte al peggio: la perversione, la prepotenza e la violenza adulta, che diventano in lei bimba bolle di vergogna; i genitori insieme agli altri dentro la pancia aperta di un camion; le figlie, due ragazze e una bambina, sole in casa piene di paura, sans voix; sulla casa di fronte tre ombre cinesi si muovono fiere dell’operato; alla bimba, diventata muta, hanno venduto i genitori e rubato l’innocenza; la mamma in cella, poi il verdetto: per luiverso l’ignotoviaggio solo andataper leiforse ritorno.
Negli ultimi otto poemetti non c’è più la bimba, prevale la donna, che insegue la cenere calpestata del ricordo e l’ombra del padre, che copre la sua; ricordi che si porta sempre con sé come giardini di pietreappesi al mio collo. Col passare del tempo la memoria fa capricci: sfumano le immaginisi smorza il dolore e dentro rimangono vuotiormai colmi d’assenza. La donna è cresciuta senza speranza, vorrebbe cantare il bello e la primavera ma in lei non trova che grida e lacrime. Il poemetto in cui l’autrice canta il dubbio di poter incontrare altrove la madre e il padre è bellissima in italiano, specie la chiusa, dove immagina di farsi leggere dai genitori senza frettanè ansiasoltanto con amore. Quello che le è mancato di più.
L’ultimo poemetto canta l’importanza di questi versi, dopo tanto silenzio, quasi che permettano una nuova nascita a quella bimba fissata nel mutismo: non cambia niente, la storia rimane quale è stata, le parole hanno il peso di bolle di sapone, col destino di scoppiare e di svanire, ma nella sostanza valgono come il fumo d’oro che esce dal fuoco della sua ferita sempre aperta. Quell’oro è miracolo per lei, che è rinata, attraverso le parole. Un augurio per tutti i bimbi e un ammonimento a conoscere e a prevenire per i grandi.
Nella notte un treno di Edith de Hody Dziedusduszycka, edizioni il Salice, Locarno, 2009, euro 15
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