Libri / Il libro di Attilio Piovano - di Mirella Caveggia
Attilio Piovano, musicologo e scrittore, per narrare i vagabondaggi della protagonista si insinua nelle pieghe della psicologia di una giovane donna...
Domenica, 20/06/2010 - Morwen, poco più che ventenne, decide un giorno di staccarsi dalla sua terra, l’isola di Wight, dall’amato faro che il padre custodisce, dai caldi affetti domestici e di andarsene sola incontro al mondo. Parte in una mattina di nebbia: porta con sé un segreto opprimente che la rende timida e ritrosa, insieme alle tracce di un felice mondo infantile e alle immagini vivide del suo “paradiso solitario e incontaminato” che “sa di erica, torba e salmastro”. Ha preso con sé fra le poche cose indispensabili anche un’arpa celtica. Il piccolo strumento, quasi un giocattolo, nel suo peregrinare per l’Europa sarà il suo punto di forza, l’unica certezza insieme all’amore per la musica, una passione profonda che culla i suoi sogni un po’ confusi di ragazza.
Amsterdam Londra, Amburgo… Se l’esperienza concentrata in tante città sconosciute le riserva sorprese e soddisfazioni, delusioni e affanni, in compenso le fornisce le basi di una serena vita futura e di una piena realizzazione personale e professionale. Ma inattese si profileranno le insidie di un destino, che come la folata di vento di un’isola del nord spegnerà quel sogno tessuto intorno alla più seducente e profonda delle arti.
Attilio Piovano, musicologo e scrittore, per narrare i vagabondaggi della protagonista si insinua nelle pieghe della psicologia di una giovane donna. E in certo senso ci riesce, sollecitato dal lato femminile che ogni artista cela nella sua personalità. Come suggerisce la copertina e la descrizione che ne fa l’autore (“occhi come l’oceano e capelli color miele”) la giovane ha una grazia delicata ben descritta, anche se darà prova di una tempra maschile.
Il racconto rivela un amore intenso dell’autore per la musica, che, come mette in rilievo Uto Ughi nella nota introduttiva, è il perno di questo lungo racconto o romanzo breve. (Ed. Rue Ballu, 175 pagine, 18 euro). Innegabile è il suo impegno di inoltrarsi nella difficile narrazione in prima persona, che intrecciata con l’introspezione, lascia affiorare i ricordi e parla di una invincibile nostalgia tenuta a bada. Le descrizioni dell’isola e dei suoi paesaggi costieri colmi di asprezze e di suggestione costituiscono la parte più riuscita del libro, anche perché si illuminano del calore domestico e della robustezza sincera dei rapporti famigliari. Frenano, ed è un peccato, la lievità e la scorrevolezza della narrazione alcuni dei numerosi dialoghi, che con il loro linguaggio uniforme, lievemente didascalico e a volte poco consono ai personaggi, non risultano verosimili.
La musica affiora in ogni pagina. Gli amanti delle citazioni troveranno di che compiacersi, anche se questi accenni non giovano all’intensità emotiva e creano un lieve distacco con il personaggio facendolo uscire dalla finzione. Ma il romanzo, che punta molto sugli elementi visivi e sulla qualità uditiva e musicale del linguaggio, si legge volentieri per la genuinità della vena narrativa.
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