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Libri / Anoressia, una lettura storica e psicoanalitica - di Bruna Baldassarre

Libri / Anoressia, una lettura storica e psicoanalitica - di Bruna Baldassarre

La vendetta maschile contro la figura della dea madre, tra le ipotesi che sottendono la problematica anoressica nel libro 'Il corpo di una donna'.

Martedi, 27/07/2010 - Capoliveri, 25 luglio, Anfiteatro “la Vantina” - un piccolo angolo artistico ancora non devastato dall’edilizia sfrenata e da altri deterrenti anti turistici, tipici di altri scorci e paesi dove il turismo equivale al guadagno facile -, Angela Galli e Jacqueline Monica Magi, le due autrici del libro 'Il corpo di una donna', Marco del Bucchia Editore, presentano la loro ricerca.

Il pubblico è attento, interessato, nonostante le attuali difficoltà concrete di offrire ancora, soprattutto in vacanza, eventi culturali. Oggi la cultura sono i modelli delle tv dominanti, modelli di violenza, proprio come si riscontra nella ricerca del libro. Modelli che portano inevitabilmente all’omologazione nelle azioni, nel pensiero e nei sentimenti. Nella ricerca della dignità e libertà le autrici s’imbattono nelle problematiche relative alla “forma dell’essere”, uno studio antropologico, sullo sfondo del linguaggio junghiano. Una lettura della problematica anoressica, frutto, secondo la ricerca delle autrici, di un’ennesima violenza perpetuata nei secoli ai danni della donna. La ricerca affonda le sue radici dal paleolitico fino ai giorni nostri: dalla venerazione della dea della fertilità, la Venere di Malta, alla Signora di Efeso, alle donne di Giorgione, di Tiziano, del rinascimento, tutte floride e fiere. Sostanzialmente due le dee che evidenziano la polarità: “la dea madre, la Venere di Malta, dai grandi seni e dai grandi fianchi, e la dea figlia, Persefone, dea del mondo dei morti”. Sorprendente, secondo le autrici, la distorsione della percezione estetica che l’anoressica ha del proprio corpo: si vede sempre grassa, perché la perfezione da raggiungere è la visione estetica dell’immagine della morte. E l’immagine è il senso, una continuità di senso con il passato. La rappresentazione degli uomini oscilla tra i grandi glutei, con ventri e seni prominenti, e i nudi rigidi, bianchi e secchi come la morte: la prima, con continuità di senso, dal paleolitico ci giunge con il culto della dea madre, mentre la seconda si perde nell’inconscio collettivo attraverso un continuo ribaltamento di significati e omissioni.

Una ricerca, secondo le autrici, che riconduce a due poli dei disturbi dell’alimentazione, la bulimia e l’anoressia. Le autrici ipotizzano nei modelli di magrezza dominanti una vendetta maschile contro la figura della dea madre, sottolineando inoltre, che la ricerca parte dalla sofferenza personale sul proprio corpo, trasformato dalla maternità, ma soprattutto dall’insensibilità maschile succube dei modelli dominanti. Contro lo stereotipo dell’invidia del pene si svela invece l’invidia dell’utero!

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