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Libertà: la mia o la tua?

Libertà: la mia o la tua?

Sondaggio di maggio - ...la libertà non è star sopra un albero...

Rosa M. Amorevole Martedi, 02/06/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2009

Spesso si dice che la libertà sia il primo valore per l’essere umano. Ma che cos’è la libertà? Di questo termine enigmatico sono state date centinaia di accezioni diverse, tanto da renderla anche condizione problematica da vivere e da difendere. La libertà ha in sé caratteristiche speciali rispetto ad altri valori ed è ciò che permette la loro esistenza: la libertà dà dignità, permette l’assunzione di responsabilità, di operare scelte, consente di amare e di essere creativi, di avere coraggio. Il rischio della libertà è quello di usarla male, di abusarne. E la libertà guidata dal capriccio può divenire violenza. Giorgio Gaber, in una canzone più volte citata nelle risposte arrivate, affermava non essere “star sopra un albero ... ma partecipazione”.

Democraticamente lo Stato si è dato le regole, attraverso la Costituzione e le leggi, che rappresentano punti di riferimento importante per esercitare il proprio diritto di cittadinanza. Ed è a queste regole che il 42% delle risposte fa riferimento, quando definiscono la libertà come il “rispetto dei diritti dell’altra/o e delle regole”. E di queste regole si chiede il rispetto, forse alla luce dei molti intoppi registrati nella vita di tutti i giorni. La percezione di “non essere tutte/i uguali”, della presenza di libertà e diritti che “valgono solo per qualcuno e meno per altre/i”, per “non parlare dei doveri, molte volte elusi”, che rafforzano l’opzione scelta. “Poter scegliere davvero” e non solo “illudersi di scegliere perché canalizzati da mille controlli” o dai consigli per gli acquisti o da imposti stili di vita, rappresenta la definizione preferita da quasi la metà delle risposte pervenute.

C’è anche chi ne offre una lettura più intima, ripensando la libertà come uno spazio “tutto mio da ritagliarmi, anche mezz’ora sola”, all’interno del quale “esprimere le proprie idee”, determinando autonomamente le scelte ritenute più opportune.

La libertà è per il 35% delle risposte “una conquista preziosa da tutelare in ogni modo” , verso la quale prestare sempre molta attenzione per impedire a chiunque di intervenire ponendo limiti e definendo restrizioni.

In un certo senso, più che “la mia” o “la tua”, sembra trasparire il concetto di “nostra”, all’interno di un quadro di regole condivise.

Un 15% ritiene che “sia impossibile essere veramente liberi”, c’è sempre qualcuno che si impegnerà nel tentativo di far prevalere una “sua libertà” limitante “la mia libertà”.

Non ci si sente libere/i se “le regole valgono solo per alcuni”, con “i furbetti del quartierino”, se “non posso esprimere le mie idee”, o quando cercano di “condizionarmi affinché cambi il mio modo di vivere o agire”.

Non ci si sente libere/i anche quando si vive in un mondo che non si sente come proprio, o anche quando non potendone più si elencano tutte le proprie catene: “faccio un lavoro che con me non ci azzecca niente, vivo con un uomo-sultano, ho i familiari che mi considerano un ruolo e non un persona, ho uno stipendio di 1500 euro al mese e, quel che è grave, vivo in un mondo di sciocchi e – ancor peggio – di sciocche”. Che dire? La mancanza di libertà è anche “paura”.

Potremmo veramente esser libere/i se fossimo “innanzitutto onesti, corretti l’uno con l’altro”, “ci fosse giustizia sociale” o semplicemente “la giustizia funzionasse”.

Disse Luigi Einaudi “giustizia non esiste là dove non vi è libertà”, più tardi Martin Luther King affermò “la mia libertà finisce dove comincia la vostra”. Olympe De Gouges scrisse “la Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo” ma come scrisse Margherite Duras “il difficile non è raggiungere qualcosa. È liberarsi dalla condizione in cui si è”.

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