Sono Ranucci Sigfrido, Lo Bianco Giuseppe, Rizza Alessandra, Padellaro Antonio, Santoro Michele, Ruotolo Alessandro, Lauricella Dina, Molino Salvatore, giornalisti italiani rinviati a giudizio dal G.U.P. di Roma per aver diffuso delle notizie che, invece di offendere Allah e il suo Profeta, si limiterebbero a diffamare qualche alto grado dei Carabinieri.
Quindi non saranno brevemente uccisi con il kalashikov, ma nemmeno diventeranno eroi ai quali portare fiori e accendere ceri inneggiando alla libertà di stampa. Questo - un'intera nazione che si schiera cantando l'inno nazionale, cosciente che senza libertà di stampa non esiste democrazia - questo, dicevo, può accadere soltanto in Francia.
In Italia, saranno lentamente - molto lentamente affinché non suscitino reazioni di sdegno - soffocati dalle pastoie giudiziarie e debbano quotidianamente controllare se l'articolo che stanno per consegnare alla stampa porti in nuce qualche informazione che possa suonare blasfemo alle orecchie di chi porta torri e cordoni.
Permettetemi di dire che nessuno - nella Francia seppur decadente e ormai lontana dagli ideali di liberté egalité fraternité - avrebbe mai osato depositare questa querela, che nessun magistrato francese avrebbe mai osato giudicare un giornalista per aver fatto il suo lavoro, che è quello di informare. Trasmettere ad esempio l'intervista rilasciata dall'avvocato Giorgio Carta, in qualità di difensore dei M.lli Saverio Masi e Salvatore Fiducia, testi di un processo ancora in corso e lontano dalla conslusione. Riprendere estratti di un'inchiesta che non fa commenti, ma racconta i fatti e - forse - induce a troppe domande.
Per questo, oggi io sono Ranucci Sigfrido, Lo Bianco Giuseppe, Rizza Alessandra, Padellaro Antonio, Santoro Michele, Ruotolo Alessandro, Lauricella Dina, Molino Salvatore.
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