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Libera nel cielo

Libera nel cielo

Poesia / Laura Bassi - Poesie che scavano e intagliano l’emozione alla ricerca della libertà del volo di una farfalla, dello sbocciare di un fiore

Benassi Luca Lunedi, 14/06/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2010

Chi ha detto che la poesia si debba trovare esclusivamente presso i grandi editori, nelle antologie a diffusione nazionale, in quelle scolastiche o presso le aule universitarie? Che la poesia debba annidarsi nel canone della visibilità, quella della rete o delle riviste o dei premi letterari più importanti? La poesia è sempre solitudine, gioco sottile fra sé, la penna e il bianco del foglio di carta. Anche quando la si condivide con altri, con milioni di lettori o con pochi amici, con la persona che si ama o con uno sconosciuto, la poesia è il portato dell’immersione nell’abissale solitudine, una striscia iridescente di cometa che il poeta porta su per imprimerla sulla carta con l’inchiostro delle emozioni, dolori, passioni coagulati in sintagmi, verbi, sostantivi, segni.

Laura Bassi vive e lavora in provincia di Bologna; non ha note biografiche zeppe di titoli e pubblicazioni, né gagliardetti di premi o conoscenze illustri da appendere alle pareti della stanza. Laura ha solo i versi, ancora inediti, che annota con pazienza quando batte il cuore, quando si stupisce e sgrana lo sguardo di fronte al battere d’ali di una farfalla o allo sbocciare di un fiore; sono poesie che dona agli amici o si ripete a mente quando passeggia, alle quali ha affidato la polpa succosa della riflessione sulla vita, sull’amore, sulla maternità. C’è un’onestà del cuore e dell’intelletto in questi versi, ai quali si perdonano volentieri certe ingenuità o cadute, che si risolve in immagini nette, tratte dall’osservazione della natura, che si stagliano come grandi pennellate di colore che campiscono la pagina bianca.

Si tratta di poesie che scavano e intagliano l’emozione e i sentimenti, fino a scalpellare figure semplici come icone, senza orpelli, ma che mirano diritto al cuore attraverso una versificazione verticale, essenziale come quella degli haiku e della poesia orientale, dove spesso a una parola coincide un verso. Non manca una musicalità che si dipana come un motivo appena fischiettato sulle labbra, anche se è la dimensione visiva, cromatica, a destare e intrigare l’attenzione di chi legge. Ma le immagini colorate non sono mai fini a se stesse, sono il correlativo di una continua ricerca del pezzo mancante del puzzle dell’esistenza, del palpito della vita che trova nel rinnovamento della natura la metafora più grande. Un pezzo che, come la nostra poetessa, abbiamo sempre con noi e che a volte semplicemente dimentichiamo di avere in tasca, credendolo perduto. Basta sollevare un lembo della quotidianità, dei doveri polverosi, delle convenzioni sociali ed ecco che il pezzo lucente di noi stessi brilla di nuovo. Ed è poesia.

 







Nascono dalle viole

le parole

che vorrei sentire.

Girandole luminose

onde di calore.

Viole del pensiero

viole d’amore

cullate il mio cuore

nel frangersi

del cammino.







Perché succhia

il nettare

una farfalla

che vive

un solo giorno?

Nata per volare

da mattina

a sera;

il suo mondo

è un prato fiorito.

Un giorno

libera

nel cielo,

vale una vita.







Se il mio pensiero

potesse giungere a te

ovunque tu sia

e con il fruscio

delle foglie al vento

sentire la mia

solitudine

con lo spumeggiare

delle onde

sapere quanto

mi manchi

con la cascata

più tumultuosa

dirti che solo tu

puoi risollevarmi

Se il mio pensiero

potesse giungere a te.







Perdersi

All’orizzonte

dove le colline

toccano il cielo

Chiudere gli occhi

e immaginare

un salto

in una dimensione

dove ogni cosa

ha un senso

uno spessore,

dove appare

l’ultimo tassello

di quel puzzle

che faceva

soffrire.



(14 giugno 2010)



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