- Quarta edizione dell’appuntamento più queer della Capitale. Spettacoli, dibattiti, laboratori, proiezioni: tre giorni all’insegna dell’arte
Silvia Vaccaro Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015
Fervono i preparativi per quella che sarà la quarta edizione del GendErotica Festival, in programma a Roma dal 22 al 24 maggio negli spazi del Nuovo Cinema Palazzo nel quartiere storico di San Lorenzo. Come ogni anno la macchina organizzativa, guidata saldamente dal collettivo Eyes Wild Drag, gruppo Queer Gender Drag di Roma, tra i più importanti nel panorama drag king italiano, è già in movimento su tutti i fronti: calendario, ufficio stampa, contatti con gli artisti e soprattutto attività di fundraising. Perché mentre in altre capitali europee la cultura queer e gli eventi artistici a tema vengono finanziati e organizzati anche all’interno di spazi ufficiali, in Italia questo avviene di rado. Le risorse per le attività culturali scarseggiano, ancor più se si tratta di eventi che, attraverso l’espressione artistica, interrogano e stimolano il pubblico sulla sessualità, l’identità di genere, i desideri e gli immaginari che si collocano fuori dall’etero-normatività, intesa come la naturalizzazione dell'eterosessualità quale normale espressione delle relazioni sessuali. Abbiamo incontrato Bianco e Senith (che insieme a Spruzzy formano il collettivo delle Eyes) e abbiamo chiesto loro di presentarci il Festival e la comunità, sempre più grande e appassionata, che si muove attorno all’evento.
Quarto anno di Festival. Cosa è cambiato dalla prima edizione? Cosa ci sarà di imperdibile?
Bianco. Sono cambiate l’ambizione e la consapevolezza di creare un evento atteso dalla comunità queer e non solo. La prima edizione, nata da un ‘bisogno privato’ di parlare con gioia ed erotismo di trangenderismo e di promuovere l’estetica queer, ha incontrato lo stesso bisogno da parte di altr* individui e/o gruppi. Da GendErotica ci si aspetta di conoscere forme espressive e storie queer che vengono da lontano, selezionate con molta cura per qualità artistica più che per un’adesione ‘ideale’ a concetti e principi. E oggi è diventato un festival sempre più vivo, anche come spazio di condivisione con altr* individui o gruppi desiderosi di esprimersi, di conoscere e di confrontarsi, partendo dai temi che ad ogni edizione funzionano come focus, non tanto di sintesi ma di canalizzazione di immaginari, pensieri e pulsioni.
Senith. cambiata l’incoscienza. La prima edizione di GendErotica è nata grazie ad un finanziamento dell’Osservatorio lgbtq del Comune di Venezia, nel 2009, mentre, per quanto riguarda le ultime due edizioni, prima nasce il progetto e poi, intorno a quello, ci inventiamo le modalità di finanziamento, nella totale precarietà. In cambio, l’asticella delle nostre esigenze artistiche e “politiche” (nel senso più ampio del termine) si alza sempre di più. Quest’anno non ci saranno solo performance ma anche spettacoli teatrali di prestigio (uno su tutti, Naked in Alaska, di Valerie Hager, spettacolo pluripremiato ai principali Fringe Festival del mondo). Oltre ai documentari e ai cortometraggi, ci saranno anche lungometraggi. Senza contare tutte le altre sezioni di arte, laboratori, performance, queer infection, dibattiti che saranno estremamente vitali. È cresciuta anche la capacità di fare rete e la volontà di collaborare e sostenere l’evento, grazie anche all’impegno volontario di molte persone che si sentono coinvolte.
Quanto può contribuire l'arte alla creazione di un immaginario più libero?
Bianco. Nella pratica queer, secondo la mia esperienza, non è proprio possibile saltare il passaggio creativo. Attraverso il consapevole atto performativo, che si può definire come la creazione prima di tutto di uno slittamento della propria identità in altre, si esce effettivamente trasformati e, quantomeno, con la voglia di sentirsi più liber* nella rappresentazione di sé.
Senith. È fondamentale. Quando l’arte parla al proprio tempo diventa uno strumento efficacissimo di lotta e di desiderio. La catarsi artistica genera possibilità alternative. Forse non ce ne accorgiamo finché non ne rimaniamo privi, ma l’arte è davvero un ingrediente essenziale a noi stess* e alle nostre lotte. Quando si assiste a una serata del festival, si esce con la certezza che le performance, gli immaginari raccontati, i discorsi affrontati siano ancora in grado di smuovere interrogativi, presenze, sfide.
Al di là dello specchio
Le Eyes Wild Drag sono anche protagoniste del documentario“Al di là dello specchio”, di cui, come redazione di Noidonne, abbiamo avuto il piacere di vedere alcune scene in anteprima. Il lavoro è stato scritto, girato e montato da Cecilia Grasso, filmaker siciliana che vive a Roma, e prodotto dalla CSC production (casa di produzione del Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema), come saggio di diploma del corso di Documentario Storico Artistico e docufiction 2012/14 del Centro Sperimentale di Cinematografia - Sede Sicilia. “Due anni fa ho assistito per la prima volta ad uno spettacolo in King e ne sono rimasta affascinata; durante le mie ricerche ho scoperto il lavoro del collettivo Eyes Wild Drag. L'idea del documentario nasce proprio da lì, dalla voglia di raccontare, attraverso l’approccio del collettivo, la costruzione e la decostruzione dell'identità e del genere”, racconta Cecilia, che ha partecipato a un workshop in cui le partecipanti si cimentavano nella creazione del loro alter-ego maschile. “Ho voluto partecipare personalmente per capire cosa stavo raccontando e soprattutto in che modo avrei dovuto farlo. Un'esperienza che ti scava dentro e ti libera,oltre ogni aspettativa. E proprio durante il workshop, mentre camminavo in king per le strade di Trastevere, mi sono chiesta: come sarebbe per una donna un giorno da uomo?”. Il titolo del documentario vuole proprio evocare la possibilità, aperta a tutt*, di creare, che sia un momento o un tempo più lungo, la propria identità di genere indipendentemente dal sesso assegnato dalla biologia: “Nasce proprio da una riflessione (parola non a caso) di una delle mie protagoniste, quando durante un’intervista, ha detto che il confine tra lei e il suo personaggio stava proprio lì, nello specchio, in quello spazio che io definirei il ‘non luogo’ tutto può essere possibile perché tutti possiamo essere chiunque, il luogo in cui trovare la concretizzazione visiva della nostra fantasia”.
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