Giovedi, 17/09/2020 - Credo che “Vivere, senza paura!” la bella Mostra progettata e realizzata da Yulia e Alesia Savitskie, appena conclusasi alla Florence Art Deposit Gallery a Firenze, sia stata la prima su questo tema tanto attuale. E anche la prima in assoluto ad avere come titolo un infinito tanto assertivo, due segni d’interpunzione di cui il secondo molto impegnativo e perciò tanto poco usato e un così conclamato incitamento.
Molti gli interrogativi, molte le risposte ad essi dati per il tramite di opere di vario tipo in questa Mostra che si è tenuta a Firenze, in via Bufalini n. 17 in una sede trecentesca dove da alcuni anni Yulia e Alesia Savitskie hanno situato questa galleria d’arte, con acume, lungimiranza e piglio innovativo.
Lo spazio della Galleria non è stato scelto a caso. Esso infatti è situato nel cuore del centro storico di Firenze in un luogo sacro, in quanto Tabernacolo, edificato agli inizi del XIV secolo forse anteriormente alla Chiesa stessa di San Michele di cui è parte della struttura. Secondo fonti storiche attendibili in questo luogo avrebbe trovato sepoltura Filippino Lippi, allievo prediletto di Sandro Botticelli.
Opere di artisti internazionali, in pittura, fotografia, specchi, installazioni e video hanno costituito la Mostra e cercato di rispondere a quanto le ideatrici e curatrici si erano domandato e ad essi mesi fa hanno domandato in questo tempo e spazio che ha portato ad assumere posizioni e riflessioni inimmaginabili prima.
Quanto altera il nostro stare nell’oggi la paura. Coincide essa con la nostra identità. Ci rende diversi? Come percepiamo noi stessi, come ci appaiono gli altri?
Una cosa è certa: il dover indossare la mascherina in qualche modo altera la nostra fisionomia e, soprattutto, demanda allo sguardo l’assoluto primo piano, se da un lato ci snatura, dall’altro ci potenzia.
Questo hanno detto le assai interessanti opere che dal 25 agosto scorso colà sono state in Mostra.
“Vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo chi ci sta accanto, istanti in cui l’identità dell’altro si cancella, mentre, di riflesso, dubitiamo della nostra” – scrisse anni fa Pietro Citati a proposito del libro “L’identità” di Milan Kundera.
Nel progetto, che le curatrici hanno denominato sociale, hanno scritto: “Divulgare l'idea e il messaggio del Progetto attraverso l'Arte e gli Artisti, per sbloccare lo stress multinazionale che ha paralizzato l'Anima sociale dalle paure della Pandemia e sostenere a creare lo stato positivo per vivere e andare avanti, includendo le agenzie e l'artigianato per riprendere la vita vera.
Nella situazione difficile i valori della vita vengono ripensati!
Un giorno semplice, sereno, il quotidiano lo ritrovi come un dono. Senza paura, panico, con l’attenzione sana, valorizziamo insieme il rapporto umano”.
Che pensarono, che fecero gli artisti in altri tempi difficili, in altri tempi bui e connotati da paura che nel corso dei secoli, nel corso dei millenni hanno dato incitamento a esserci, a vedere, a costruire, a gettare i nostri sguardi oltre gli ostacoli?
Imperversavano altre pesti, o infuriavano guerre, o crollavano ideologie, gli artisti sempre hanno tenuto fisso i loro sguardi, hanno costruito, hanno operato e ci hanno traghettato fino all’oggi.
Ho davvero trovato profondità e bellezza nella ideazione di questa Mostra e nella sua realizzazione. Ora essa sarà portata a Minsk, in maniera virtuale tramite un video che la mostri anche lì, nella loro città di provenienza, Yulia e Alesia Savitskie, due altre portentose donne della Bielorussia, che alternano la loro attività e il loro impegno culturale tra Firenze e Minsk.
Ho partecipato a “Vivere, senza paura!” anch’io, con tre opere in video e una fotografia. I social, youtube, la pagina facebook delle curatrici e di Save Culture, che è la loro Associazione che promuove anche questa Mostra, le belle foto del fiorentino Pietro Schillaci (che è anche coideatore del Progetto) che l’hanno documentata passo passo, molto sapranno dirvi di questa Mostra.
A corredo di questo mio testo appongo la foto complessiva di tutti gli artisti partecipanti, cui è stato chiesto inizialmente di ritrarsi ciascuno con una mascherina. Ovviamente ci sono anch’io, mi sono ritratta con proiettata sul petto un fotogramma di uno dei miei tre video, cui ho dato titolo “La vie en rose”.
Ci abbiamo mai riflettuto? Se non le guardassimo, le rose esisterebbero? E quanto bisogna sporgersi per vederle?
Durante il lockdown, io scorgevo dalla mia finestra la piccola Rose che si sporgeva dalla sua finestra e dialogava con due altre bambine che stavano sul balcone di fronte. Rose aveva in mano una girandola. Io la scorgevo di spalle, due codini e il suo sporgersi per dialogare. Sicché ne feci una ripresa video. Quando ricevetti l’invito a partecipare alla Mostra, certo che sì, mi parve che Yulia e Alesia fossero state con me alla finestra a guardare la piccola Rose sporgersi con ardimento e sapienza dalla sua finestra!
Dicono del segno d’interpunzione che è una delle “marche dell’intonazione”, in quanto serve principalmente a dare istruzioni riguardo all’intonazione che deve assumere l’esecuzione orale di un enunciato.
Che meraviglia! E davvero una Mostra siffatta, con anche un segno d’interpunzione di tale audacia, si è inscritta per originalità d’intenti e realizzazione, tra le più significative tenutesi oggi appena le Gallerie d’arte hanno riaperto.
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