Voci dal territorio - Metà o quasi, della popolazione di origine straniera residente nel comune di Reggio Emilia è “donna”.
Mahta Woldezghi e Marwa Mahmoud Mercoledi, 08/04/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2009
Metà o quasi, della popolazione di origine straniera residente nel comune di Reggio Emilia è “donna”.
Comincia qui la nuova sfida della coesione sociale ed interculturale della nostra comunità, visto che le donne, sono le protagoniste di un nuovo processo sul quale Reggio deve scommettere, superando innanzitutto quella visione delle politiche sociali ancorata al modello migratorio maschile.
Serve una normativa nazionale sull’immigrazione capace di mettere al centro della propria azione di tutela e di promozione le donne affrancandole dalla subalternità al permesso di soggiorno del marito, come fonte primaria per la permanenza in Italia, in quanto ricongiunte.
Serve riavviare la rielaborazione culturale dell’integrazione, dove le donne straniere figurano ancora come moglie o figlie di qualcuno ma poco o per niente cittadine del posto dove vivono e proporre una nuovo approccio favorendo i processi partecipativi alla vita della città per favorire anche una rappresentanza e visibilità.
Oggi il grande salto di qualità sta proprio nella nostra capacità di interpretare le donne come risorse per la coesione sociale capace di avviare un vero processo tale da far evolvere le politiche dell’accoglienza in politiche di cittadinanza attiva di cui i benefici non si limitano solo all’immigrazione ma all’intera comunità..
Superare tutte le ambiguità e le contraddizioni normative che spesso non riconoscono agli stranieri i titoli di studio e le competenze acquisite nel paese di origine è prioritario.
Questo riguarda in percentuale più alta le donne straniere spesso impiegate in posti subalterni, senza la possibilità di crescere sfruttando al massimo le proprie competenze.
Una condizione che risulta ancora più sfavorevole per le ragazze straniere di seconda generazione, divise tra le costrizioni dell'ambiente familiare e la pulsione a sentirsi parte della società in cui sono cresciute e hanno studiato, con un conseguente aumento del senso di isolamento.
Occorre partire dal presupposto che al centro dei processi di integrazione sociale della nostra città vi sia la donna immigrata.
Agevolare l’integrazione delle donne di origine straniera, significa anche una presa in carico della lotta alle discriminazioni e la affermazione dei principi di parità di trattamento e di uguaglianza esigibili comunque a prescindere la cultura di appartenenza.
Mahta Woldezghi e Marwa Mahmoud* di MONDINSIEME, Centro interculturale
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