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Lettera aperta alla presidente del Consiglio Meloni di Cecilia Robustelli. E un post scriptum

Lettera aperta alla presidente del Consiglio Meloni di Cecilia Robustelli. E un post scriptum

Bene i riferimenti alle donne "che hanno costruito con le assi del loro esempio la scala..", ma perchè omettere il cognome? E poi, essere chiamate con il loro titolo professionale o istituzionale non è una libertà: è-un-diritto

Lunedi, 31/10/2022 - Lettera aperta alla presidente del Consiglio Meloni
Cara presidente,
sono certa che moltissime donne abbiano apprezzato il suo riferimento, nel discorso che ha tenuto oggi, a tutte quelle donne "che hanno costruito con le assi del loro esempio la scala che oggi consente a me di salire e di rompere il pesante tetto di cristallo che sta sulle nostre teste". Peccato però che le abbia chiamate solo con il nome proprio, oscurando il cognome. Perché? Userebbe il solo nome proprio - Giuseppe, Camillo, Luigi, Sergio, Mario - anche per riferirsi a Garibaldi, a Cavour, a Einaudi, a Mattarella, a Draghi? Improbabile. Perché allora non renderle riconoscibili come soggetti attivi della società? Perché ricoprire con la sabbia del silenzio anche i nomi di coloro, meno note perché più lontane nel tempo, che sono state antesignane preziose della conquista dei diritti civili delle donne? Che hanno denunciato già due secoli fa come "a malgrado di tale uguaglianza tra la parte spirituale della donna e quella dell’uomo, la donna sia sempre rimasta e rimanga tuttora in una condizione sociale così inferiore a quella dell’uomo". Queste sono parole di Cristina Trivulzio di Belgioioso, patriota e affiliata alla Carboneria, combattente nelle Cinque giornate di Milano, «guidatora di una schiera di giovani ardenti» la definisce Settembrini nelle sue Ricordanze, riformatrice sociale che adottò il modello basato sulla parità tra uomo e donna, autrice di saggi sulla condizione femminile... Non basta definirla "elegante organizzatrice di salotti culturali e barricate".
Cara presidente Meloni, l'assicuro che capisco le sue buone intenzioni, che leggo in filigrana la sua riverenza per queste figure, e la ringrazio per averle ricordate. Le sue parole e i suoi toni rivelano il sussulto emotivo che prova nell'essere la prima donna a ricoprire un ruolo riservato agli uomini, tanto che sembra trasmetterci addirittura un fremito di "sorellanza". Ma proprio per questo rispetto per chi ha permesso a lei, e a tante di noi, di arrivare al posto che oggi occupiamo nella società, vorrei chiederle d'ora in avanti di far riferimento alle donne con nome e cognome. E titolo, se c'è. Ovviamente al femminile. Deputata, ministra, consigliera, ma anche avvocata, architetta, ingegnera, vanno benissimo ;-).
Buon lavoro, cara presidente Meloni
Cecilia Robustelli
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Post scriptum alla lettera aperta alla Presidente Meloni

Cara presidente Meloni,
faccio ancora riferimento al suo intervento di oggi, stavolta alla sua affermazione "la libertà delle donne non è farsi chiamare capatrena" (termine peraltro inventato al momento e significativamente non conforme alle regole morfologiche dell'italiano). E' vero, per le donne essere chiamate con il loro titolo professionale o istituzionale non è una libertà: è-un-diritto. E il genere grammaticale deve essere femminile, secondo il principio di "assegnazione del genere" che si acquisisce nell'infanzia: genere femminile in riferimento alle donne, maschile in riferimento agli uomini. Un principio che si applica sempre nell'uso della lingua, anche senza saperlo, per una serie di ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare (ma sono pronta a farlo se vorrà). Qui mi limito a dire che lo chiede la grammatica della lingua italiana, che peraltro lei conosce bene anche sotto questo aspetto, tanto che ha espresso la fierezza per la sua identità rispettandola alla perfezione https://www.youtube.com/watch?v=mFYoFOaJvMs .  Non credo che si riconoscerebbe in "Io sono Giorgio, sono un padre, sono un uomo, sono italiano, sono pronto...". Ecco, tutte le donne vogliono e devono riconoscersi nella lingua che viene usata in riferimento a loro stesse: perché non è una loro libertà, ma un loro diritto. Quindi, cara presidente Meloni, si definisca tranquillamente "la presidente", senza se e senza ma, così come si è definita madre, cristiana, italiana, ecc.

Testi tratti dalla pagina fb della prof.ssa Cecilia Robustelli

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